Come di solito per questa introduzione farò alcune domande e riflessioni per lanciare la discussione. Come per gli altri seminari, non solo dobbiamo evitare giudizi di valore ma dobbiamo evitare le semplificazioni del tipo il “neoliberalismo o il liberismo (senza dare una definizione precisa di queste parole) ha trionfato in Italia e la sinistra ha tradito”. Ricordo in effetti che l’obiettivo è sempre di analizzare le trasformazioni economiche dell’Italia e il comportamento della sinistra, mescolare insomma l’analisi economica e l’approccio politico. L’argomento del seminario è essenziale: le privatizzazioni italiane sono state importantissime e hanno modificato profondamente la fisionomia del paese nel nome di una trilogia che si è rapidamente imposta – modernizzazione, liberalizzazione e europeanizzazione – con effetti economici, sociali, politici, ma anche di tipo antropologico, assolutamente decisivi.
Toccheró cinque principali argomenti.
1. Dobbiamo cercare di indicare una chiara cronologia delle privatizzazioni in Italia. Non è un lavoro originale perché ci sono già state ricerche su questo argomento, ma è necessario per il nostro lavoro
Abbiamo indicato nella convocazione del seminario di oggi gli anni Novanta, ma alcune privatizzazioni sono iniziate negli anni Ottanta (1986 per essere preciso con l’AlfaRomeo, 1987 per la Mediobanca). Poi sono state massivamente fatte nel periodo degli anni Novanta, con in un primo tempo una realizzazione sotto la prima Repubblica con il governo di centro-sinistra di Giuliano Amato ((28 giugno 1992-22 aprile 1993) e il governo tecnico di Carlo Azeglio Ciampi (28 aprile 1993-16 aprile 1994), poi, in un secondo tempo, dopo la cesura politica fondamentale del 1994 fino a un periodo recente, dai diversi governi. Questa cronologia è importante perché ci permette di capire chi organizza le privatizzazioni (cioé quale governo) e di identificare se in questo processo di privatizzazioni ci sono stati momenti più intensi e momenti diciamo di calma, di respiro, di stasi.
2. Si tratta poi di capire la realtà e la concretezza delle privatizzazioni
Anche questo argomento è stato già studiato, ma in questo seminario si tratta di ben identificare i settori coinvolti nelle privatizzazioni (telecomunicazioni, energia -elettricità e gas, trasporti, banche ecc.), le holding statali che sono state smantellate, si pensa ovviamente al mastodonte dell’IRI, le modalità delle privatizzazioni, i dati precisi – cifre delle vendite, numero di dipendenti che hanno cambiato di statuto -, i gruppi nazionali o stranieri che ne hanno approfittato ecc.
3. Cerchiamo di delineare una contestualizzazione generale, un panorama di insieme di queste privatizzazioni
Come mai l’idea delle privatizzazioni è arrivata in Italia: c’è stata una influenza esterna, cioé il liberismo economico alla Reagan e alla Thatcher, l’influenza della commissione europea, il crollo dei paesi comunisti che ha squalificato l’economia amministrata, ma anche, più in generale, il ruolo dello stato nell’economia, con un impatto importante in Italia dove il ruolo dello stato era decisivo già dal fascismo e durante la prima Repubblica? O invece o in complemento c’è una dimensione autoctona, cioé italo-italiana? Chi sono gli attori, le personalità, Guido Carli per esempio, le istituzioni (la Banca d’Italia?), gli economisti italiani inseriti o no nel circuito internazionale degli economisti che in questo periodo sono focalizzati su queste tematiche, gli esperti, gli alti funzionari, i commentatori, i partiti politici (del PLI, del PRI, del PSI), la Confindustria? Che tipo di dibattito c’è e dove si fa – nei giornali, nelle riviste, in alcuni media e forum di discussione – sullo stato, il suo ruolo, i suoi difetti, sul mercato, sull’economia? Alcuni paesi sono considerati come modelli? Quali sono le motivazioni generiche e le giustificazioni delle privatizzazioni: ridurre l’enorme debito pubblico, uscire dell’enorme crisi economica dell’Italia degli anni 1990, modernizzare l’Italia per integrarla pienamente in Europa? Quali sono stati gli strumenti per l’azione pubblica, le policies? Si può dire che c’è stata negli anni Novanta una forma di consenso politico sulla necessità delle privatizzazioni? Tutto questo notevole cambiamento non è solamente italiano, in Europa allo stesso momento ci sono comparabile policies : ma c’è una specificità italiana e se c’è ne una qual’è? Forse, al mio parere, ci sono due. Da una parte il peso enorme che occupava lo stato nell’economia e la voglia crescente di liberarsi di questo dominio sopratutto che questa economia pubblica stava male. Dall’altra parte, il fatto che i partiti avendo colonizzato lo stato la crisi di questi partiti, la loro crisi e il loro rigetto nell’opinione pubblica hanno facilitato l’accettazione delle privatizzazioni: insomma l’antipolitica ha rafforzato l’anti-stato. Ma sicuramente ci sono altri elementi della specificità italiana.
4. Che rapporto ha avuto la sinistra con le privatizzazioni?
Parto da una provocazione: ma come mai gli excomunisti che hanno fondato il PDS si sono convertiti alle privatizzazioni? È una svolta completa, totale o lo sviluppo di un processo già iniziato prima nei ranghi del PCI? Si può ricostituire una cronologia di questo cambiamento ? Chi ne sono stati gli attori all’interno della sinistra: gli economisti, gli esperti, ma quali, con che formazione, che influenza (americana perché hanno studiato negli Stati Uniti; europea ma qual è)? La Terza via di cui abbiamo tanto parlato? Ci sono state altre influenze, per esempio, quella negativa della Francia con il fallimento della politica del “socialismo in un solo paese” di François Mitterrand nel 1981-1983 che era basata su una onda di privatizzazioni ? C’è un effetto dell’europeanizzazione della sinistra secondo la quale tutto quello che viene dell’Europa è buono per modernizzare l’Italia con questa idea molto diffusa nella sinistra che l’Italia è un paese provinciale, arretrato? E i dirigenti politici, come si sono appropriati la necessità delle privatizzazioni? Chi sono? C’è stata una influenza degli ex-PSI (Giuliano Amato per esempio) e degli ex DC, pensiamo ovviamente in prima persona a Romano Prodi che però, ex-presidente dell’IRI, militava per un capitalismo temperato? Sono stati influenzati da alcuni esperti, economisti, da alcuni libri? Che tipo di dibattito e di polemiche c’è stato tra politici di sinistra (del PDS, DS e PD ma anche Rifondazione comunista all’epoca), tra sindacalisti, tra intellettuali e tra esperti? Quale sono state le giustificazioni e la legitimazzione date a queste privatizzazioni (efficienza economica, progresso sociale, necessità di essere pienamente inseriti nell’Unione europea, necessità di ridurre il debito e il deficito pubblici) e poi della flessibilità del mercato del lavoro che i governi di centro sinistra hanno promulgato? Si può avanzare l’ipotesi che la sinistra italiana, soprattutto la componente ex-comunista, voleva dimostrare la sua credibilità economica smentendo l’accusa di essere incompetente venuta dalle elites economiche italiane e internazionali e cercava così di ottenere il riconoscimento da questi “milieux” circa la propria serietà? C’è stato una comunicazione fatta in direzione dell’opinione pubblica e più specialmente dei dipendenti e operai delle imprese che sono state privatizzate? Appunto sappiamo come tutto ciò è stato vissuto dal “popolo di sinistra”, dagli elettori della sinistra? Ci sono state resistenze, proteste, manifestazioni? Qual è stato l’effetto della cosidetta “discesa in campo” di Berlusconi che nel 1994 si presenta come il candidato della modernizzazione e della liberalizzazione dell’Italia? C’è o non c’è una differenza tra le privatizzazioni dei governi del centro-sinistra e quelle del centro-destra? Chi ne ha fatto di più ? E ancora che bilancio oggi il PD fa di tutta questa politica nella quale è stato un attore decisivo? La sinistra voleva un’economia di mercato regolata, come mai non è riuscita ad organizzare la regolazione? Si dice spesso che il Covid, la guerra in Ukraina e la crisi economica attuale hanno segnato il ritorno dell’interesse per lo stato: è così nella sinistra?
5. Che bilancio si può fare di queste privatizzazioni?
Che effetto hanno avuto sull’economia italiana, sulle sue caratteristiche, sulla sua produttività, sulla sua competitività, sulle sue capacità innovative, sulla sua internazionalizzazione, sul management delle imprese? Che effetto hanno avuto sul mercato del lavoro, sull’occupazione, sul potere d’acquisto, sugli stipendi, sul modo di lavorare nelle imprese, sul rapporto al datore di lavoro? Si può dire che i ceti popolari ne sono stati penalizzati mentre altre categorie sociali ne hanno beneficato? E qual è stato l’effetto sulla società in generale (rafforzamento della diffidenza verso lo stato, verso il settore pubblico, attrazione forte per il settore privato, fascino per l’economia del mercato, per la libertà di intraprendere, per il fare da sé)? E dunque possiamo affermare che queste politiche di privatizzazioni hanno contribuito ad un cambiamento antropologico e culturale che penalizza la sinistra mentre la sinistra che è stata un attore decisivo delle privatizzazioni proseguiva altri obiettivi (una crescita economica fondata sulla concorrenza che avrebbe migliorato la situazione di tutti gli italiani sia per il lavoro che per il potere d’acquisto) ma che par un effetto perverso e non previsto la colpisce direttamente?