Lo scorso ottobre il Premio Nobel per l’economia è stato assegnato a Claudia Goldin, Professor of Economics all’Università di Harvard.
A Claudia Goldin va il merito di aver migliorato la nostra comprensione dell’occupazione femminile, contribuendo a identificare le maggiori determinanti delle differenze di genere che si osservano ancora oggi nel mercato del lavoro di tutti i paesi del mondo.
Introduzione: prendi una donna, pagala male
Nonostante le lotte degli ultimi decenni, il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, cioè la percentuale di donne che lavorano, resta sistematicamente minore di quello degli uomini: in media, a livello mondiale, il tasso di partecipazione femminile è 50%, mentre quello degli uomini è 80%.
Quando le donne lavorano, guadagnano di meno: nei paesi OECD, il differenziale salariale tra uomini e donne è pari al 13%. Questa differenza nei salari rimane anche se confrontiamo uomini e donne simili, per esempio con la stessa età o lo stesso livello di istruzione.
Un’altra importante forma di differenza tra uomini e donne è quella che si osserva nella probabilità di raggiungere posizioni lavorative apicali all’interno delle aziende (sia pubbliche che private): questo fenomeno, definito come “soffitto di cristallo”, implica che per le donne sia più difficile avere una promozione o raggiungere posizioni lavorative maggiormente remunerate.
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Precarietà e le condizioni di lavoro della donne
Ne parliamo con Gessica Beneforti, CIGL Toscana, Lucia Rizzica, Banca d’Italia divisione Economia e Diritto
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Il lavoro delle donne e lo sviluppo del Paese
La domanda che allora ci dobbiamo fare è: come cambierebbero l’economia e la società con politiche coraggiose che siano capaci di incidere sul gender gap?
È questa la domanda centrale che come Fondazione, assieme a Regione Toscana, abbiamo deciso di porci per questa seconda edizione dei Colloqui di Toscana, promossa nell’ambito del palinsesto “La Toscana delle donne” di Regione Toscana.
Come l’economia può risolvere il gender gap?
Ne parliamo con Daria Majidi, Imprenditrice, Founder, Presidente, dell’Associazione sociale Donne 4.0
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Abbiamo cioè deciso di porre l’accento sul tema del ruolo delle donne nello sviluppo economico e sociale del Paese con un duplice obiettivo. Di denuncia, per indagare i vuoti e i deficit ancora da colmare per consentire una piena partecipazione delle donne alla vita economica del Paese. Di proposta, evidenziando le politiche e gli interventi di cui oggi abbiamo bisogno per imprimere nuove energie e risorse all’economia.
We women 2023
nell’ambito de La Toscana delle donne
L’indice elaborato ogni anno dal Global Gender Gap dice che mancano 135 anni alla piena parità tra uomo e donna. Il dato può essere paralizzante!
Non esiste una ricetta univoca per affrontare con visioni coraggiose il divario di genere che ancora pervade la nostra società. Ma è certo che l’espansione dei diritti politici, economici, lavorativi delle donne deve restare un obiettivo civile prioritario.
APPROFONDIMENTO
Di cosa parliamo quando parliamo di femminismo
In questo articolo, la scrittrice Vera Gheno ci racconta la sua esperienza sul gender gap, sulle difficoltà e i pregiudizi su cui si inciampa – ancora – nel 2023.
È questo l’approccio che ha caratterizzato le giornate di We Women: chiamare a raccolta studiosi, ricercatori, imprese, istituzioni e parti sociali perché insieme ci si possa mettere in cammino in direzione di un mercato lavoro giusto e inclusivo, di un’economia innovativa e prospera proprio perché capace di includere in senso pieno le donne.
La rassegna We Women si è articolata in un Forum con tavoli tematici di lavori e in due talk pubblici serali. Questa pagina multimediale raccoglie in sintesi i temi, la analisi e le testimonianze raccolte nell’ambito dell’iniziativa.
Scarica i report dei tre tavoli di lavoro
di We Women 2023
We Women 2023: i talk, i libri, le storie
Abbiamo portato We Women a Firenze appena due settimane dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin. È stata una coincidenza imprevista, che ha ribadito nella maniera più cruda quanto parlare di maschilismo, di femminismi e di battaglie per l’uguaglianza di genere sia non solo necessario ma più che mai urgente. E mentre cresceva l’eco attorno alla notizia, ci ha spiazzato il rigore delle parole con cui Elena Cecchettin ha imputato pubblicamente la scomparsa della sorella non a un abbaglio, non a uno scatto di follia momentaneo, ma a un sistema di prevaricazione orientato a schiacciare le libertà di una donna in quanto donna.
«Non chiamiamoli mostri», ci ha ricordato una ventiquattrenne con il cuore accartocciato, certa che dire “mostro” significhi minimizzare, trascurare le responsabilità, ridurre la violenza un fatto eccezionale, che devia dalla norma e ci allontana dall’esperienza quotidiana.
Abusi e violenza di genere
Ne parliamo con Francesca Basanieri, Presidente commissione pari opportunità Regione ToscanaNota: Per vedere il video è necessario accettare i cookies, se non visualizzi il contenuto puoi cliccare qui
Non è così: il patriarcato non è “altro da noi”. Piuttosto ci illude di esserlo perché invisibile, inodore, spesso subdolo e camaleontico. Dilaga nelle “chiacchiere da spogliatoio” o nelle “chat del calcetto” ma poi, sottilmente, si insinua nel modo che abbiamo di rapportarci alle cose, di pensare, di muoverci nel presente. Più che pregiudizio individuale, il sessismo è allora un sistema politico, un abito mentale, strutturato, endemico, che attraversa ogni piega della società: dalla formazione al lavoro, dall’economia alla letteratura.
Di questo abbiamo discusso nel talk Storie di ordinario sessismo: partendo dalla lettura di uno stralcio del libro Donna Faber di Emanuela Abbatecola, abbiamo fotografato e indagato un me too che ci riguarda e interpella tutt*, raccogliendo voci, sguardi, racconti, testimonianze di chi almeno una volta si è sentita da meno solo perché donna.
Donna Faber
Lavori maschili, sex-sismo e forme di r-esistenza
di Emanuela Abbatecola
Succede perché non facciamo in tempo a venire al mondo che già siamo imbevut* di stereotipi di genere. E in quella separazione netta tra cosa è per un sesso e cosa è per l’altro – Barbie alle femmine, il pallone ai maschi; alle bambine un fiocco rosa, ai bambini quello azzurro; se sei maschio e un po’ ribelle va bene, se sei una ragazzina ti tocca essere a modo e gentile – germoglia una discriminazione strutturale, una differenza tra i generi che, crescendo, si traduce in disparità salariale, esclusione, male gaze, modello patriarcale.
È stato il cuore del talk «il rosa, il blu o come vuoi tu»: partendo dalla lettura di uno stralcio di Il genere preso sul serio di Raewyn Connell, abbiamo ragionato di come sia certi automatismi di genere si ancorino al nostro sguardo sin dall’infanzia e pregiudichino chance di carriera e di libera espressione di sé. Lo abbiamo fatto interpellando anche il punto di vista maschile, convinti che per rivoluzionare semanticamente e culturalmente l’idea del rapporto tra i sessi serva camminare fianco a fianco. Donne o uomini che siamo, non fa alcuna differenza.