Non solo storia – Calendario Civile \ #28maggio 1961
«Aprite i giornali in un giorno qualunque della settimana e troverete una cronaca da una qualsiasi parte del mondo su qualcuno che è imprigionato, torturato o mandato a morte perché le sue opinioni o il suo credo religioso sono inaccettabili al suo governo. Ci sono diversi milioni di tali persone in prigione – e non certo tutti dietro la Cortina di Ferro o di Bambù – e il loro numero cresce di giorno in giorno. Il lettore sente un nauseante senso di impotenza. Tuttavia, se questi sentimenti di disgusto in tutto il mondo potessero essere uniti in un’azione comune, si potrebbe fare qualcosa di efficace […].»
Sono le prime righe di Forgotten Prisoners – “I prigionieri dimenticati” – articolo apparso su “The Observer”, il 28 maggio 1961, e firmato dall’attivista e avvocato britannico Peter Benenson, paladino dei diritti civili. Quel giorno, con la pubblicazione dell’articolo, inizia a prendere forma Amnesty International.
È probabile che Benenson avesse letto la cronaca della terribile reclusione a cui erano stati condannati due studenti portoghesi per aver fatto un brindisi “alla libertà”, durante il periodo di dittatura di Antonio de Oliveira Salazar. L’avvocato realizza che, nonostante le conquiste fondamentali che l’umanità ha fatto in secoli di storia, conquiste cristallizzate nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1945, in ogni parte del mondo, ogni giorno e ogni ora, i diritti umani vengono calpestati. È tempo di destare le coscienze, di aprire gli occhi sui diritti violati, sugli abusi compiuti dai governi, quale che sia il loro orientamento ideologico; dagli organi che ne dipendono; dai singoli funzionari nell’esercizio del proprio potere. La via percorribile è una soltanto: denunciare le violazioni rendendole note attraverso comunicati stampa, notiziari e lettere aperte.
Peter Benenson diviene così il fondatore dell’organizzazione che tante battaglie ha vinto, ricevendo il premio Nobel per la pace nel 1977.
In 60 anni gli attivisti di Amnesty International hanno contribuito con la loro azione a dare libertà e dignità a oltre 50.000 persone, salvando – si stima – tre vite al giorno.
Quello che si inaugura con quel tipo di impegno, solo apparentemente legato o riferito alla sfera del diritto, è un modo per scrivere (o per riscrivere) le forme di costruzione di un’opinione pubblica internazionale che chiede al potere di essere meno opaco, che crea una sensibilità verso ingiustizie e soprusi, che fa del diritto alla persona la chiave strutturale della convivenza umana, a prescindere dal contesto specifico di appartenenza e delle singole sovranità statali.