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Storie che sono la mia. Giangiacomo Feltrinelli, la cultura come promessa di futuro


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Cultura come rinnovamento

Giangiacomo Feltrinelli, già dalla fine degli anni Quaranta, entra nel contesto sociale e sulla scena culturale dell’epoca costruendo orizzonti ideali, occasioni di incontro, luoghi e oggetti fisici (i libri e le librerie) che corrono in parallelo, anzi talvolta anticipano, le sfide che la modernizzazione impone. Risale al 1948 il progetto di costruzione di una Biblioteca che potesse raccogliere materiale documentario inerente la storia del movimento operaio italiano e internazionale. Ed è datata 1949 la nascita della Cooperativa del libro popolare (Colip), che ha come fine la promozione della letteratura e della cultura a un prezzo accessibile presso i giovani e presso le classi popolari.

Nell’Istituto la raccolta, l’archiviazione e la conservazione di ‘tutto’ ciò che era importante, nella casa editrice la scelta delle opere che valeva la pena di far conoscere, l’intero mondo dei libri in circolazione reso disponibile in libreria

Bruno Cartosio

Lo dice chiaramente, Giangiacomo Feltrinelli:

Il grado di civiltà del nostro paese dipenderà anche,
e in larga misura, da cosa, anche nel campo della letteratura di consumo,
gli italiani avranno letto

Alla vigilia del processo che avvia il decollo industriale e il secondo boom, tra anni Cinquanta e anni Sessanta, il problema è come fare in modo che attori sociali, esperienze culturali, voci minoritarie entrino a far parte del gioco, fino a cambiarne le regole.

La sfida è duplice: da una parte, “portare il mondo a casa” senza che scattasse il vecchio vizio di sentirsi provinciali e dunque diffidenti rispetto a tutto ciò che è modernizzazione e abbandono delle consuetudini. Dall’altra, produrre cultura per sentirsi parte del mondo, per partecipare alla costruzione di futuro.
Niente è già deciso, tutto è in discussione. Soprattutto in una fase storica in cui la società italiana ribolle, tra instabilità politica e nuovi fermenti sociali. E il mondo intero, come diceva Bob Dylan, sente che i tempi stanno per cambiare.
Quindici anni, tra il 1955 e il 1970, che tra spinte egalitarie, scosse di libertà e momenti di sgomento collettivo hanno segnato quello e il nostro tempo.

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«Era un imprenditore moderno della cultura, non solo un editore. Era un uomo che non si accontentava di fare una cosa, voleva farne tante. Voleva cambiare il mondo ma il suo non era un romanticismo kitsch. Se mai era un romanticismo alla tedesca, che contiene sempre un elemento di tragicità»

Inge Feltrinelli
Guarda il video di David Bidussa, Storico sociale delle idee

 

 

Storia come emancipazione: Dieci date dal mondo

La parola “intellettuale” entra nel vocabolario pubblico in Italia nel secondo dopoguerra. Intellettuale non è solo sapere le cose, ma fare. E fare per cambiare.
Vuol dire sperimentare una dimensione scomoda, non urlare, bensì «uscire dal salotto» e mettersi in ascolto di quella che Giangiacomo Feltrinelli chiamava “l’ultima nota”: quella che, “nel guazzabuglio della storia quotidiana dura una volta finiti i rumori inessenziali”.
Le azioni che danno conto di questa urgenza sono: porre domande; disarticolare antiche certezze; immettere nella discussione pubblica temi che molti accantonano; cogliere la modernizzazione come crescita delle conoscenze, e delle competenze; allungare la tastiera delle opportunità; diversificare luoghi di discussione; amplificare le voci e ampliare la lista dei temi pubblici.

Innovazione come impegno

E dunque: ruolo pubblico dell’intellettuale, bisogno della storia, necessità della ricerca. Ma più ancora: incontro tra queste e il pubblico. Le librerie rispondono a una tale tensione. Ma anche il progetto di produrre cinema leggero così come quello di creare la Biblioteca, poi Istituto (oggi Fondazione) Giangiacomo Feltrinelli vanno intesi come due facce della stessa medaglia: la cultura come rinnovamento, come impegno, come chiave per l’emancipazione, come mediazione tra mondi, come via per disarticolare la fissità gerarchica tra alto e basso. Un compito che Giangiacomo Feltrinelli prende su di sé anche consapevole della pigrizia della politica, troppo ancorata a vecchie categorie, osserva lo storico Giovanni De Luna. Possiamo individuare quattro tappe concettuali e pratiche diverse di questo processo.

 


La prima tappa ci dice di smettere di guardare il mondo con occhi da turista; vuol dire cessare di considerare l’America Latina solo come luogo esotico, ma entrare e scavare nelle sue contraddizioni usando tutte i codici culturali possibili. La seconda tappa propone di andare a cercare le voci degli ultimi «sotto casa propria» nelle periferie delle grandi città industriali per mettere a nudo le trasformazioni verso una società più equa. La terza tappa rappresenta la sfida ai poteri reali che nessuno attacca pubblicamente. L’impresa Pasternak è questo. Ma dissenso e «parola libera» non sono solo un problema «a» e «di» Mosca. Dare la parola a Pasternak vuol dire riconoscere allo stesso titolo diritto di parola a James Baldwin, Harper Lee e Malcom X. L’ultima tappa: sperimentare forme della comunicazione che non propongano un’idea aristocratica della cultura; non solo produrre libri, ma anche pensare di fare film.

Quattro tappe

«Libri che mettevano a nudo un’Italia in trasformazione, un’Italia del domani, libri di gente che andava nelle stazioni a intervistare quelli con le valigie di cartone o nei sottotetti dei centri storici dove dormivano in dieci in una mansarda»

Sergio Bologna

Consiglio di lettura: Che cos’è un editore?

Giangiacomo Feltrinelli: “l’editore – dice e scrive nel 1967 – deve gettarsi, tuffarsi a rischio di annegare, nella realtà. Senza sapere nulla deve far sapere tutto, tutto quello che serve, e che serve ai vari livelli di coscienza. Tuffarsi nella realtà: tentare la «Fortuna». La «Fortuna» diventa allora un significato, un orizzonte, una vita svincolata e trionfante… E allora: un editore è niente, è un veicolo che può anche autodefinirsi una carretta”

Nelle pagine di Cos’è un editore? sono concentrate le ambizioni di Giangiacomo Feltrinelli: la breve opera è una miscela eterogenea di politica, riferimenti autobiografici e indicazioni su chi dovrebbe essere e quale ruolo sociale dovrebbe rivestire un editore

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