Testo pubblicato nell’ambito dello speciale La crisi della sinistra nel cambiamento antropologico del XXI secolo a cura di Elena Cadamuro.
Interventi e riforme della sinistra
Quando si parla di crisi della sinistra, è innegabile che a contribuirvi è stato anche il suo stesso successo. Molte idee – e le associate riforme – della sinistra riformista hanno assunto un carattere di incontrastata permanenza: il Welfare, la sanità pubblica, la scolarizzazione di massa, ma anche interventi di minore notorietà, ma forte impatto come la regolamentazione dei mercati, l’antitrust, la protezione di consumatori e risparmiatori. Non c’è dubbio che tali riforme abbiano migliorato il tenore di vita dei cittadini, con un impatto redistributivo a favore delle classi meno abbienti, garantendo una rete di protezione sociale che resta di innegabile efficacia. Basta guardare ai paesi dove tali riforme non sono state attuate (ad esempio gli Stati Uniti) per apprezzarne il valore. In generale, tali misure restano anche molto popolari. In un mercato elettorale competitivo, personalizzato, fatto di propaganda urlata, volta ad assecondare gli umori, la destra populista – sempre abile a “mimetizzarsi” – si è spesso appropriata delle tematiche sociali (un fenomeno non del tutto nuovo: si ricordi il “fascismo sociale”).
Non più la Thatcher che sfida il Welfare State per annientarlo e imporre una privatizzazione di tutti i campi, dal lavoro alla salute. Ma un messaggio ambiguo, pronto ad assecondare tutto ciò che gode di diffusa popolarità (magari addossandone le difficoltà agli “altri”: migranti, minoranze, burocrazia europea). Molti sono gli esempi: forse il più impudente è la promessa – patentemente falsa nella sua temerarietà – di Boris Johnson di reindirizzare le centinaia di miliardi di contributi al bilancio dell’Unione Europea verso il Servizio sanitario nazionale (in fortissimo affanno dopo anni di tagli, imposti proprio da parte dei governi conservatori precedenti), che ha avuto un ruolo tanto importante nel referendum sulla Brexit.
Il mimetismo populista è naturalmente in dosi omeopatiche: nella pratica, la destra fa la destra e agli annunci di norma non corrisponde la realtà. La tassazione sulle banche in Italia, promessa redistributiva annunciata con grande fanfara, viene prontamente annacquata; la sanità pubblica subisce un marcato arretramento a favore dei fornitori privati, assecondando, in modo surrettizio, proprio la lobby che fornisce i giornali amici al governo in carica. La sfida si sposta poi sul terreno delle compatibilità finanziarie, con cui la sinistra, nelle esperienze di governo, si è confrontata a viso aperto, anche in momenti difficili (nell’esperienza italiana con la partecipazione ai vari governi tecnici). Ne consegue che, a volte, è proprio alla sinistra che viene attribuito l’arretramento di alcune misure o un tecnicismo (elitismo) distaccato nelle soluzioni proposte. Di fronte al populismo che di giorno annuncia e di notte disfa, che promette senza curarsi di mantenere, diviene vitale riappropriarsi delle proprie idee originarie, comunicarle con decisione, estenderne la portata (ad es. salario minimo) e allargare lo spazio dei diritti (lavori atipici, nuove tecnologie, ambiente).
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