Il Regno Unito è visto come il paese più multiculturale d’ Europa, un trionfo di diversità e inclusione. Il Paese è stato il terzo ad avere un primo ministro non bianco, Rishi Sunak, dopo l’Irlanda con Leo Varadkar e il Portogallo con Antònio Costa, entrambi di discendenza indiana, come Sunak.
Tuttavia, la narrativa compiaciuta che vede il Paese al riparo dalle retoriche razziste cozza fortemente con gli eventi più recenti, dalle rivolte razziste dell’agosto scorso all’ascesa di Reform UK, la forza di estrema destra guidata dal “padre” politico della Brexit, Nigel Farage.
Questa narrativa ha origini ben più antiche di quanto si possa immaginare, ma bisogna partire dall’ oggi per analizzarle in modo esaustivo.
Un agosto d’odio
Gli attacchi a persone musulmane, migranti e richiedenti asilo nell’ agosto 2024 nel Regno Unito sono avvenuti dopo l’omicidio di tre bambine e il ferimento di dieci persone a Southport (cittadina nell’ area di Liverpool), a una festa a tema Taylor Swift per mano del diciassettenne Axel Rudakubana, figlio di genitori ruandesi.
Rudakubana (condannato poi a 52 anni di carcere) era stato seguito da un servizio di salute mentale dell’NHS (il Sistema Sanitario Nazionale) dal 2019 al 2023, ma prima che questi cruciali elementi entrassero nel ciclo informativo, la disinformazione, l’odio e le teorie del complotto (alimentate su X anche dallo stesso Elon Musk) hanno sconfinato sui social, trasformandosi in violenza razzista.
Questa violenza razzista si è diffusa a macchia d’ olio, con attacchi a una struttura per richiedenti asilo (con l’intento di incendiarla) a Rotherham, a una moschea a Southport, e contro esercizi commerciali gestiti da musulmani britannici a Belfast.
In questo scenario, il leader di Reform, Nigel Farage, ha contribuito ad infiammare gli spiriti, suggerendo che le autorità e il governo stessero nascondendo la verità sui fatti di Southport.
Farage è ora, secondo i sondaggi di You Gov e Opinium, il leader di un partito incredibilmente popolare (fondato sul suo carisma) e un suo futuro a Downing Street potrebbe non essere fantapolitico.
Ma dove affondano le radici dell’odio razziale nel Regno Unito? Per capire Southport e l’ascesa di Farage bisogna andare ben più indietro della Brexit, e spostare le lancette fino al 1661.
Cronache dall’Impero razzista
L’abolizione della schiavitù, nel Regno Unito e nelle sue colonie, è avvenuta con lo Slavery Abolition Act il 28 agosto 1833. Questa storia viene raccontata con enfasi ma lo stesso non è per il Barbados Slave Code, approvato dal Parlamento locale delle Barbados nel 1661.
Nel suo libro “What White people Can Do Next: From Allyship To Coalition” (pubblicato da Penguin nel 2021) la giornalista e scrittrice irlandese-nigeriana Emma Dabiri descrive l’entrata in vigore del Barbados Slave Code come un fondamentale spartiacque storico.
L’atto equiparava legalmente le persone africane schiavizzate al bestiame, trasformandoli quindi ufficialmente in proprietà senza diritti. L’atto come osserva Dabiri “annunciò l’inizio di un sistema legale nel quale razza e razzismo furono codificati legalmente”. Dabiri sottolinea poi come i casi della Virginia e delle Barbados siano indicativi del “terrore nell’elite Inglese dello sviluppo di solidarietà tra africani e indentured (lavoratori poveri e sfruttati) europei”.
Mentre l’antisemitismo esisteva già da secoli in Inghilterra, come nel resto d’Europa (con massacri antisemiti come quello di Clifford Tower nel 1190 a York o l’ espulsione di tutti gli ebrei inglesi nel 1290), l’idea della superiorità di una razza (un costrutto, come le definizioni di “bianco” o “nero”) sulle altre non esisteva prima, soprattutto non “legalmente”.
L’impero inglese-britannico si reggeva sul suprematismo bianco, sull’idea di mantenere il dominio sulle “razze” non bianche e viste come inferiori. Dopo la fine della schiavitù furono gli ex mercanti di schiavi ad essere rimborsati per le loro perdite (20 milioni di sterline del tempo, a carico dei contribuenti) e non gli ex schiavizzati.
L’ impero britannico terminò il suo corso, ma la violenza che lo caratterizzò rimase insita nei casi di crimini d’odio contro le minoranze nel Paese, dal dopoguerra a oggi, come è avvenuto per gli omicidi di Stephen Lawrence e Chris Kaba.
Il razzismo istituzionale della polizia londinese
Stephen Lawrence, studente diciottenne, figlio di genitori giamaicani fu ucciso a coltellate da un gruppo di ragazzi bianchi il 22 aprile del 1993 in un attacco a sfondo razzista, mentre aspettava un autobus con un amico, Duwayne Brooks, a Eltham, nel Sud di Londra.
La polizia londinese investigò l’omicidio, ma i genitori di Lawrence criticarono il suo operato, trovando il supporto del presidente sudafricano Nelson Mandela.
Mandela incontrò Neville e Doreen Lawrence il 6 maggio del 1993 e comparò l’omicidio alla tragedia del Sudafrica dove “le vite nere contano poco”.
Dopo un’indagine privata e una pubblica, fu pubblicato il rapporto Macpherson che denunciò il razzismo istituzionale della polizia londinese nel 1999; a riprova di questo, due degli assassini di Lawrence, Gary Dobson e David Norris, furono processati e condannati all’ergastolo solo nel novembre del 2011.
Black Lives Matter e l’omicidio di Chris Kaba
Le proteste del movimento Black Lives Matter si svolsero nel Regno Unito nel 2020, in seguito all’omicidio di George Floyd a Minneapolis. Tuttavia, il dibattito pubblico britannico si trovò impreparato ad affrontarle in modo approfondito.
A scuotere la discussione fu il fatto che i manifestanti, tra cui l’attore John Boyega nel suo accorato discorso a Hyde Park, non si limitarono a esprimere solidarietà agli afroamericani, ma denunciarono anche le ingiustizie e il razzismo istituzionale presente nel Regno Unito.
L’omicidio di Chris Kaba, ventiduenne ucciso dalla polizia a Streatham il 5 settembre 2022, evidenziò ancora una volta il problema del razzismo istituzionale, aggravato dall’uso dell’intelligenza artificiale nelle operazioni di sorveglianza. Tuttavia, la notizia venne rapidamente oscurata dalla morte della regina Elisabetta II, avvenuta tre giorni dopo, e oggi è spesso trattata come un episodio lontano e marginale.
Gli omicidi di Stephen Lawrence e Chris Kaba, per il modo in cui sono stati trattati dall’opinione pubblica e dalle istituzioni, ricordano rispettivamente quelli di Willy Monteiro Duarte e Abdul William Guiebre, detto Abba, nell’esperienza afroitaliana.
“Least racist is still racist”
Il rapper, attore e pianista Dave, di origine nigeriana, si esibì con la sua canzone “Black” ai BRITS 2020. Nella sua esibizione Dave denunciò le ingiustizie contro la comunità afro britannica e invocò “…le riparazioni per il tempo che la nostra gente ha speso nelle piantagioni”. “Least racist is still racist – Meno razzista è ancora razzista” rappò Dave, indicando come la compiacenza nell’ essere un Paese con una supposta ridotta dose di razzismo sia parte del problema. Come ha affermato l’accademico e autore britannico di origine giamaicana Kehinde Andrews, intervistato da Amy Goodman su Democracy Now! dopo la morte della regina Elisabetta II: “Il razzismo è britannico quanto una tazza di tè”.
La strada che il Regno Unito e ogni società dovrebbe seguire è ben diversa, a partire dalle persone bianche, riprendendo il titolo del saggio di Emma Dabiri. Come ha affermato Angela Davis: “In una societa razzista, non basta non essere razzisti, dobbiamo essere anti-razzisti”.