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Clima e ambiente:
le contraddizioni della COP-28
di Dubai


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Perché è importante parlare di ambiente?

Si apre oggi, giovedì 30 novembre 2023, a Dubai negli Emirati Arabi Uniti la COP-28. La ventottesima conferenza delle parti firmatarie della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici durerà fino al 12 dicembre. Si tratta di una della COP più paradossali di sempre per via del paese ospitante, uno Stato petrolifero, e della sua Presidenza, l’amministratore delegato di un gigante del fossile. Nonostante le basse aspettative sulla riuscita della Conferenza, il sistema delle COP rimane comunque il più importante forum climatico mondiale. 

Di seguito, con l’articolo del ricercatore e attivista Matteo Spini, proviamo a capire insieme le tappe che hanno portato alla COP-28 di Dubai.

Il termometro non dice bugie

Un recentissimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente dimostra che dalla firma dell’accordo di Parigi del 2015 l’ambizione delle politiche climatiche è aumentata ma che non è ancora sufficiente. Anche se tutte le promesse degli Stati fossero rispettate, entro fine secolo raggiungeremmo comunque un aumento della temperature media globale tra i 2,5°C e i 2,9°C rispetto ai livelli pre-industriali, ben al di sopra degli obiettivi di Parigi (1,5°C e 2°C) e con conseguenze decisamente drammatiche. D’altro canto, tali conseguenze sono sempre più visibili nella stessa Europa, con 70,000 morti per il caldo record del 2022 mentre il 2023 si sta affermando quasi certamente come l’anno più caldo della storia a livello globale.  

I paradossi della COP-28 

Il contesto in cui si apre la COP-28 non è particolarmente favorevole per un’accelerazione della transizione ecologica. Anzi, è decisamente paradossale. La conferenza è ospitata dagli Emirati Arabi Uniti, una petromonarchia, ed è presieduta dal sultano Al Jaber, Amministratore Delegato della compagnia di stato Abu Dhabi National Oil Company che pianifica giganteschi investimenti in energia fossile.

Ma questa serie di paradossi non sono una novità, basti pensare che l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici non menziona i combustibili fossili mentre le conferenze climatiche vedono da tempo una sterminata presenza di lobbisti del fossile e di altre industrie altamente climalteranti. Inoltre, in maniera simile alla COP-27 ospitata dall’Egitto del generale al-Sisi, gli Emirati Arabi Uniti sono una monarchia assoluta in cui gli spazi di libertà sono compressi. Se durante molte conferenze climatiche del passato le mobilitazioni della società civile avevano esercitato una notevole pressione, negli ultimi due anni questo è diventato molto più difficile. I rapporti di Amnesty International e Freedom House sugli Emirati Arabi Uniti parlano di detenzioni arbitrarie, censura diffusa, sorveglianza di massa, assenza di partiti d’opposizione e leggi discriminatorie verso donne, comunità LGBTI e migranti. 

Un altro elemento da tenere in considerazione rispetto all’andamento della conferenza sono le crescenti tensioni internazionali, legate ai conflitti in Ucraina e a Gaza e alla competizione Cina-Stati Uniti, che complicano non poco la cooperazione climatica.

Il rischio è di accentuare di nuovo la contrapposizione tra Nord Globale e Paesi emergenti, con il primo che chiede ai secondi di impegnarsi maggiormente nel taglio delle emissioni e loro che controbattono ricordando le responsabilità storiche del Nord globale e chiedendo prima di tutto ingenti trasferimenti finanziari.

In questo contesto, una grossa incognita è come si muoverà l’Unione Europea. La recente nomina di Wopke Hoekstra come Commissario per l’azione per il clima nonostante il suo passato nel settore petrolifero e la crescita dell’opposizione alle politiche climatiche nel centro-destra europeo gettano qualche ombra sulla credibilità dell’UE. 

il tema dell’abbandono dei combustibili fossili non sembra sul tavolo

In termini di aspettative, Jacopo Bencini dell’Italian Climate Network e Andrea Ghianda del think tank ECCO sostengono che quest’anno ci si concentrerà sulla messa in campo del fondo multilaterale di compensazione di danni e perdite da disastri naturali già accordato nel 2022, nonché sull’ampliamento degli investimenti in energie rinnovabili. Tuttavia, il tema dell’abbandono dei combustibili fossili non sembra sul tavolo, anzi, i nuovi investimenti non si fermano. Si tratta di ulteriori paradossi: si aggiunge energia rinnovabile invece di sostituire quella fossile, causa della crisi climatica, e ci si concentra sul risarcire ex-post più che sulla prevenzione del danno. Inoltre, Abu Dhabi sarà anche il luogo della prima valutazione globale degli sforzi fatti nell’ambito dell’Accordo di Parigi. 

Oltre la Conferenza per il clima  

In questo contesto sfavorevole, un punto importante è il ruolo della società civile. La componente più istituzionalizzata, come WWF Italia, Save the Children Italia, Italian Climate Network ed ECCO, sarà presente ed eserciterà pressione. Moltissimi movimenti hanno invece optato per il boicottaggio, accusando il sistema delle COP di aver fallito e criticando la mancanza di spazi di dissenso nel paese ospitante. Difficile infatti aspettarsi grandi proteste a Dubai. Decine di sezioni di Fridays for Future, Extinction Rebellion, ATTAC e altri attori si riuniranno invece in Colombia il 5-10 dicembre per un contro-vertice chiamato Earth Social Conference. 

In conclusione, le aspettative per Dubai non sono particolarmente alte ma il sistema COP rimane comunque un forum cruciale in cui gli Stati si confrontano sulla crisi climatica e non è da escludere qualche sorpresa, anche legata a questioni di prestigio internazionale. D’altro canto, va aggiunto che i contesti nazionali sono in generale più importanti delle COP in termini di presa di decisioni e il 2024 sarà un anno elettorale fondamentale. Si voterà in India, Indonesia, Sudafrica e Messico, potenze emergenti con emissioni decisamente in aumento e poco propense ad abbandonare repentinamente i combustibili fossili. Ma soprattutto si voterà in Unione Europea e negli Stati Uniti, paesi con enormi responsabilità storiche nelle emissioni di gas serra e in cui le politiche climatiche sono sempre più al centro dello scontro politico. 

Foto da Facebook COP28 UAE

 

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