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Agricoltura, costruzioni, trasporti: lavorare da morire


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Era il 3 maggio del 2021 quando Luana D’Orazio ha trovato la morte all’età di soli 23 anni mentre lavorare in una azienda tessile a Montemurlo, in provincia di Prato. Una morte che ha scioccato l’Italia ma che non ha fermato una strage che a distanza di un anno continua ad essere quotidiana, drammatica e persistente.

Nel 2020, ad esempio, ultimo dato ufficiale disponibile, sono stati registrati in Italia 1.270 lavoratrici e lavoratori deceduti. Significa 3,47 morti ogni giorno dell’anno. L’Anmil, l’associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, ricorda che il decennio 2011-2020 è il primo della storia repubblicana in cui non vi è stata una diminuzione ma una sostanziale stazionarietà dei morti sul lavoro.

Ed inoltre, dopo la parentesi del 2021 con 1.221 morti registrate, dato peraltro provvisorio, si è assistito nel primo bimestre del 2022 ad una crescita degli infortuni sul lavoro del 47,6% e di decessi del 9,6% rispetto allo stesso bimestre precedente.

Nel solo settore agricolo e edile le cifre sono impressionanti. Nel 2021, infatti, sono stati registrati 128 lavoratori e lavoratrici morti in agricoltura a fronte dei 113 nel 2020, e 127 nelle costruzioni a fronte dei 114 nel 2020. Quasi la metà dei lavoratori e delle lavoratrici morti del settore agricolo è avvenuta per il ribaltamento del trattore, mentre circa il 60% dei morti in edilizia per caduta dall’alto, ossia da ponteggi malamente installati o per l’assenza delle misure di sicurezza previste per legge.

Per non parlare degli infortuni sul lavoro che non vengono denunciati per il ricatto occupazionale imposto da imprenditori criminali che fanno dello sciacallaggio la ragione principale della loro impresa. Sono infatti centinaia le testimonianze di lavoratori che cadono da una serra o da un ponteggio, sbattono la testa o si rompono la schiena e anziché essere soccorsi sul posto da professionisti qualificati vengono raccolti, come un sacco di patate, portati in prossimità di un ospedale e lì abbandonati con l’obbligo di non dire al personale medico dove e come si sono infortunati allo scopo di evitare al padrone di risponderne sul piano giudiziario e sindacale.

Non a caso, ancora secondo l’Anmil, i settori delle costruzioni e dell’agricoltura forniscono il maggiore contributo al bollettino dei decessi lavorativi. In provincia di Latina, ad esempio, Kuldeep (nome di fantasia), donna bracciante immigrata e madre di quattro figli, separata da un marito violento, ha vissuto l’incubo di un gravissimo incidente sul lavoro derivante da turni e ritmi di estremi all’interno di una delle aziende più grandi del territorio.

incidenti sul lavoro
crescita degli infortuni sul lavoro

La sua testimonianza rappresenta, meglio di qualunque reportage, ciò che significa, ancora oggi, lavorare in condizioni di sfruttamento e subire un grave incidente.

“Lavoravo per una azienda agricola. Mi chiamavano ogni tre o quattro mesi e io accettavo sempre. Con quattro figli devo accettare tutto ciò che mi viene offerto. Lavoravo anche 14 ore al giorno, a volte fino alle 21 di sera nella trasformazione di alcuni prodotti agricoli dentro enormi magazzini dove la puzza era enorme, come anche i moscerini che entravano da sotto la tuta che usavamo per lavorare. Salivamo su carrelli alti anche 4 o 5 metri senza alcuna protezione. Tutto questo per circa 800 euro al mese. L'azienda non registrava tutte le ore lavorate in busta paga. Nessuno registra tutte le ore di lavoro”. Siamo ad appena cento chilometri da Roma.
“A luglio scorso, mentre stavo lavorando dentro uno di quei magazzini, sono caduta da sopra un carrello a gambe aperte sbattendo su un ferro acuminato che mi ha lacerato tra le gambe. Ho sentito un dolore incredibile che mi ha lasciata senza fiato. Per fortuna mi ha soccorsa una ragazza indiana che mi ha portata in bagno ed ha tentato di medicarmi come poteva. Il padrone non l'ho proprio visto. Mi usciva sangue da mezzo le gambe e non bastavano i fazzoletti e la carta igienica che avevamo recuperato a fermare l'emorragia”. Una storia emblematica. “La mia collega ha chiesto aiuto ed io avevo paura di morire e di lasciare i miei figli con mio marito”. E poi? Soccorsi, ambulanza, medici, ospedale?
“Il padrone ha chiamato l'ambulanza e appena arrivata, medici e infermieri mi hanno presa, medicata e riportata a casa”. Niente ospedale? “Niente ospedale. Il padrone mi ha detto di prendermi quella giornata di ferie e di tornare a lavorare il giorno dopo”. Insomma, sfruttata, a rischio di morire per via di un grave incidente avvenuto all'interno di un'importante azienda e la risposta del padrone italiano è stata quella di nascondere l'incidente e di concederle un giorno di ferie. “Appena arrivata a casa – continua Kuldeep - ho continuavo a perdere sangue tra le gambe ed ero debolissima. Credo di essere svenuta perché quando ho aperto gli occhi ho trovato i miei figli accanto a me, anche loro spaventati. A quel punto ho chiamato la mia collega indiana che era ancora in azienda e le ho chiesto aiuto”.

Kuldeep è riuscita a contattare gli operatori del progetto “Dignità Joban Singh” dell’associazione Tempi Moderni che hanno chiamano l’ambulanza obbligandola a tornare indietro per ricoverarla presso l’ospedale di Terracina. I medici, dopo averla visitata, affermano che sarebbe bastata qualche ora di ritardo e sarebbe morta per una grave emorragia interna. “Ho denunciato la mia ex azienda al Comando provinciale dei Carabinieri di Latina perché voglio giustizia” ha infine dichiarato.

In edilizia, invece, è Benedetto Truppa, segretario generale della Fillea Cgil di Roma e Lazio, a raccontare come stanno le cose:

“Si continua a morire come trent'anni fa e per le stesse cause. A Roma, il 27 Aprile, ha perso la vita un operaio edile di 62 anni, caduto da un’impalcatura in pieno centro! Anche questo drammatico evento ci conferma che la strage è causata da turni di lavoro massacranti, microimprese, mancati investimenti sulla formazione e sicurezza, lavoratori non più giovanissimi e logorati e mancanza di controlli. Abbiamo bisogno di aumentare i controlli ed agire sulla prevenzione potenziando l’organico dei servizi ispettivi e preventivi. Servono strumenti che espellano dal mercato le aziende non virtuose qualificando il sistema d’impresa mediante ad esempio la patente a punti. Ma dobbiamo anche rivedere il sistema previdenziale di uscita dei lavoratori dal settore: basta over 60 sui ponteggi. I lavori non sono tutti uguali. Ai controlli e alle norme è fondamentale affiancare l’azione sul piano culturale: la pandemia ci ha dimostrato che la sicurezza di chi lavora è tra le prime emergenze da affrontare e risolvere”.

C’è inoltre un altro settore che sta pagando un prezzo altissimo in termini umani: nel periodo gennaio-febbraio 2022 i trasporti hanno subito un incremento di infortuni del 250% mentre i casi mortali si sono più che sestuplicati, passando da 2 casi del 1° bimestre 2021 a 13 del 2022. Il settore dei trasporti è vitale per il supporto che fornisce a tutte le attività produttive e che comprende anche le attività delle consegne a domicilio utilizzando spesso lavoratori giovani e precari.

Agenda politica del governo

Temi che dovrebbero entrare sempre più nell’agenda politica del governo e impegnare le categorie datoriali in una riflessione volta a risolvere il problema e non a negarlo o minimizzarlo. La stessa accusa di ricatto avanzata a fine aprile da Confindustria nei confronti del Ministro del Lavoro Andrea Orlando in ragione della proposta di quest’ultimo di sostenere le imprese se aumentano i livelli salariali dei lavoratori indica la natura conservativa e arrogante del sistema d’impresa nazionale. Quella del Ministro Orlando è infatti il minimo sindacale, a cui si dovrebbe aggiungere il sostegno in favore delle aziende che investono concretamente nella sicurezza del lavoro a tutela della vita dei lavoratori e delle lavoratrici.

Ragioni complessive che dovrebbero indurre celermente il governo a promuovere una Procura Nazionale contro gli infortuni sul lavoro, come da tempo Bruno Giordano, ex magistrato di Cassazione e attuale direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro da anni chiede, e un impegno ulteriore perché le leggi e i contratti non vengano solo promulgate e sottoscritti ma affermati e dunque rispettati concretamente. Sarebbe un risultato vitale per l’Italia, peraltro coerente con la sua Costituzione. Ne sarebbe fiera anche Luana, nonostante non possa più affermarlo direttamente per via della sua morte prodotta sull’altare del profitto ad ogni costo.

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