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Onlyfans, un lavoro di cura


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Articolo inserito nell’ambito della rubrica Algo-cracy
a cura dei ricercatori Jacopo Caja e Jacopo Tramontano


Le ricerche di Margherita Di Cicco indagano il sex work sulla piattaforma digitale Onlyfans. Ne emerge un quadro variegato le cui costanti sono il lavoro di cura e di relazione, la continua necessità di promozione e innovazione, e la possibilità di essere cancellatə dai social network. Siamo ben lontani dalle narrazioni mediatiche di soldi facili e disinibizione: si lavorano 40 o 50 ore, sempre reperibili, con costante rischio d’impresa

“Lavorando online sembra più facile chiudere tutto e staccare, ma allo stesso tempo senti che i clienti si aspettano che tu sia disponibile in qualsiasi momento; a volte apro il sito e trovo centinaia di messaggi dalla stessa persona, “Dove sei?”, “Dove sei?”, “Perché non sei online?”. Senti proprio questa dipendenza, questa aspettativa che tu sia come una specie di bot [ride] sempre pronto a rispondere, un videogame che si può accendere e spegnere in qualsiasi momento.”

Peach, sex worker digitale di 24 anni

Da alcuni anni esistono piattaforme digitali sulle quali lavoratori (e soprattutto lavoratrici) sessuali interagiscono con gli utenti e ricevono in cambio denaro. La più famosa e utilizzata è Onlyfans, piattaforma lanciata nel 2016 per la produzione di contenuti creativi, che opera secondo un sistema di mecenatismo digitale simile ad altre piattaforme come Youtube, Patreon, Twitch e Facebook. Il mecenatismo digitale è una strategia di business alternativa alla pubblicità, che consiste nel sostenere finanziariamente i creatori di contenuti al fine di promuoverne l’espressione creativa, utilizzando una piattaforma che fornisce l’infrastruttura per monetizzare la produzione. La penetrazione delle tecnologie digitali ha quindi profondamente riconfigurato il sesso a pagamento, rendendo l’esperienza lavorativa apparentemente gestibile e priva di pericoli, ma anche decisamente pervasiva e impattante a livello psicologico.

Creators e fans

Onlyfans categorizza i suoi utenti in due gruppi: ‘creators‘ e ‘fans‘. Solo i primi possono pubblicare e monetizzare diversi tipi di contenuti (principalmente, ma non solo, di tipo visuale), previo processo di verifica del documento di identità e riconoscimento facciale, mentre i ‘fan’ possono accedere ai contenuti pagando un abbonamento mensile ai profili dei creator. In aggiunta, è spesso richiesto un pagamento extra per sbloccare contenuti specifici e usufruire di servizi come spettacoli in diretta, videochiamate o messaggistica.

La particolarità di Onlyfans risiede nei suoi innovativi sistemi di monetizzazione e nella presenza di contenuti sessualmente espliciti, che hanno reso la piattaforma un punto di riferimento per la produzione di pornografia amatoriale. Dal punto di vista del pubblico, la popolarità della piattaforma è dovuta a diversi fattori: la partecipazione di performer non professionisti, l’ampia eterogeneità dei creator (con la nascita di nicchie di mercato basate su specifiche caratteristiche estetiche o interessi culturali), la possibilità di acquistare contenuti personalizzati e l’atmosfera di disintermediazione e intimità idealizzata che caratterizza le interazioni tra gli utenti.

Negli ultimi anni, Onlyfans ha ottenuto una visibilità senza precedenti rispetto ad altre piattaforme di intrattenimento per adulti, come evidenzia l’attenzione che i media le hanno riservato. L’aspetto maggiormente esaltato è stato il ruolo svolto dalla piattaforma nel fornire una soluzione per chi ha perso il lavoro a causa della pandemia da covid-19 o chi vi ha trovato un’alternativa valida a lavori poco remunerati. Le narrazioni mediatiche sulla piattaforma diffondono la percezione di guadagni ottenuti rapidamente e senza sforzo, nonché la tendenza a performance sessuali estreme e un senso indefinito di devianza morale associato al coinvolgimento di persone giovani.

Rifiuto del lavoro

Indipendentemente dal grado di allarmismo di tali rappresentazioni, la scelta di avviare un’attività su Onlyfans viene sempre descritta come un rifiuto del lavoro convenzionalmente inteso, suggerendo che le azioni dei creatori di contenuti non rientrino nella categoria di lavoro. La ricerca etnografica che sto conducendo dal 2021 si propone di decostruire tali rappresentazioni, evidenziando la complessità del processo lavorativo su Onlyfans e dimostrando la centralità del lavoro emotivo e della cura. Le testimonianze dei creatori intervistati mostrano come la dimensione sessuale occupi un ruolo relativamente marginale nell’esperienza lavorativa, rispetto alla promozione dei loro profili e alle interazioni interpersonali con i clienti.

Il meccanismo della piattaforma si basa sulla monetizzazione di una popolarità preesistente, come è evidente nel design che non contempla un motore di ricerca interno, cosa comune alle altre piattaforme. I profili sono visitabili solo tramite link diretti reperiti all’esterno. Questi link vengono allora diffusi dai creator attraverso i social media attraverso un intricato sistema di collegamenti. Ricky, un creatore di 30 anni, spiega: “Per aprire un Onlyfans, dovresti innanzitutto chiederti: ‘ho già dei followers? Alle persone fregherà qualcosa di me?’. Perché puoi essere la persona più sexy del mondo, ma senza una rete di contatti, senza una base di followers, sarai destinato a rimanere un talento inespresso”.

La figura del creatore Onlyfans sembra quindi riflettere l’emergere di una particolare forma di micro-celebrità, basata non tanto su determinate caratteristiche o capacità individuali, ma paradossalmente sulla popolarità stessa, poiché nel contesto della piattaforma è proprio la popolarità acquisita altrove a determinare la visibilità e quindi le prospettive di guadagno di un creatore.

Ecosistema di social media

I creatori devono, pertanto, sfruttare un vasto ecosistema di social media per promuoversi, ma ciò presenta notevoli sfide poiché la maggior parte delle piattaforme tendono ad escludere contenuti sessualmente espliciti o tematicamente legati alla sfera della sessualità. In parole povere, per guadagnare su Onlyfans devi pubblicizzarti altrove, ma se lo fai rischi di essere bannato e dover ricominciare daccapo. I creatori adottano quindi le strategie più disparate per promuovere i propri account Onlyfans e trasformare i follower dei social media in fan paganti, sempre cercando di passare tra le strette maglie delle policy dei social media.

Stella, una creator italiana di 22 anni, lamenta: “Onlyfans punta principalmente alle influencer: si chiama Onlyfans perché, appunto, devi già avere dei fan, altrimenti è molto difficile guadagnarci. Se una persona non ha già dei fan altrove, non va da nessuna parte. Ma magari una ragazza vuole proteggersi e non vuole esporsi sui social; inoltre, rischi di essere bannato su tutte le piattaforme se ti identificano come sex worker. Sostanzialmente, ci odiano tutti [ride]”. La frustrazione che emerge esemplifica l’ambivalenza del rapporto tra i sex workers e le piattaforme digitali. Queste costituiscono da un lato l’infrastruttura indispensabile per svolgere il lavoro, dall’altro un grosso ostacolo da superare.

Allora, sebbene il duplice ruolo di Onlyfans come infrastruttura e datore di lavoro invisibile sia comune a diversi settori del lavoro digitale, tuttavia, la peculiarità del lavoro su Onlyfans risiede nella necessità di interagire con un vasto ecosistema di piattaforme interconnesse, dalle quali i creatori risultano ugualmente dipendenti, nonostante il rapporto economico esista solo con Onlyfans. Questo rende il lavoro su Onlyfans un caso unico nel panorama del lavoro digitale, poiché i creatori generano valore non solo per Onlyfans, ma anche attraverso il lavoro immateriale e non retribuito svolto su altre piattaforme.

Ne emerge una forma di lavoro digitale che si situa all’incrocio tra sex work, pornografia amatoriale e social media management. Onlyfans costituisce dunque un canale privilegiato per lo studio della riconfigurazione dell’esperienza lavorativa causata dalla penetrazione delle piattaforme digitali in sempre più settori. Si può dire che il sex work “piattaformizzato” sia innanzitutto e soprattutto lavoro relazionale e di marketing.

Onlyfans è un lavoro

Di lavoro si tratta, appunto, nonostante la narrazione mediatica incentrata sulla negazione della categoria di lavoro. Gli stessi creatori esprimono forte ambivalenza nella percezione della propria esperienza lavorativa. Sebbene nei loro racconti ci sia forte enfasi sia sul senso di autonomia e di emancipazione associato al sex work digitale, interrogati sull’organizzazione materiale del loro lavoro emerge sempre che la quantità di tempo ed energie dedicate alla gestione dei profili è nei fatti elevata, spesso decisamente superiore a un tipico lavoro dipendente.

Come racconta Valeria, una creatrice di 24 anni: “All’inizio ero troppo entusiasta del fatto che potessi guadagnare soldi vendendo nudi [autoritratti di nudo, ndr]. Era semplicemente fantastico! Prima di iniziare a vendere foto nude e fare porno e così via, avevo difficoltà economiche; perciò, quando ho cominciato a guadagnare con i miei contenuti è stato un sollievo, e potevo dedicarci anche 40 o 50 ore a settimana. Ma c’è stato un momento in cui ho cominciato a essere esausta, e ho capito che si trattava di un lavoro vero proprio perché mi sentivo così. Evidentemente dovevo essere esausta per riuscire a capire che era un lavoro vero, un vero impiego, qualcosa di professionale, e non un hobby o qualcosa del genere.”

Lavorare su Onlyfans richiede, infatti, una combinazione di capacità organizzative, abilità comunicative e relazionali, creatività, e competenze digitali. È necessario disporre di uno spazio personale e di dispositivi per produrre contenuti, una connessione Internet veloce per interagire con gli utenti e realizzare spettacoli in diretta, nonché una varietà di abbigliamento, accessori e strumenti per offrire contenuti sempre nuovi e diversificati.

L’importanza delle relazioni interpersonali

Ma ancor di più, ciò che distingue Onlyfans da altri siti web di intrattenimento per adulti è l’importanza attribuita alle relazioni interpersonali, come sottolinea Lissandro, un creatore di contenuti con esperienza anche in altri contesti: “Pornhub e Onlyfans sono completamente diversi. Quando ho iniziato a fare video, Pornhub assomigliava a YouTube: caricavi gratuitamente e venivi pagato in base al pubblico che ti guardava. Onlyfans, invece, ti paga per flirtare, non solo per girare video. Per esempio, chiedo agli utenti 20$ per 15 minuti di conversazione, se poi vogliono anche dei contenuti devono pagarli a parte”.

L’interazione è dunque al centro del servizio offerto dai creatori di contenuti su Onlyfans. Anche se la comunicazione tende a essere fortemente sessualizzata, Caterina chiarisce come il ruolo dei creatori si limiti spesso a quello di tenere compagnia agli utenti: “Penso che gran parte del mio lavoro sia semplicemente colmare un vuoto nella vita degli altri, [gli utenti] vogliono solo qualcuno con cui sentire una connessione. Gran parte del mio lavoro non è davvero sessuale.

È più una questione di far compagnia alle persone, dare amore a persone che non hanno l’opportunità di riceverlo nella loro vita reale.” L’importanza della dimensione affettiva suggerisce come quello dei sex worker digitali sia vissuto essenzialmente come un lavoro di cura, aspetto che emerge chiaramente nella testimonianza di Eugenia: “Dico sempre che il sex work è un lavoro sociale, che noi sex workers siamo un po’ degli assistenti sociali, perché la maggior parte dei clienti sono persone tristi, un po’ sole, insomma devi essere preparato ad essere la spalla digitale su cui le persone vengono a piangere”.

Queste esperienze vissute dai soggetti coinvolti nella ricerca ci aiutano quindi a riconoscere la complessità del lavoro dei creatori di contenuti su Onlyfans e a superare la percezione, tanto diffusa quanto ingiusta, che il lavoro digitale sia poco più che un passatempo facile e ben retribuito. Perché non è facile e riuscire a guadagnare somme ingenti è più arduo di quanto non si creda. È un lavoro con tutti i crismi; come spesso accade con il lavoro nel capitalismo digitale, duro e stressante.

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