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L’occasione persa dell’Europa e della sinsitra


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L’avvio della globalizzazione è stata un’occasione persa per ridisegnare le nostre società e le regole globali.  Dall’Europa per l’interazione tra i diversi livelli della lotta politica (mondiale, europeo e nazionale) e l’assenza di un governo federale europeo, ovvero di un’Europa soggetto politico. La sinistra per l’opposizione di Mitterrand prima e di Blair poi all’unificazione politica dell’Europa.

Il crollo del Muro di Berlino ha comportato il ritorno del problema tedesco. Francia, Regno Unito e Italia erano contrarie alla riunificazione, ma non avevano la forza di fermarla, mentre gli USA e l’URSS non erano disponibili a farlo. Per assicurarsi una Germania europea invece di un’Europa tedesca, si realizzò l’unione monetaria, cioè l’europeizzazione del Marco, simbolo e strumento della sua potenza economica tedesca.

Usammo 2 opposti modelli di unione monetaria in Germania e in Europa. La riunificazione politica tedesca includeva l’unificazione monetaria tra le due Germanie, in cui il governo federale realizzava gli investimenti e i trasferimenti per la convergenza della Germania orientale verso gli standard occidentali, in un’ottica di solidarietà. La Germania propose di creare anche l’unione economica e politica europea. Ma la Francia di Mitterrand rifiutò di condividere la sovranità in materia economica, fiscale e politica. Perciò l’unione monetaria europea prevedeva criteri di convergenza e “compiti a casa” per ciascuno Stato senza una capacità di bilancio comune adeguata: 5-6% del PIL europeo secondo il Rapporto McDougall della Commissione europea, ma il bilancio UE era, ed è, l’1% del PIL.

La riunificazione tedesca portò un aumento dei tassi in Germania, e nel quadro del Sistema Monetario Europeo a un aumento generalizzato dei tassi. Ciò rese più oneroso il risanamento dei bilanci. E favorì lo sviluppo dell’euroscetticismo, specie in Francia, il cui rifiuto di creare una sovranità europea non evitò la perdita della sovranità nazionale.

Alle presidenziali vinse Chirac (il quale ebbe un’evoluzione sulla questione dell’UE nel corso degli anni: da “proto-sovranista” negli anni ’70, divenne poi successivamente un europeista moderato) – contro Balladour (gaullista europeista) e Jospin (socialista europeista) – che fece i testi atomici a Mururoa, ma cercò di rispettare i parametri di Maastricht. Alle politiche anticipate Jospin attaccò “l’Europa dei banchieri”, vinse e presentò un bilancio per centrare i parametri. Tutti dovevano rispettare i parametri: la sovranità fiscale era persa.

Il trattato di Maastricht

Il Trattato di Maastricht era monco. Sul piano economico mancava una capacità fiscale e un bilancio federale, per cui non venne realizzato il Piano Delors, i cui pilastri 30 anni dopo sono diventati il Next Generation EU. Sul piano politico all’UE veniva data una nuova competenza in politica estera e di sicurezza, ma nessun potere, nessuna istituzione, nessun meccanismo decisionale. Così subito si divise sulle guerre nella ex-Yugoslavia. Gli Stati membri rifiutarono di superare l’unanimità, di approfondire l’integrazione per realizzare in modo diverso l’unione monetaria e per allargare rapidamente l’UE. Ciò aprì la strada all’allargamento della NATO come garanzia di sicurezza per i Paesi usciti dal dominio sovietico.

In Italia Maastricht obbligò al risanamento e rese possibile da un lato Mani pulite e dall’altro l’attacco a lira, sterlina e peseta, perché non sarebbero entrare nell’euro. Ciò portò al crollo del sistema politico italiano, alla discesa in campo di Berlusconi; alla vittoria nel 1996 di Prodi con il sostegno di Confindustria e sindacati, che puntavano sull’entrata nell’Euro. Un successo incompreso, come mostrano i discorsi di Ciampi Presidente della Repubblica. L’ingresso nell’euro era l’iscrizione alla gara: d’ora in poi si compete sull’innovazione di prodotto e processo, senza svalutazioni competitive. Ma per gli italiani era aver vinto: dopo la rincorsa era ora di riposare. Anche perché l’ingresso dell’euro portò una riduzione dei tassi con un risparmio di oltre il 4% del PIL di interessi sul debito.

Maastricht obbligò anche gli USA di Clinton al risanamento, per evitare il rischio che l’Euro potesse minacciare l’egemonia del dollaro, e a spingere sull’integrazione regionale con il Nafta.

Unione Europea

La sinistra europea

In questa fase la sinistra europea era divisa e incapace di “forzare” su fiscalità e bilancio europeo per finanziare il Piano Delors, per l’opposizione dello stesso MitTerrand. Poi si trovò costretta al risanamento per non danneggiare i più poveri, perché senza ingresso nell’Euro sarebbero tornati tassi alti e inflazione. E quindi a promuovere riforme strutturali (come Schroeder in Germania) per mantenere la competitività nel contesto della moneta unica, nata il 1/1/1999, con un cambio di 1,16$.

L’avvio della circolazione fisica dell’euro fu funestato dalla concomitanza con lo shock petrolifero successivo all’11 settembre 2001, quando in un anno il prezzo del petrolio passò da 18 a 154$ al barile, comportando un’impennata dell’inflazione. Ma non abbiamo l’espressione “shock petrolifero” per il 2001-2 perché “attenuato” dalla rivalutazione dell’Euro (da 0,75 a 1,45 $). Ma l’euro è stato il capro espiatorio, individuato come causa dell’inflazione, che invece contribuì a limitare. Così l’Euro non fu subito un passo nella costruzione dell’identità europea.

Era già successo. Il progetto della moneta unica nacque inizialmente come risposta alla fine del sistema monetario di Bretton Woods nel 1971, e il Piano Werner per l’unione monetaria entro il 1980 deragliò a causa dello shock petrolifero del 1973. Quello shock causò l’euroscetticismo nei Paesi che entrarono nella CEE nel 1973 (Regno Unito, Irlanda e Danimarca) con la promessa di “crescita e occupazione” e si trovarono di fronte la peggior recessione dal 1929.

Il pensiero neo-liberale e il momento unipolare favorirono scelte come l’ingresso della Cina dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, e ne favorì l’ascesa. Questa ha comportato una drastica riduzione della fame nel mondo, specie in Cina, India e sud-est asiatico, legata al processo di delocalizzione produttiva. Inoltre, ha portato a uno spostamento strutturale del focus strategico americano sul Pacifico.

Il risultato fu la destabilizzazione del Medio Oriente e del Nord Africa, alla caduta di regimi autoritari ma filo-occidentali, a guerre civili, instabilità e migrazioni. Per l’assenza di un’Europa politica in grado di sostenere la stabilità dell’area. L’assenza di una difesa europea fa sì che i suoi Stati membri insieme abbiano la terza spesa militare mondiale, quasi il triplo della Russia, senza alcuna capacità di deterrenza, come mostra l’invasione dell’Ucraina. In quella fase l’opposizione di Blair all’unità politica e all’integrazione militare e il sostegno alle campagne militari di Bush hanno impedito qualunque avanzamento e una linea comune della sinistra europea.

Regolamentazione della finanza e del mercato mondiale

Negli anni’90 l’Europa era presa dalla realizzazione dell’unione monetaria. E dopo il 2008 dalla crisi di un’unione solo monetaria, che rendeva impossibile sia uno stimolo fiscale europeo, che quelli nazionali.  Così, fu incapace di imporre una regolamentazione della finanza e del mercato mondiale sul modello del mercato unico europeo, che non è auto-regolato, ma si fonda su standard sociali, ambientali, regole condivise, strumenti anti-trust, vigilanza, fondi strutturali, diritti garantiti.

E incapace di vedere e affrontare le sfide mondiali e l’ascesa degli Stati di dimensioni continentali, che rendono ancora più urgente la sua unità politica ed economica. La pandemia ha rappresentato uno shock simmetrico cui ha risposto in modo solidale attraverso la BCE e il debito comune per finanziare il Next Generation EU e SURE. E ora si impegna a sostenere l’Ucraina, a investire nella transizione ecologica e digitale, ma anche sulla tutela dei riders, sul salario minimo, e la costruzione del pilastro sociale europeo. Così anche il consenso popolare per l’Europa è risalito.

La sfida si ripresenta oggi, dopo la Conferenza sul futuro dell’Europa e l’invasione russa dell’Ucraina, in un contesto geopolitico drammatico, e con il tentativo del Parlamento europeo di proporre una riforma organica dei Trattati. Saprà la sinistra raggiungere l’unità politica dell’Europa, per avere un livello di governo in grado di pensare il futuro, guidare e investire sulle trasformazioni della società.

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