Il caso di Ustica
Fino a pochi anni fa il passato era luminosamente chiaro in quanto in esso si rispecchiava un presente che conteneva il sé anche il domani, un futuro concepito come l’orizzonte del presente. Il tempo d’oggi invece non sembra più poterlo indicare, quel futuro, e al contempo pare sganciarsi dal passato. Tra crisi climatica, epidemie senza precedenti e guerra, la concezione della storia come sviluppo continuo e ininterrotto si è fatta via via più incerta e soprattutto meno incardinata su una secolare, ininterrotta crescita. Un’idea di storia imperniata sulla modernizzazione occidentale, imperiosa e progressiva, è venuta esaurendosi ed è stata sostituita da un’altra, legata solo a quei fatti del passato che parlano al presente e che consentono un dialogo serrato con ciò che va accadendo. Vera protagonista del rapporto collettivo col passato è così la nuova stella da tempo emersa nel firmamento dei media, la memoria storica. Rappresenta un buon esempio per spiegare questa differenza.
Nella sensibilità collettiva odierna non vi è però una chiara coscienza di come e quanto la storia e la memoria storica siano due cose diverse. La memoria storica, imbevuta delle urgenze del presente, delle domande importanti che siamo obbligati a rivolgere al passato, delle esperienze, sofferenze e ricordi dei soggetti collettivi e dei singoli individui, trova nei media – sia tradizionali sia disposti nella nuova dimensione onnicomprensiva dell’on-line – un terreno elettivo che tende a marginalizzare o ad escludere la storia vera e propria, e cioè lo spazio autonomi d’indagine scientifica sulle vicende accadute in un tempo passato.
A 45 anni di distanza dall’evento tragico (81 vittime) del 27 giugno del 1980, una vicenda giudiziaria tormentata e viziata da ripetuti tentativi di depistaggio è venuta disponendosi nel tempo e accumulando sull’accaduto una mole enorme di materiali documentari. A parte i numerosi libri sul tema anche solo la “pagina” di wikipedia relativa alla vicenda conta 150.000 caratteri, qualcosa come una settantina di pagine piene di informazioni su inchieste, processi, intercettazioni, testimonianze, verifiche tecniche.
Soprattutto, dopo le dichiarazioni alla magistratura dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, nel 2008, ha preso corpo la tesi di un attacco missilistico compiuto da forze armate francesi o comunque Nato contro un aereo libico che volava vicino al volo Itavia IH870 abbattuto. Non si sa poi se tale aereo sia il MIG 23 libico caduto nei boschi di Castesilano in Calabria e ritrovato il 18 luglio. Alte ipotesi sulle cause (bomba a bordo, cedimento strutturale) o sui mandanti sono state ripetutamente formulate, senza giungere tuttavia a una verità condivisa.

1985 – 1992
Perché parlare di Ustica oggi
Colpisce tuttavia quanto poco la discussione su Ustica, così rilevante sul piano della memoria storica, abbia spinto i media e l’opinione pubblica ad interrogarsi sui tratti essenziali della situazione strategica e geopolitica mediterranea del 1980. A inquadrare cioè quell’evento in un contesto storico determinato.
Il 1980 fu un anno segnato, prima della strage di Ustica, da un avvenimento decisivo e di cui oggi però si parla poco: a Venezia, il 13 giugno 1980, la CEE (non c’era ancora l’Unione europea) intervenne sulla questione israelo-palestinese proclamando ufficialmente il diritto dei due popoli a due stati, schierandosi per la rivendicazione palestinese all’autodeterminazione, riconoscendo l’OLP e chiedendo il ritiro d’Israele dai territori occupati.

Nei mesi successivi…
Dopo la strage di Ustica, si avranno poi tre sanguinosi attentati, di marca neofascista e rivendicati da una presunta “internazionale nera”, quelli alla stazione di Bologna (2 agosto); all’Oktoberfest di Monaco di Baviera (26 settembre); e in rue Copernic, di fronte a una sinagoga, a Parigi (3 ottobre). In verità un’internazionale nera vera e propria ormai, dopo la rivoluzione dei garofani (1974) a Lisbona (dove negli anni settanta esisteva) e il passaggio alla democrazia della Spagna e della Grecia non aveva più basi solide in Europa, mentre nel mondo palestinese circolavano soggetti come Carlos o Abu Nidal postisi a capo di gruppi terroristici di assai difficile catalogazione, e sospetti di azioni armate a pagamento.
Un approccio storico corretto alla strage di Ustica imporrebbe allora uno sguardo più ampio, ricostruendo un contesto popolato da diversi attori con differenti e contrastanti strategie, in una fase di forte tensione internazionale segnata dall’inizio della crisi di un mondo bipolare, dal truce protagonismo delle potenze dell’area (da Gheddafi a Bashar al-Assad a Saddam Hussein) e da un particolare momento del perdurante conflitto israelo-palestinese. Guardando attraverso questo orizzonte complesso la storia, più della memoria storica, può aiutare a capire il passato.

Riceviamo e pubblichiamo una nota sull’editoriale che avete appena letto, a firma di Cora Ranci, Lorenzo Balbi e Elena Pirazzoli, clicca qui