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Il ratto e le streghe


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Alla fine del 1969 Rat Subterranean News rappresentava tutto il bene e tutto il male della stampa alternativa statunitense. Era provocatorio, strafottente e maleducato; stampato su carta povera e impaginato alla meglio, riusciva però a essere graficamente accattivante grazie all’inventiva dei suoi collaboratori.

Nei suoi quasi due anni di vita il quindicinale animato da Jeff Shero e soci si era costruito una solida reputazione di giornale controculturale e una base di lettori che ne assicurava la sopravvivenza economica – al netto di qualche debito con le tipografie.

Una prospettiva radicale

Fin dal marzo del 1968, quando aveva dato inizio alle sue attività, il Rat aveva raccontato – dalla sua prospettiva radicale – eventi di primissimo piano per la storia del secondo Novecento: sia che fossero capitati dietro casa, come la rivolta dello Stonewall Inn, sia che fossero avvenuti a distanze siderali, come lo sbarco sulla Luna. Aveva intervistato Jimi Hendrix e ospitato contributi di William Burroughs. Aveva sbeffeggiato la Beatlesmania, inventando la bufala della presunta morte di Paul McCartney, e parodiato Wall Street con un listino dei prezzi della droga sulle maggiori piazze di spaccio newyorchesi.

Come altre testate del movimento, Rat cavalcava la domanda di contenuti sessualmente espliciti, che cresceva favorita dalle istanze del movimento di liberazione sessuale e dall’atteggiamento sempre più rilassato degli organi di censura. Bisognava, del resto, far quadrare i conti, e il ricorso a copertine piccanti e slogan ammiccanti faceva impennare le vendite della rivista, a riprova di come il sesso – e soprattutto il corpo femminile ridotto a oggetto – fosse merce ricercata anche fra i lettori più anti-establishment. Di ciò, la redazione era ben consapevole e non mancò di farlo notare ai suoi hypocrite lecteurs.

L’ondata femminista

Questa spregiudicata esibizione di nudità, tuttavia, divenne sempre più difficile da conciliare con le istanze fieramente anti-pornografia di una parte della seconda ondata femminista, che andava diffondendosi proprio in quegli anni in tutti gli Stati Uniti e oltre.

A differenza delle loro antesignane, quelle femministe prima maniera che all’inizio del secolo avevano rivendicato per le donne soprattutto il diritto di voto e altre fondamentali condizioni di parità giuridica, le attiviste della seconda ondata muovevano all’ordine patriarcale una critica ancora più sistematica, che investiva anche temi apparentemente privati come la sessualità, le pratiche riproduttive e la struttura familiare.

Con la sua ambizione di sovvertire i rapporti di potere nella società, l’ondata femminista radicale tendeva naturalmente a confluire nel grande alveo dei movimenti giovanili degli anni Sessanta, a condividerne spazi e strumenti. Criticava però duramente la permanenza, anche nei gruppi più radicali, di pratiche giudicate oppressive e lesive della dignità delle donne.

Il ribaltone

Il Rat e le sue foto scollacciate, insomma, divennero un campo di battaglia, e ad alzare bandiera bianca, alla fine, furono i redattori maschi. Il 12 gennaio del 1970 un gruppo femminista dal nome programmatico, WITCH (“strega” in inglese e acronimo di Women International Terrorist Conspiracy from Hell, cioè “Cospirazione terroristica infernale internazionale delle donne”) prese il controllo del giornale, che nei mesi successivi venne epurato dagli uomini e guidato da uno staff di sole donne.

L’infuocato articolo Addio a tutto ciò, di Robin Morgan, uscì nel primo numero di febbraio e divenne presto un manifesto: vi si denunciava, fra le altre cose, l’impossibilità radicale per gli uomini – soggetti in fin dei conti sempre dominanti – di essere autenticamente rivoluzionari. Il cambiamento vero, l’unico degno del nome di rivoluzione, compete secondo Morgan solo alle donne, oppresse da un sistema patriarcale che troverebbe proprio nella pornografia uno dei suoi strumenti di dominio.

Il nuovo Rat

Il nuovo Rat, in seguito denominato Women’s libeRATion, fu uno dei primi periodici femministi della seconda ondata e aprì la strada a molte altre esperienze simili.

Nella seconda metà degli anni Settanta, poi, il dibattito sulla pornografia diventerà uno dei temi caldi in grado di aprire fratture nel movimento femminista radicale – insieme a quello del rapporto tra femminismo e questione razziale e al dibattito sull’inclusione di donne lesbiche e transgender nel movimento. Su questi temi, che – a ben guardare – alimentano ancora oggi il dibattito fra le varie anime del femminismo, si spaccò anche la redazione di Women liberRATion, che cessò le sue pubblicazioni per conflitti intestini nel 1972.

Nel Patrimonio di Fondazione Feltrinelli puoi consultare i fascicoli del Rat, di Women’s libeRATion e di numerosi altri periodici della controcultura americana. Consulta il catalogo e visita la mostra digitale.

→ Leggi il Catalogo
a cura di Marta Gara
e Postfazione di Bruno Cartosio

 

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