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La sfera pubblica come piattaforma: dalla disinformazione alla Fringe Democracy


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Il rapporto tra politica, media e dibattito pubblico ruota attorno alla qualità dell’informazione che circola in un paese e alle trasformazioni che stanno plasmando la comunicazione politica. Oggi, queste dinamiche sono caratterizzate non solo dalla circolazione di “fake news”, ma da politiche attive incentrate sul disordine informativo e su un linguaggio sempre più emotivo e carico di inciviltà.

Il dibattito pubblico è sempre più segnato da una comunicazione polarizzante che sfrutta immagini e meme – oggi anche generati dall’intelligenza artificiale come abbiamo visto durante la campagna per le europee – per suscitare indignazione tra elettrici ed elettori, sostenitrici e sostenitori. Queste strategie mirano a mobilitare emotivamente l’elettorato, in modo non dissimile da quanto avviene nella costruzione dei fandom, e a consolidare il sostegno attraverso tecniche retoriche mirate. Questo si verifica in un ecosistema mediale ibrido, in cui i media tradizionali interagiscono sempre più con gli spazi online nella produzione e diffusione di contenuti informativi, creando un cortocircuito che alimenta ulteriormente la polarizzazione nel dibattito pubblico.

Il discorso pubblico sulle piattaforme

Il contesto di cui discutiamo è definito da quella che possiamo chiamare “piattaformizzazione della sfera pubblica”. Un termine che si riferisce alla trasformazione delle piattaforme digitali come i social network, i motori di ricerca e i siti di condivisione di contenuti nei principali luoghi di comunicazione pubblica, d’interazione e dibattito.

Questo processo centralizza la comunicazione, rendendo queste piattaforme i principali hub dove le persone accedono alle notizie, condividono opinioni e partecipano a discussioni pubbliche. Coinvolge la mediazione algoritmica, dove complessi algoritmi curano e danno priorità ai contenuti, influenzando significativamente le informazioni che gli utenti vedono e come vengono presentate, modellando così l’opinione pubblica e il flusso di informazioni. Inoltre, queste piattaforme spesso operano su modelli commerciali che danno priorità all’engagement e ai ricavi pubblicitari, portando alla promozione di contenuti che generano più clic e condivisioni, a volte a scapito della precisione o della profondità.

La piattaformizzazione consente anche una partecipazione ampia, permettendo a chiunque abbia accesso a internet di contribuire al dibattito pubblico, democratizzando la comunicazione ma introducendo nuove sfide legate alla disinformazione, alla polarizzazione e alla diffusione di contenuti nocivi. Questo cambiamento solleva domande sui processi di regolamentazione, responsabilità e controllo, poiché le piattaforme esercitano un potere significativo nel modellare il discorso pubblico, suscitando preoccupazioni su censura, bias e necessità di mettere a punto meccanismi di governance trasparenti.

I media tradizionali sono spinti ad adattarsi a questi nuovi modelli di distribuzione e a competere all’interno dell’ecosistema guidato dalle piattaforme. In sintesi, la piattaformizzazione della sfera pubblica rappresenta un cambiamento significativo nel modo in cui la comunicazione pubblica è strutturata, mediata e vissuta, con profonde implicazioni per la democrazia, l’opinione pubblica e l’interazione sociale.

Cos’è la “fringe democracy”

È fondamentale discutere gli effetti dell’inciviltà discorsiva, della polarizzazione affettiva e delle diverse forme di disordine informativo che si generano in una sfera pubblica piattaformizzata. Ma occorre anche considerare l’emergere di nuove voci dissonanti e marginali che hanno raggiunto il centro della scena. Per molti anni, voci dissenzienti che si definiscono “alternative” o “anti-mainstream”, hanno sfruttato il potere di distribuzione delle piattaforme dei social media come “canali neutrali”, permettendo alle loro posizioni marginali di entrare nel mainstream e di influenzare il discorso pubblico e la politica istituzionale.

Queste voci, sempre più presenti nel dibattito pubblico, stanno modificando la natura stessa delle discussioni e (forse) della democrazia.
Il panorama contemporaneo delle piattaforme digitali è infatti caratterizzato da un intricato mix di spazi pubblici, semi-pubblici e privati. Questi spazi variano in termini di visibilità, regolamentazione e frequentazione, ma sono allo stesso tempo interconnessi attraverso dinamiche di migrazione reciproca tra ambienti marginali e mainstream. La comprensione di queste dinamiche è fondamentale per comprendere l’attuale deterioramento del dibattito pubblico e il modo in cui aumenta la concentrazione di elementi di tossicità.

Questo contesto generale che vede intrecciarsi meccanismi di piattaformizzazzione della sfera pubblica ed ascesa di posizioni marginali ed anti-mainstream è quello che definisco come “fringe democracy”. Invita a guardare a quei sistemi di pensiero, pratiche e movimenti politici che esistono alla periferia delle norme e dei valori democratici tradizionali, che diventano oggi più visibili nella sfera pubblica. Sebbene questi sistemi sfidino principi democratici consolidati, come il pluralismo, l’inclusività, il rispetto dei diritti delle minoranze e l’adesione allo Stato di diritto, il loro coinvolgimento sembra diventare sempre più strategico anche nelle dinamiche di costruzione del consenso da parte degli attori politici tradizionali.

Tali processi sono rafforzati dalla partecipazione delle cittadine e dei cittadini a piattaforme online alternative o “fringe”. Diverse ricerche hanno collegato questi spazi a ecosistemi di disinformazione, alla diffusione di narrazioni e ideologie cospirazioniste e alla normalizzazione del pensiero populista ed estremista. Numerosi episodi recenti, nonché una crescente letteratura accademica, hanno mostrato come esista una relazione interdipendente tra l’aumento degli spazi online alternativi e la crescita delle forme dell’estrema destra. Questi spazi online “appartati” possono funzionare come laboratori per lo sviluppo di punti di vista estremisti che penetrano progressivamente nel mainstream. Allo stesso tempo, però, danno voce a comunità emarginate e svantaggiate, rappresentando nuove risorse per il dibattito pubblico.

La relazione tra piattaformizzazione della sfera pubblica e democrazia fringe si spinge lungo diversi percorsi che diviene necessario esplorare: il modo in cui voci marginali – perché sottorappresentate o perché incompatibili con le norme dell’ordine democratico – vengono amplificate; le dinamiche che portano ideologie radicali a venire diffuse e normalizzate più di quanto lo siano nella società in generale; i processi di radicalizzazione basati su logiche di polarizzazione affettiva identitaria, che si costruiscono dalla combinazione di elementi “controcorrente” provenienti dai media di massa, dalle subculture digitali e da conversazioni quotidiane che intensificano l’odio tra fazioni; lo sviluppo di network transnazionali che mirano a produrre e distribuire i loro contenuti su questi spazi “fuori dai radar”. Ma è anche necessario affrontare riflessivamente le categorie stesse di “fringe”, “alternative” o “dark” che, come studiose/studiosi, giornaliste/giornalisti e diverse tipologie di osservatori, impieghiamo per osservare questi fenomeni: è possibile che da strumenti di comprensione diventino etichette che divaricano ulteriormente le distinzioni tra centro e periferia della sfera pubblica?

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