Cosa e perché
Il 13 maggio 1974 la televisione italiana annuncia in diretta i risultati del referendum abrogativo del divorzio: oltre 19 milioni di italiani ‒ il 59,1% dei votanti ‒ hanno scelto di non abrogare la legge Fortuna-Baslini che permette loro di divorziare, e che dopo un lungo e arroventato iter era stata approvata in Parlamento il 1° dicembre 1970. Un risultato coraggioso, che certifica e insieme amplifica quei processi di emancipazione in ebollizione nell’Italia del tempo, rivelando quanto profondamente i costumi e i valori della società civile siano già cambiati. Dopo il 1974 e la sconfitta del fronte del “sì”, si apre una nuova stagione, politica e culturale. Cinquant’anni dopo, ricostruiamo il contesto che ha portato a questo risultato storico per non dimenticare come le trasformazioni sociali spesso seguano traiettorie altalenanti, fatte di spinte in avanti e resistenze, e che nessun diritto è mai del tutto al sicuro.
Scopri la data
«Una grande vittoria della libertà,
della ragione e del diritto.
Una vittoria dell’Italia che è cambiata
e che vuole e può andare avanti»
Così commenta Enrico Berlinguer l’esito del voto.
Si veniva da anni ribelli, con i movimenti di protesta che mettevano in crisi apparati politici e visioni di mondo, opponendosi all’autorità, irradiando nuovi modi di entrare in relazione. Prima ancora che i palazzi del potere, erano le strade e le piazze, le università e le associazioni, a parlare di aborto, di libertà personale, di emancipazione economica della donna, di pillola contraccettiva, di famiglia non tradizionale e non indissolubile. La legge che istituisce il divorzio riflette quel pezzo di storia.
Ma la conquista finisce presto nel mirino del fronte anti-divorzista, che diffonde “Il messaggio dei 25”: un appello di esponenti del mondo cattolico per la raccolta delle cinquecentomila firme necessarie per chiedere un referendum abrogativo e cancellare la norma appena introdotta. Ne raccolgono un milione e quattrocentomila.
La campagna referendaria vede schierati sul versante del “sì” – cioè i contrati al divorzio – la Democrazia cristiana di Amintore Fanfani e il Movimento sociale italiano (partito neofascista di Giorgio Almirante). Dall’altro lato, sostengono il “no” all’abrogazione della legge il Partito socialista, comunista, radicale e gli altri partiti laici.
In breve il clima si scalda. «Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l’aborto, e dopo ancora il matrimonio tra omosessuali. Poi magari vostra moglie scapperà con una ragazzina», dirà Fanfani. Per fare breccia nell’elettorato la DC insiste sulla paura di peccare, il MSI si accanisce sulla concatenazione tra divorzio, droghe e aborto. E mentre entrambi insistono che dire sì al divorzio è dire sì “ai Rossi”, la campagna pro-divorzio usa la televisione per entrare nelle case degli italiani coinvolgendo registri del calibro di Ettore Scola e volti noti del mondo dello spettacolo, come Gigi Proietti e Gianni Morandi.
Quello che accade alle urne tra il 12 e il 13 maggio 1974 è un test politico sorprendente: una società civile che conferma di voler guardare avanti anziché arretrare; cittadine e cittadini che, chiamati a pronunciarsi, dicono “no” rivelando a partiti e istituzioni – come osserva Pasolini sul Corriere della Sera – di non essere più quelli di una volta. Perfino all’interno del mondo cattolico.
Se cinquant’anni dopo torniamo su quella data, allora, non è soltanto per ricordare il successo di un referendum che in parte ha cambiato i tratti dell’Italia, quanto per non dimenticare come le trasformazioni sociali spesso seguano traiettorie altalenanti, fatte di spinte in avanti e resistenze, e che qualsiasi libertà – anche quando conquistata con fatica, perfino dentro un sistema democratico – può essere messa in dubbio.
Lo facciamo attraverso le voci di Guido Crainz, Anna Mastromarino, Veronica Ronchi; una ricostruzione di cosa accadde quel giorno a cura di Alice Giglia e il commento alle fonti custodite nel nostro archivio di David Bidussa e Serena Rubinelli.
Leggi gli approfondimenti
Testi, interviste e riflessioni di ricercatrici e ricercatori cinquant’anni dopo il referendum abrogativo del divorzio.
Le battaglie degli anni ’70 e le reazioni della chiesa
Intervista a Mauro Magatti, sociologo ed economista
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Il legislatore di fronte alle trasformazioni sociali: tante domande
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Riflettere sul recepimento delle trasformazioni sociali da parte del legislatore è un’impresa tutt’altro che banale…
Gli intellettuali e il divorzio
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Il terzo occhio dell’intellettuale […] guardò partecipe il dibattito intorno alla legge sul divorzio e al successivo referendum abrogativo del 1974…
50 anni dal Referendum abrogativo del divorzio: 12-13 maggio 1974
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Nel corso degli anni ‘60 la struttura della famiglia si modifica, come la società tutta…
Esplora le radici storiche
Documenti dal patrimonio archivistico bibliografico della Fondazione Feltrinelli. Fonti storiche utili a leggere il nostro presente.
Il settimanale “Il Divorzio”
Primo numero nacque come organo ufficiale del Comitato centrale per la propugnazione del divorzio. Il Comitato venne fondato a Roma dall’avvocato Camillo De Benedetti nel settembre 1890 con lo scopo, come espresso chiaramente nel nome, di sensibilizzare l’opinione pubblica alla necessità di rendere il divorzio un istituto giuridico della legislazione italiana, come da proposta dell’allora deputato Tommaso Villa e, successivamente, del ministro della giustizia Giuseppe Zanardelli.
Sul periodico, diretto dallo stesso Camillo De Benedetti, si alternarono diverse voci notabili dell’epoca, oltre a quelle di Villa e Zanardelli: Cesare Lombroso, Alfred Naquet e Paolo Mantegazza. Non sembrano essere state presenti donne né in redazione né nel Comitato, ma la moglie è senza dubbio l’esempio di coniuge più citato a sostegno del divorzio: vittima di un marito assente o brutale, oppure adultera e “sconcia cortigiana”.
Il settimanale “Il Divorzio”
“Organo del comitato centrale per la propugnazione del divorzio, Roma, 2 Novembre 1890”
Dalla raccolta Affiches
Dalla raccolta Affiches, manifesti e caricature, cinque manifesti contro l’abrogazione del divorzio del Partito Radicale, Partito Comunista Italiano, Partito Comunista di Unità Proletaria, Partito Comunista (Marxista-Leninista) Italiano e di alcuni comitati e circoli cittadini milanesi.
Manifesto del Partito Radicale
“Rispondiamo NO al tentativo clerico-reazionario di abrogare il divorzio e continuiamo la lotta per i diritti civili con otto referendum popolari per abrogare”
Un manifesto del Partito Radicale a favore del “no”, 1974 tratto dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
Manifesto PCI
“12 maggio ’74/Referendum: NO alla DC e all’intolleranza;
15 giugno ’75/Elezioni: SI al PCI per il progresso e la libertà”
Un manifesto del PCI a favore del “no”, 1974 – tratto dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
Partito di Unità Proletaria
“Il Manifesto: partito di Unità Proletaria”
Un manifesto del Partito di Unità Proletaria a favore del “no”, 1974 tratto dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
Volantino del Partito comunista, 1974
“12 maggio via il governo Rumor che ha voluto il referendum”
Manifesto: Giornata popolare contro l’abrogazione del divorzio
Per difendere un diritto civile democratico.
Un manifesto a favore del “no” sul referendum del 1974 tratto dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.