Leggi lo speciale editoriale dedicato al colpo di stato in Cile dell’11 settembre 1973.
Testi di David Bidussa, Elena Cadamuro, Valerio Giannattasio, Anna Mastromarino, Spartaco Puttini,
Camillo Robertini, Serena Rubinelli, Cristian Scialpi.
11 settembre 1973
È l’11 settembre del 1973. Alle 7:55, via radio, il presidente del Cile Salvador Allende comunica al Paese che è in corso una sollevazione contro il governo.
Trentacinque minuti dopo, i militari golpisti guidati dal generale Pinochet dichiarano deposto il governo di Allende, che ribadisce la sua decisione di resistere a costo della vita pur di difendere il Paese, la sua tradizione, la Costituzione.
«Ho fede nel Cile e nel suo destino – dice poco dopo, asserragliato nel Palazzo Presidenziale La Moneda –. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.»
E invece alle 11:55 gli aerei dei golpisti iniziano a bombardare la Moneda e, in poco meno di due ore, i militari entrano nel palazzo.
Alle 14:00, Allende viene trovato morto.
Si spegne così, con un violento colpo di Stato, la democrazia in Cile e, insieme, l’esperimento istituzionale guidato da Allende,
simbolo di una strada nuova per il socialismo e di un progetto di trasformazione radicale delle istituzioni politiche ed economiche del Paese.
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a cura di Cristian Scialpi
La democrazia di cristallo
Dal 1970, anno in cui entra in carica, il piano di Salvador Allende era stato quello di redistribuire la ricchezza di un Paese attraversato da profonde disuguaglianze, con una piccola élite di benestanti e milioni di cileni tenuti sul fondo della piramide sociale, in povertà, ai margini della vita politica.
«Tutti elementi – scrive nel suo editoriale Spartaco Puttini – che facevano guardare al Cile come a un possibile laboratorio della strategia della democrazia progressiva (capace cioè progressivamente di integrare le masse popolari, le loro voci e i loro interessi all’interno dello Stato). Una strategia che la sinistra italiana (e in particolare il Partito comunista che ne rappresentava la forza preponderante) avevano varato come loro bussola nei decenni precedenti.»
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a cura di Spartaco Puttini
Un’intervista a Patricio Guzmàn
Una guida ai contenuti dello speciale 1973- 2023: il Cile vive!
videointervista esclusiva al regista cileno Patricio Guzmàn
a cura di Massimiliano Tarantino, direttore di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
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a cura di Massimiliano Tarantino
La dittatura di Pinochet
Dopo quell’11 settembre per il Cile si apre una parentesi buia, fatta di violazioni dei diritti umani, omicidi politici, torture, desaparecidos.
Le organizzazioni politiche e sociali vengono sciolte; i media censurati; la libertà, di fatto, sedata. E anche quando, nel 1990, il Paese torna sulla strada della democrazia con l’elezione di Patricio Aylwin, la dittatura si incolla come un fantasma alla memoria collettiva del Paese.
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a cura di David Bidussa e Elena Cadamuro
Rivoluzione, riformismo o reazione?
Un colloquio tra il filosofo Régis Debray e il Presidente Salvador Allende
Régis Debray: «Compagno presidente, secondo lei un uomo cambia quando è al potere?»
Salvador Allende: «Senti Régis, mi hanno sempre chiamato il compagno Allende, ora mi chiamano il compagno presidente. Evidentemente io sento la responsabilità che questo comporta».
Con questa domanda, apparentemente ingenua, il filosofo francese Régis Debray inizia la sua intervista a Salvador Allende, neopresidente del Cile, condotta a inizio gennaio 1971…
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a cura di Serena Rubinelli
Il golpe cileno attraverso i documenti d’archivio
Consulta le fonti
Prima comunicazione, a.1, n.4, ottobre 1973, pp.27-29.
La censura della Tv fa cadere nel vuoto l’intervista di Rossellini ad Allende
di Tiziana Maiolo
Scarica la fonte
…A sei mesi dal golpe
“L’Espresso colore”, Qui fu Santiago,
di Gabriel Garcia Marquez
24 febbraio 1974
Scarica la fonte
Il golpe in Cile: il passato al presente
Cinquant’anni dopo, che significato ha guardare oltreoceano? In che misura la storia cilena fa eco col presente e interroga le nostre democrazie stanche e in affanno?
Scrive ancora Puttini: «Anche oggi l’America Latina rappresenta un laboratorio interessante per le democrazie mature, forse soprattutto per il versante progressista. Negli ultimi decenni dall’altra parte dell’Atlantico si sono affermati nuovi modi di aggregazione, costruzione delle piattaforme di proposte, coalizioni sociali tra soggetti diversi (associazioni, comitati, sindacati, partiti) sulla base della discussione aperta di un programma di azione condiviso. Proprio l’esperimento cileno, con le sue espressioni di democrazia diretta e i volti del governo Boric che provengono in larga misura dai movimenti sociali ne è chiara espressione. Non si tratta, sia chiaro, di un’affermazione incontrastata e di esperienze di sicuro successo. Traiettorie simili non esistono mai nella storia. Ma se pensiamo al baratro in cui quel continente era precipitato 50 anni fa non possiamo che mostrare attenzione verso il lungo cammino intrapreso per poter affermare ancora una volta “c’è e serve un’alternativa!”»
E allora, se torniamo a percorrere quella frattura – raccontandola attraverso gli sguardi di David Bidussa, Elena Cadamuro, Valerio Giannattasio, Anna Mastromarino, Camillo Robertini, Serena Rubinelli, Cristian Scialpi; pezzi del nostro patrimonio documentale; le pagine del libro Cile, un popolo in movimento di Gloria De La Fuente e Juan Pablo Luna; la prima puntata del podcast Biografie non autorizzate dedicata a Isabel Allende, nipote del presidente e voce della memoria cilena – lo facciamo da un lato con il desiderio di arricchirne il ricordo, dall’altro con la voglia di tenere accesa la scintilla della curiosità verso le trasformazioni politiche e sociali contemporanee. Dopotutto, come osserva Puttini, «spesso per trovare risposte alla domanda di “migliore politica” è opportuno specchiarsi nelle esperienze che oggi caratterizzano altri contesti e nelle sfide che questi attraversano. Perché in qualche modo finiscono sempre per parlare anche di noi.»
Biografie non autorizzateAscolta il podcast
Intellettuali che hanno saputo incarnare forme di impegno politico e civile; donne e uomini inquieti, che hanno rifiutato l’indifferenza, indignandosi e disobbedendo.
Primo episodio: Isabel Allende, la memoria e il Cile
Una vita più volte strappata e ricucita, spezzata e ricomposta. Una penna che scava nel passato e nella memoria. Autrice di successi letterari come La casa degli spiriti, Eva Luna, Paula, Isabel Allende è la voce della memoria cilena. A partire dal golpe del 1973 che, segnando un prima e un dopo nella storia politica e civile del Paese, torna come un fantasma in molte pagine della sua letteratura.
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Cile un popolo in movimento
A cura di
di Gloria De La Fuente e Juan Pablo Luna
La “zona grigia” del consenso, tra fascismo e democrazia
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