USA: Quo Vadis?


Articolo tratto dal N. 54 di Il capitalismo nuoce gravemente Immagine copertina della newsletter

Secondo una proiezione del Congressional Budget Office, un ufficio parlamentare indipendente, il debito pubblico degli Stati Uniti arriverebbe al 155% del Pil nel 2055, maggiore in proporzione di quello dell’Italia e della Grecia. Un economista conservatore, Gregory Mankiw, uscito dal Partito Repubblicano in dissenso con la politica economica di Trump, ha sostenuto che ci sono cinque possibili vie di uscita per il debito, che egli considera tendenzialmente insostenibile:  

  • Una sorpresa positiva nel tasso di crescita per effetto delle nuove tecnologie digitali, che secondo qualche voce abbastanza isolata potrebbe passare dalla media storica del 3% annuo al doppio. Non è successo con Internet, non è chiaro perché dovrebbe accadere con Intelligenza Artificiale e dintorni. 
  • Un default sul debito, che per quanto sembri del tutto impensabile, ha un precedente, quando Roosevelt abrogò la clausola che offriva garanzia aurea ai titoli del Tesoro. Trump non ha mai negato che in caso di necessità potrebbe unilateralmente tagliare il rimborso del debito (letteralmente ha detto ‘ di metà’ ad un intervistatore nel 2016). 
  • Espansione monetaria su larga scala, con intrusione del governo nella politica della Federal Reserve (FED), la banca centrale americana fino al punto di creare una inflazione sufficientemente elevata da fare perdere valore reale al debito nominale (si è vista la pressione per fare dimettere il presidente della FED e una componente (afroamericana).  
  • Tagli considerevoli alla spesa pubblica. Questi, a differenza di quanto ha fatto il DOGE – il Ministero dell’Efficienza Governativa di Elon Musk – non possono efficacemente concentrarsi solo sui dipendenti pubblici, che, militari esclusi, valgono solo il 4% del bilancio federale. Per avere qualche efficacia i tagli dovrebbero riguardare protezione sociale e sanità che valgono metà del bilancio federale. Osservo a riguardo, che la legge di bilancio approvata nel luglio 2025 taglia il programma per la salute Medicaid di quasi 1000 miliardi USD in dieci anni, ma non è definitiva, mancando ai Repubblicani i voti al Senato per una maggioranza qualificata. Per quanto questo taglio sia sufficiente a privare di assistenza oltre dieci milioni di cittadini e di immigrati, una analisi stato per stato (il programma per lo più cofinanzia pagamenti gestiti a quel livello) rivela che tre quarti dei tagli si materializzeranno solo fra il 2030 ed il 2034.  
  • Un aumento delle imposte prendendo atto che USA ha entrate tributarie in rapporto al Pil nettamente inferiori alla media OCSE. Mankiw stima le mancate entrate al 4% del Pil (cita un altro autorevole economista, Kotlikoff, che lo stima al 7%). Questo richiederebbe, se non accompagnato da altre misure di bilancio, un aumento delle imposte del 14%, che a parere di Mankiw non potrebbe essere basato solo sulla tassazione dei più ricchi, ma potrebbe essere ottenuto introducendo negli Usa una imposta sul valore aggiunto come l’iva (il cui gettito nella media Ocse è del 7% del pil). Una ipotesi oggi politicamente improponibile. 

Di qui la improbabile scommessa di Trump di colmare la voragine con i dazi. Se gli USA si avviano verso un azzardato esperimento neomercantilista, fiscalmente regressivo, neonazionalista e isolazionista, la domanda rilevante è questa: quella cui assistiamo è una vicenda occasionale legata alla personalità di Trump e della sua corte dei miracoli? È solo un problema americano? La tesi che propongo è che Trump sia l’espressione angosciata di una malattia senile del capitalismo, che si esprime come crisi dello Stato. Se negli Usa, come era accaduto con Thatcher in UK questa dinamica si vede meglio è perché quelle sono state, in sequenza storica, le due nazioni-capitali dell’impero. Fanno la voce grossa perché sono in declino. Paradossalmente, si aprirebbe una stagione di opportunità per una transizione postcapitalista, forse già iniziata.  


*Questo testo è una anticipazione del capitolo sugli USA in un libro in corso di pubblicazione (Feltrinelli 2026) 

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