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Cos’è la destra, cos’è la sinistra

Alla ricerca del welfare europeo


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Nella storia della Ue, sono molte le pagine che sono state scritte a riguardo dell’integrazione economica e dei mercati, e poche quelle sull’integrazione delle politiche sociali. I governi, spesso gelosi dei propri welfare state nazionali, hanno cercato di mantenere il controllo sulle proprie politiche sociali; il Mercato Unico avrebbe dovuto creare prosperità per tutti, e gli Stati avrebbero dovuto redistribuirla poi al loro interno. La crisi del 2010 ha messo in luce come questa divisione di ruoli non potesse più funzionare. Gli effetti asimmetrici della crisi hanno infatti manifestato come alcuni Stati Membri fossero più fragili di altri da un punto di vista economico e sociale, e come i piani di austerity contribuissero ad alimentare la crisi sociale in questi Stati.

Dal 2015, l’Ue ha conosciuto una stagione di maggior attivismo nel campo delle politiche sociali. Il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali del 2015 è sicuramente una delle iniziative di maggior rilevanza; successivamente, la tutela dei posti di lavoro durante la crisi COVID (attraverso SURE) e la recente Direttiva sul Salario Minimo hanno confermato la volontà, da parte dell’Ue, di creare o rafforzare le tutele sociali in Europa. La politica sociale è considerata, in larga parte, una questione non controversa. Questo significa che la contrarietà alla questione non riguarda tanto la politica sociale in sé, quanto piuttosto i costi economici che questa comporterebbe, in termini di maggiori tasse, perdita di competitività delle imprese o, nel caso europeo, anche trasferimenti finanziari tra Stati.

Non stupisce quindi che la maggioranza assoluta degli europei esprima un parere positivo rispetto all’opportunità di conferire maggiori poteri alla Ue in termini di politica sociale. I dati del sondaggio SOLID (ERC n. 810356) condotto nel 2022 su un campione di circa 32 mila residenti provenienti da 15 Paesi Ue più il Regno Unito, mostrano come circa il 69% dei rispondenti vogliano per la Ue “un ruolo più attivo” nel welfare sociale e nella lotta contro la disoccupazione e la povertà, a fronte di un 10% che vorrebbe un ruolo meno attivo, e un 18% che si accontenterebbe di quanto la Ue sta già facendo.

A fronte di questi dati, quali sono le proposte programmatiche delle famiglie europee di voto sulle politiche sociali Ue per il periodo 2024-2029?

L’Europa sociale vista dai partiti europei

La proposta sociale del Partito Socialista Europeo (PES) si poggia su un alto numero di misure di policy. La prima misura riguarda creazione di una roadmap per la creazione di lavori di qualità e ben pagati, un obiettivo ritenuto prioritario nel quadro dell’inflazione. Tra le varie sfide da affrontare, il PES indica l’intelligenza artificiale, il gender gap, e la riduzione dei tempi di lavoro. A livello sovranazionale, il PES ribadisce il suo impegno nell’implementazione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali. In termini di transizione ecologica, il PES si impegna a sostenere i lavoratori attraverso misure di reskilling. Tra le altre misure rilevanti, il PES si impegna a fare del problema abitativo una questione europea attraverso la creazione di un Piano Europeo per housing a prezzi accessibili.

Il mix di politica sociale della Sinistra Europea vede al primo posto la lotta alla povertà, che farebbe leva sul diritto a un housing a prezzi accessibili stabilito per regolamento europeo e il diritto legale alle cure mediche. Inoltre, in termini di lavoro, la Sinistra Europea propone l’adozione di una direttiva vincolante sui salari minimi, i cui livelli di remunerazione siano stabiliti in modo da garantire a tutti livelli di vita decenti. In termini di educazione e ricerca, la Sinistra Europea propone di allocare il 7% del PIL europeo a queste attività.

La garanzia di salari decenti è al centro delle proposte programmatiche dei Verdi Europei, in particolare in riferimento ai lavoratori di piattaforma. Per sradicare la povertà, i Verdi prevedono l’introduzione di un reddito minimo (al 60% del reddito mediano) che permetta una transizione meno traumatica da un lavoro all’altro e dia la possibilità di vivere a chi non può lavorare. Allo stesso tempo, i Verdi intendono rafforzare gli strumenti di contrattazione collettiva e i sindacati, formalizzati attraverso una Legge di Giusta Transizione. Si registra un forte impegno per quanto riguarda gli aspetti legati al lavoro digitale (diritto di disconnessione) e al gender pay gap.

Passando ai liberali europei (ALDE), la componente del manifesto riconducibile alla sfera del sociale è concentrata quasi esclusivamente sul mondo del lavoro e delle skills. Proprio attorno all’aggiornamento dei lavoratori e alla formazione dei ‘nuovi entranti’ nel mercato si focalizza l’attenzione dei liberali: maggiori capacità linguistiche e informatiche devono divenire la priorità, così come un primo contatto con le tecnologie del futuro (anche in ottica delle transizione verde e digitale). Non mancano proposte per una maggiore socializzazione dei giovani all’Europa (ad esempio attraverso pass Interrail gratuiti), stimolando prospettive di futura mobilità nel mercato unico. Il manifesto si presenta tuttavia rivolto prevalentemente a imprenditori e liberi professionisti, con dunque molta più deburocratizzazione che Europa sociale.

Molto diverso il discorso relativo ai Popolari Europei (PPE). Ribadendo la bandiera della ‘economia sociale di mercato’, il manifesto si pone a difesa dell’eccellenza europea chiamata welfare state, un unicum mondiale. Con una prospettiva più conservativa che espansionista, forte accento viene specialmente messo sulle necessità del settore sanitario, anche in vista dell’invecchiamento demografico (con i cittadini più agé che rientrano tra i gruppi a cui i Popolari fanno l’occhiolino). La difesa del welfare state diviene per il PPE difesa dello specifico ‘Stile di vita europeo’, e assurge dunque a carattere identitario. Nel complesso, come da dogma della social market economy, l’equilibrio ricercato resta quello tra esigenze sociali e competitività e regole del mercato: in questa chiave vanno letti gli ampi riferimenti a formazione professionale, aggiornamento delle skills, necessità di più ampia occupazione femminile.

Sostanzialmente privo di elementi sociali è invece il manifesto dei conservatori (ECR), che nella sezione economica si presenta come guidato da un classico approccio ‘liberal-conservatore’ orientato alle esigenze del libero mercato, del governo limitato e della proprietà privata. La cura ai mali sociali è quindi identificata proprio nel mercato stesso, con le sue prospettive di fiorente prosperità una volta eliminate le concorrenze sleali, le barriere illegali e una volta difesi i principi di condizioni di lavoro etiche e di inviolabile proprietà intellettuale. In modo indicativo, le uniche menzioni di necessità sociali vengono avanzate contestualmente alla difesa di agricoltori e pescatori.

 

 

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