Mussolini assume la presidenza del Consiglio il 31 ottobre 1922, con un governo di coalizione nel quale i deputati liberali e quelli del Partito popolare risultano numericamente preponderanti, essendo i deputati fascisti meno di una quarantina (erano entrati in Parlamento nel maggio 1921 grazie alla disponibilità di Giolitti, che li aveva accolti nelle liste liberali del Blocco Nazionale).
La morte della libertà
La convivenza pesa progressivamente al duce, che con lo scioglimento anticipato della legislatura imposta le nuove elezioni con la legge Acerbo, calibrata su misura per ridurre la rappresentanza delle minoranze. È questo un decisivo passaggio per il soffocamento della democrazia, cui i deputati delle opposizioni non riescono a contrapporre un’efficace battaglia né alla Camera né nel Paese.
Mussolini si dimostra – in questa come in varie altre occasioni – abilissimo nell’avvalersi di esitazioni ed errori degli avversari per ridurre lo spazio degli oppositori. A suo vantaggio vi è la disponibilità all’uso della violenza, ad esempio – l’inverno 1924-25 nell’impedire il ritorno alla Camera dei deputati protagonisti della secessione parlamentare dell’Aventino, percossi e respinti dai colleghi in camicia nera al rientro nell’aula. Il Parlamento è esautorato e il potere si concentra nelle mani del presidente del Consiglio.
L’epocale discorso del 3 gennaio 1925 con cui rivendica ogni responsabilità per il delitto Matteotti è seguito nel giro di poche ore da una circolare telegrafica del ministero dell’Interno ai prefetti per disporre l’immediata chiusura «di tutti i circoli e ritrovi sospetti dal punto di vista politico» e «lo scioglimento di tutte le organizzazioni che sotto qualsiasi pretesto possano raccogliere elementi turbolenti o che comunque tendano a sovvertire i poteri dello Stato». Le strategie politiche si combinano dunque con misure amministrative e con l’intervento degli squadristi, ora inseriti nei corpi armati dello Stato con la Milizia volontaria.
Il decisivo soffocamento di ogni residuo liberale è occasionato in due tappe da altrettanti attentati al duce, l’uno fasullo e l’altro reale.
La circolare del terrore
L’ex deputato socialista Tito Zaniboni vorrebbe colpire il dittatore con un fucile di precisione durante un discorso dal balcone di Palazzo Chigi, e il suo segretario ne preavvisa la polizia: lo sprovveduto tirannicida viene arrestato al mattino del 4 novembre 1925 durante i preparativi dell’attentato e la stampa lancia una campagna in grande stile contro il Partito socialista unitario (già guidato da Matteotti) e la Massoneria, i due organismi cui apparteneva Zaniboni. Nel suo discorso il duce proclama che «si sta energicamente provvedendo per ripulire tutti gli ambienti infetti e per cauterizzare tutti i covi antinazionali»; l’indomani il governo scioglie il Partito socialista unitario e ordina l’occupazione delle sedi massoniche, preludio alla messa fuori legge della libero-muratoria.
Contestualmente si «normalizza» l’informazione, estromettendo dal «Corriere della Sera» e de «La Stampa» i direttori-proprietari liberali Luigi Albertini e Alfredo Frassati. Da questo momento l’opinione pubblica è manipolata in senso filofascista.
Quando, il 31 ottobre 1925, Mussolini scampa a un nuovo tentativo di uccisione, durante la visita a Bologna, ad opera del giovanetto Anteo Zamboni (linciato all’istante), nel giro di poche ore la violenza squadrista e la repressione istituzionale travolgono gli antifascisti e le loro organizzazioni. Già il 1° novembre viene sospesa tutta la stampa d’opposizione. Il 5 novembre sono soppresse le organizzazioni contrarie al regime e si introduce il confino di polizia. L’indomani Mussolini assume il ministero dell’Interno e viene emanato il Testo unico delle leggi di PS che reprime qualunque forma di «attività antinazionale». Nei giorni immediatamente successivi si dichiara la decadenza dei parlamentari d’opposizione, si reintroduce la pena di morte e viene istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato (nel quale entrano anche consoli della Milizia) quale tribunale politico.
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