Le destre prevalgono nel voto per il Parlamento europeo ma non avranno i numeri per cambiare il corso della storia nel nostro continente. Per ora. La disaffezione per la politica emerge prepotente per gli altissimi tassi di astensionismo e per il voto contro, che in alcuni casi riporta ai vertici estremismi dai forti echi nazisti, come in Germania e Austria.
Il Pd sarà la prima forza nel gruppo socialista a Bruxelles e tiene con onore il campo della contesa con Giorgia Meloni, che indubbiamente vince le elezioni in Italia e guarda alla prossima Commissione come la propria grande consacrazione. Perché? Per la disfatta dei suoi più grandi nemici internazionali, Macron e Scholz. Elezioni europee infatti che destabilizzano i Governi almeno in tre grandi nazioni, Francia, Germania e Belgio.
Il mondo a destra
Questo 2024 lo ricorderemo come l’anno di Putin: rielezione illiberale e plebiscitaria, guerra come rinnovato strumento politico internazionale, economia interna stabile grazie all’asse di ferro con Cina India e Iran, influenza crescente in Medio Oriente, aggressività chirurgica verso gli Stati Uniti, alleanze strategiche in Europa con Ungheria e Serbia e soprattutto influenza politica globale con uno stile ultraconservatore, antidemocratico e prevaricatore di tutti i principi base dei diritti umani, che troverebbe la sublimazione definitiva nella vittoria di Trump alle prossime elezioni presidenziali di novembre.
Il mondo vira quindi a destra, verso una destra che nel nostro tinello di casa veste malvolentieri i panni di una forza moderata e conservatrice e che ad ogni latitudine del pianeta convince se si dimostra prepotente, aggressiva, xenofoba, protezionista e profondamente e definitivamente populista. Uomini o donne soli al comando, modi spicci, pragmatismo che evita ogni fioretto, minoranze calpestate, imbonimento del popolo con il controllo dei mezzi di comunicazione.
La questione di fiducia
La sinistra sembra aver perso la sua grande opportunità. Ha ereditato dal ‘900 il compito di aggiornare se stessa ai tempi delle grandi trasformazioni e transizioni ma sfugge, non studia, si dà per scontata e fa perno sul proprio elettorato storico, ad eccezione del caso unico dei redivivi socialisti francesi, per riaffermare i temi alla base del welfare pubblico. Ad eccezione del caso spagnolo, tenuto assieme dal carisma di Sanchez e da equilibrismi politici e di potere tra i vari soggetti della coalizione, la sinistra non sembra in grado di suscitare fiducia. Il suo modello di futuro è illusorio, inafferrabile e retorico. Se la destra ha slogan facili e immediati, la sinistra non ne ha proprio.
Il campo conservatore è un grande fritto misto degli istinti più opportunistici, antistatuali e razzisti. Il campo riformatore richiede talmente tanti sforzi agli elettori per interpretare il modello di società che ha in mente da far perdere la pazienza anche ai più volenterosi. Affida, come avviene in Italia con Elly Schlein, alle cause civili e al voto antiVannacci il ruolo guida di un progetto che, se non si erge ad una dimensione più concreta ed economica, sembra consegnato ad una posizione di minoranza perenne.
“Tornare di massa”
Se questa è la direzione non serve a molto lodarsi per una campagna elettorale individualmente riuscita quanto piuttosto chiamare le risorse europee che ci stanno ad una grande operazione di riscatto: serve dismettere lo zainetto e assumere una leadership europea con l’obiettivo di rivoltare il tavolo, prendere posizioni nette e dare al partito una dimensione molto più ambiziosa del solo comitato elettorale ma di luogo di elaborazione e confronto che smonti punto per punto il grande inganno populista e sappia fornire risultati concreti a chi attende da almeno trent’anni che il futuro non sia per inerzia sempre uguale al passato o un ritorno al passato stesso, ma una sfida multi generazionale sui temi, sulle parole, sulle fragilità e sulle energie che consentano alla politica di parlare alla massa e di serrare le fila di una comunità. Tornare di massa per tornare a vincere, e a convincere. Non c’è tempo!