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Sapere e politica: Maldonado e il PCI


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Per un intellettuale che si definiva marxista, interessato a coniugare sapere e politica, l’incontro col Pci fu quasi inevitabile. La prima occasione venne  dal convegno Uomo, natura, società, organizzato dall’Istituto Gramsci nel novembre 1971. Il progressivo avvicinamento di Maldonado al Pci coincise con i passi compiuti da Enrico Berlinguer dopo la sua elezione a segretario nel marzo 1972. Fu però nel 1977 che ufficializzò l’iscrizione al Pci.

Dopo le dichiarazioni di voto degli anni precedenti, Maldonado motivava l’iscrizione con l’intenzione di “rendere più efficace” il suo contributo. Lo avevano persuaso il “nuovo orientamento ideale”, la “mobilitazione di tutte le risorse progettuali del paese” e la “nuova coscienza progettuale di massa”, emersi con l’assemblea degli intellettuali tenuta all’Eliseo. Alla critica all’estremismo e all’utopismo occorreva opporre un razionalismo di “tipo nuovo”, capace di “problematizzare criticamente il sapere e le sue applicazioni tecniche, sociali e culturali”.

Poche settimane dopo, il Pci giunse a elaborare una sintesi del programma centrato sull’austerità; venne pubblicata la Proposta di progetto a medio termine, introdotta da una nota di Giorgio Napolitano. La polemica di Maldonado contro l’estremismo e i contestatori del Pci proseguì dopo l’estate, in occasione del convegno sulla repressione organizzato al Palazzetto dello sport di Bologna dal 23 al 25 settembre. Maldonado difese sull’“Unità” il carattere democratico dell’amministrazione comunale bolognese che, oggetto delle più pesanti critiche, aveva accolto civilmente tutti i partecipanti, garantendo loro la massima agibilità.

Il 9 marzo 1978, durante un’occupazione del Dams, la stanza di Maldonado venne messa a soqquadro. Una settimana dopo, l’escalation delle azioni terroristiche culminò nel rapimento di Aldo Moro e nell’uccisione della sua scorta. Nei mesi seguenti la maggioranza parlamentare raggiunse l’intesa su importanti riforme. Maldonado partecipò a varie discussioni e, in particolare, al dibattito sulla riforma dell’università. Nonostante le riforme approvate dal Parlamento nel corso dell’anno – tra cui la legge Basaglia (l. 180), la legge sull’aborto (l. 184), e l’istituzione del Servizio sanitario nazionale (l. 833) – il Pci ritenne che il bilancio non fosse positivo e che fossero venute meno le condizioni per la collaborazione con la Dc.

La fine della “solidarietà nazionale”

Dopo la fine della “solidarietà nazionale”, l’interesse di Maldonado a intervenire nel dibattito politico rimase intatto, come testimonia la decisione di dar vita alla rivista “Problemi della transizione”. Nel progetto, firmato con Veca, si esprimeva la convinzione che il “carattere paradigmatico” dell’esperienza emiliano-romagnola meritasse una specifica riflessione, non sollecitata sufficientemente dalle riviste esistenti. Il primo numero uscì alla vigilia delle elezioni del giugno 1979, sotto la direzione di Francesco Galgano. Non era un organo di partito, ma una rivista che secondo le parole del direttore doveva promuovere una riflessione sulla “capacità progettuale e di governo” che il movimento operaio aveva saputo sviluppare innanzitutto in Emilia.

Alle elezioni politiche del 1979, il Pci – per la prima volta dal 1948 – ottenne meno consensi della tornata precedente. La stagione della “solidarietà nazionale” era finita e il Pci doveva ripensare al proprio ruolo di partito che ambiva a governare. Maldonado continuò a partecipare ai dibattiti sulle riforme scrivendo contemporaneamente per “l’Unità” e per le riviste del partito su arte e architettura. Il secondo numero di “Problemi della transizione” uscì quando ormai Maldonado si era trasferito a Milano. I legami con Bologna non si allentarono anche grazie alla sperimentata collaborazione con gli intellettuali e i politici cittadini, a partire da Giuseppe Campos Venuti, teorico e attuatore dell’“urbanistica riformista”, tra i principali collaboratori di “Problemi della transizione”.

Elezioni 8 giugno 1980

Alle elezioni comunali dell’8 giugno 1980, Maldonado accettò la candidatura come indipendente nella tradizionale lista del Pci denominata Due Torri (che superò il 46 per cento) ed entrò a far parte del Consiglio comunale che elesse sindaco Zangheri per la terza volta. Meno di due mesi dopo la città fu ferita dalla strage alla stazione. Per un certo tempo riuscì a coniugare l’impegno amministrativo e politico con l’intensa attività saggistica e professionale e con gli incarichi in vari enti e istituti di ricerca. Nel corso degli anni ottanta intervenne a molte iniziative organizzate dal Pci.

A gennaio del 1981 partecipò con altri cinquanta intellettuali al convegno di Avellino sul terremoto in Irpinia dal titolo Il ruolo della scienza e della cultura per la salvezza del Mezzogiorno; in quell’occasione intervenne anche Berlinguer, che poche settimane prima aveva annunciato la strategia dell’“alternativa democratica”. Sovraccarico di impegni e stabilmente a Milano, nel febbraio 1983 preferì dimettersi dal Consiglio comunale di Bologna. Due mesi dopo si dimise anche Zangheri, da tredici anni alla guida della città. Dopo la morte di Berlinguer, il legame di Maldonado col Pci iniziò ad allentarsi. Aveva sostenuto il segretario nelle sue ultime battaglie, fino a quella contro il taglio della scala mobile.

In seguito, i suoi pronunciamenti nel dibattito politico divennero più rari. L’intervento al congresso provinciale di Milano, il 10 febbraio 1989, testimonia il disappunto per la “caduta di interesse della dirigenza del partito per il contributo che gli intellettuali potrebbero offrire nella attuale, difficile, fase di rielaborazione programmatica” e la volontà di pronunciarsi su temi e problemi di cui si occupava. Vent’anni dopo La speranza progettuale, col volume Cultura, democrazia, ambiente dimostrava che il suo interesse a coniugare sapere e politica non era affatto scemato.

Tornava a riflettere sulla funzione degli intellettuali, tematizzava il nesso tra democrazia e socialismo alla luce del fallimento del “socialismo reale” e riproponeva la centralità della questione ambientale, criticando le “inquietanti forme di irrazionalismo” presenti nel “variegato arcipelago dei movimenti ambientalisti”. Erano temi che animavano la discussione all’interno del Pci, già avviato verso la trasformazione in Partito democratico della sinistra poi sancita al Congresso di Rimini del febbraio 1991.

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