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Regolamentare Airbnb è possibile: approcci, sfide e effetti delle politiche nelle città europee


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Gli affitti brevi sono cresciuti a dismisura, spopolando i centri storici e alienando la popolazione locale. Molte città europee hanno cercato una risposta ai problemi causati da Airbnb, e attraverso apposite restrizioni sono riuscite a limitare il mercato. In Italia invece  non si è fatto ancora nulla, e le proposte in campo sono poche e poco informate

Nata nel 2008 con lo slogan “live like a local”, Airbnb promuoveva nelle sue campagne pubblicitarie un turismo sostenibile, che avrebbe arricchito la comunità locale e i viaggiatori. Nata nel contesto della “sharing economy”, inizialmente essa promuoveva una innovativa forma di ricettività attraverso la quale gli “host”, chi ospita, potevano integrare il proprio reddito condividendo per un breve periodo di tempo uno spazio extra della propria abitazione ai “guest”, gli “ospiti”, che potevano godere di un’esperienza autentica. Quindici anni dopo, Airbnb domina l’industria degli affitti brevi, cresciuti esponenzialmente in ogni contesto urbano. I principi iniziali si sono rivelati illusori, completamente smantellati dalla crescente professionalizzazione del mercato degli affitti brevi che non ha fatto altro che rinforzare le disuguaglianze socio-spaziali che caratterizzano la tradizionale industria alberghiera.

Oggi la maggior parte dell’offerta è concentrata nei quartieri centrali ed il mercato è composto principalmente da operatori professionali che gestiscono molteplici proprietà a tempo pieno. La crescita degli affitti brevi ha causato diversi effetti negativi. In primo luogo, ha impattato sull’abitare di alcuni quartieri accelerando un processo di gentrificazione che ha sostituito la popolazione locale con quella turistica. L’iper-turistificazione causata dagli affitti brevi ha trasformato l’identità sociale di tali aree causando un forte senso di alienazione per i cittadini.

Questi sviluppi sono stati resi possibili soprattutto dall’assenza di regolamentazioni volte a limitare la crescita smisurata di questo fenomeno. Solo negli ultimi anni, a seguito degli evidenti effetti negativi causati da tali dinamiche e delle proteste da parte di residenti e albergatori, il tema ha acquisito rilevanza nell’agenda politica. In alcune delle principali città turistiche europee sono state implementate restrizioni volte a limitare l’offerta di affitti brevi. Gli obiettivi delle regolamentazioni sono molteplici e le strategie adottate diverse. In uno studio condotto in collaborazione con il professor Filippo Celata de La Sapienza di Roma abbiamo analizzato la varietà delle restrizioni e il loro livello di severità.

I principali obiettivi sono preservare l’offerta di abitazioni accessibili, contrastare l’iper-turistificazione, preservare i quartieri residenziali, limitare la professionalizzazione del mercato e salvaguardare l’offerta non professionale volta all’attività dell’“home sharing”.

Le regolamentazioni introducono per prima cosa un sistema di registrazione delle locazioni e di autorizzazioni commerciali/professionali. Questi interventi costituiscono la premessa per poter implementare misure più specifiche. Gli approcci si suddividono in restrizioni che mirano a limitare gli affitti brevi a livello spaziale e interventi più mirati a limitare i giorni per i quali si può affittare la propria abitazione senza dover richiedere una licenza commerciale.

Le restrizioni territoriali puntano a limitare le nuove licenze per affitti brevi in specifiche zone definite in base al rapporto tra il numero di affitti brevi e l’offerta abitativa. In queste aree, le licenze possono essere limitate o completamente vietate. Le limitazioni temporali, chiamate anche “time cap“, variano dai 30 giorni per alcune città fino ai 120 giorni e rappresentano la soglia oltre la quale occorre richiedere un’autorizzazione per il cambio di destinazione d’uso da residenziale a commerciale. In aggiunta a tali limiti, può essere imposto l’obbligo di residenza per i proprietari

Livello di severità delle regolamentazioni degli affitti brevi nelle città europee. L’indice è calcolato dalla somma di ogni singola restrizione applicata da ogni città.

Bisogna anche considerare anche la presenza o meno di obblighi per le piattaforme in termini di applicazione delle norme, principalmente attraverso il blocco automatico delle attività illegali, la condivisione dei dati e l’obbligo di esporre sui siti web i codici di registrazione degli alloggi.

L’applicazione delle norme è spesso complessa a causa della mancanza di informazioni dettagliate sull’offerta e dell’opposizione delle piattaforme digitali, che si rifiutano di cooperare nell’applicazione delle regole e nella condivisione dei dati. A tal riguardo Airbnb si oppone alle regolamentazioni da anni svolgendo attività di lobbying sia a livello di Unione Europea, che dal basso attraverso associazioni di host che si mobilitano contro l’applicazione delle norme.

Spesso l’unica via percorribile per i governi municipali è stipulare degli accordi di cooperazione con le compagnie. Questi, però, dipendono dal potere contrattuale delle parti e possono risultare problematici in quanto concedono molto potere agli attori privati nella governance di tali processi.

Ma qual è l’efficacia delle regolamentazioni messe in campo?

Nella nostra ricerca abbiamo cercato di rispondere a questa domanda valutando l’efficacia media delle regolamentazioni. Abbiamo poi confrontato gli andamenti dell’offerta di affitti brevi nelle città che hanno implementato limitazioni agli stessi con quelle che non hanno adottato restrizioni in tal senso. Le restrizioni funzionano. Nelle città che hanno risposto al problema degli affitti brevi, si è verificata una riduzione di circa il 30% della pressione, rappresentata dal numero di annunci Airbnb per interi appartamenti, di un quarto della composizione, rappresentata dal rapporto tra annunci per interi appartamenti e stanze private, e di un quarto della professionalizzazione, rappresentata dal numero di annunci gestiti da singoli host che gestiscono molteplici alloggi. Il grafico ci mostra come queste dimensioni decrescono dopo l’applicazione delle regole in maniera persistente nel tempo.

Inoltre, il nostro studio sottolinea l’importanza della cooperazione con le piattaforme nell’applicazione delle restrizioni. Essa porta a una riduzione aggiuntiva di circa il 12% della pressione, circa il 9% della composizione e circa il 10% della professionalizzazione. Tale evidenza rinforza la necessità di imporre alle piattaforme digitali degli obblighi più rigorosi per garantire l’applicazione delle norme. I nostri risultati confermano l’importanza delle regolamentazioni nel contenimento della pressione degli affitti breve sul mercato abitativo, nella sua professionalizzazione e nel ribilanciamento del mercato verso un’attività più orientata alla condivisione.

Come si evince dalla comparazione tra la severità degli approcci, le città italiane sono le uniche che, al momento, non hanno introdotto alcun limite alla diffusione degli affitti brevi. Gli unici interventi applicati riguardano la definizione legale dell’attività e il controllo fiscale. In altri contesti europei, invece, si è intervenuti tempo fa con vari strumenti che hanno permesso di governare e bilanciare il mercato degli affitti brevi, contenendone gli effetti negativi e salvaguardando i diritti della popolazione locale. La situazione in alcune città italiane, come Firenze, Venezia, Bologna, Roma, Milano e Napoli, è diventata insostenibile e vi è la necessità di una legge nazionale che permetta alle amministrazioni comunali di imporre limiti agli affitti brevi.

Impatto medio delle regolamentazioni degli affitti brevi nelle città europee su pressione, composizione e professionalizzazione. Il punto 0 rappresenta l'implementazione delle norme.
Impatto medio delle regolamentazioni degli affitti brevi nelle città europee su pressione, composizione e professionalizzazione. Il punto 0 rappresenta l’implementazione delle norme.

Recentemente è stato diffuso un disegno di legge del Ministero del Turismo che impedisce l’attività per meno di due notti. Questo intervento è totalmente insignificante rispetto alla complessità del fenomeno degli affitti brevi e rischia di legittimare ulteriormente il mercato, come spiegato da Sarah Gainsforth.

Invece, è necessario diversificare le norme in base alle esigenze dei singoli contesti urbani. A tal proposito, la proposta di legge di Alta Tensione Abitativa (ATA), un’associazione veneziana, offrirebbe ai comuni la possibilità di introdurre limitazioni al fenomeno mediante l’imposizione di autorizzazioni commerciali. Il quadro offre la possibilità di limitare le licenze nelle aree più colpite dal fenomeno, consentendo l’affitto breve della propria residenza per un massimo di 90 giorni complessivi l’anno. La proposta permetterebbe di agire sull’offerta esistente e limiterebbe il numero di autorizzazioni che un singolo soggetto può richiedere ad una intervenendo sulla multi-gestione che domina il mercato. Nonostante a luglio 2022 sia stato approvato un emendamento proposto dal Ministro Pellicani per la regolamentazione degli affitti brevi a Venezia, il comune non si è ancora mosso in questa direzione.

Nel frattempo, una rete di assessori comunali coordinati dall’ANCI ha lanciato un manifesto per l’emergenza abitativa, nel quale la limitazione degli affitti brevi è uno dei punti centrali. Il Sindaco di Firenze, Nardella, in disaccordo con il disegno di legge della Ministra del Turismo Santanchè, ha annunciato il blocco di nuovi affitti brevi nel centro storico, area Unesco della città, mediante l’utilizzo di uno strumento urbanistico. Questa proposta, anche se coraggiosa, non tiene conto del fatto che limitare solo il centro storico potrebbe spingere le attività verso le zone periferiche, con il rischio di compromettere la residenzialità delle stesse. Inoltre, il fatto che la norma non sia retroattiva mantiene l’offerta esistente di affitti brevi a un livello di congestione estremo nel centro urbano e potrebbe causare una rendita monopolistica per chi detiene già l’attività di locazione turistica in quelle zone.

Regolamentare Airbnb e gli affitti brevi è possibile ed ha un’efficacia rilevante nella mitigazione degli effetti negativi causati da questo fenomeno. Tuttavia, è necessario agire con estrema urgenza per limitare ulteriori diffusioni della turistificazione causata dagli affitti brevi e i suoi impatti abitativi e sociali. Rispetto alla media delle città europee, l’Italia è molto indietro e si rischia di non riuscire a controllare queste dinamiche, lasciando il controllo e il diritto delle nostre città alla speculazione privata delle piattaforme e degli attori professionali che governano il mercato degli affitti brevi.

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