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Herbert Marcuse, One-Dimensional Man: Studies in the Ideology of Advanced Industrial Society (1964)


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Pubblicato negli Stati Uniti nel 1964, L’uomo a una dimensione (come suona la traduzione del titolo in italiano) di Herbert Marcuse diviene rapidamente un punto di riferimento negli ambienti studenteschi radicali sulle due sponde dell’Atlantico.

“Confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà”

Allievo di Heidegger negli anni Venti, dal 1933 Marcuse collabora con l’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, seguendolo a New York nel 1934 dopo l’inizio della dittatura nazista. Convinto della possibilità, anzi della necessità di un incontro tra Marx e Freud, si afferma come uno dei principali interpreti della teoria critica. In L’uomo a una dimensione denuncia la capacità del capitalismo di omologare la cultura e di eternizzare lo status quo. Quella «confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà» che contraddistingue la civiltà industriale avanzata, in altri termini, sembra poter annichilire la capacità critica.

L’individuo, incapace di immaginare se non di desiderare un futuro diverso, rimarrebbe così ghermito in un sistema di imposizione tendenzialmente totalitario, in un’organizzazione «economico- tecnica», basata sulla «manipolazione dei bisogni da parte degli interessi costituiti» e ammantata dalla (apparente) razionalità e oggettività della tecnica.

Libertà si fa strumento di dominio

Imprigionato da e in falsi bisogni indotti dal consumismo, all’individuo rimarrebbero così soltanto fatica, miseria e ingiustizia. Così, in modo solo apparentemente paradossale, la libertà si fa strumento di dominio: «la libera elezione dei padroni non abolisce né i padroni né gli schiavi». Secondo Marcuse, la «coscienza infelice», così plasmata e diffusa dai mass media, si presta a diventare «una riserva di energia istintuale disponibile per la rinascita di un modo di vivere e di morire di tipo fascista».

L’incapacità di riconoscere le cause della propria infelicità, di utilizzare strumenti adeguati alla comprensione della realtà e alla costruzione di propri spazi di autonomia, il forsennato inseguimento di bisogni in gran parte eterodiretti da ragioni economiche mediante tecnologie sempre più raffinate: tutto ciò spinge l’individuo verso quella stessa aggressività, quello stesso rancore che contraddistingue anche il dibattito pubblico odierno.

L’attualità di Marcuse

Ricordiamolo, Marcuse non aveva assistito allo scandalo di Cambridge Analytica, non conosceva le inquietudini generate dall’uso di algoritmi, big data e intelligenza artificiale. Poco importa: la sua riflessione filosofica riesce a sollevare questioni che, a distanza di sessant’anni, continuano a parlare la lingua del presente senza però consegnare il lettore alla cupa disperazione o allo scetticismo inoperante. «La storia è il regno della possibilità nel regno della necessità», sottolinea Marcuse in L’uomo a una dimensione, il quale, riprendendo le parole di Walter Benjamin, ricorda: «è solo a favore dei disperati che ci è data la speranza».

Marcuse, L'uomo a una dimensione

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