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La guerra d’Ottobre: il canto del cigno del panarabismo


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La Guerra d’Ottobre: lo scontro tra qawmiyya e wataniyya si risolve a favore del secondo, relegando l’esperienza panarabista a un passato superato.


La guerra d’Ottobre

Quando il 6 ottobre 1973 le truppe egiziane e siriane lanciarono le loro offensive contro le postazioni israeliane colsero alla sprovvista non solo le armate nemiche, ma il mondo intero. In poco tempo i soldati egiziani riuscirono a superare la sponda est del canale di Suez e sulle alture Golan, occupate anch’esse assieme a tutto il territorio della Palestina storica e alla penisola del Sinai durante la guerra del 1967, le truppe siriane arrivarono a pochi chilometri dal lago di Tiberiade. Queste imprese galvanizzarono gli arabi: il mito dell’invincibilità israeliano sembrava venire meno e con esso potevano aprirsi nuove prospettive

Prospettive che però, con il passare dei giorni, svanirono. Grazie al supporto americano, le armate israeliane riuscirono a riprendersi dallo shock iniziale e anzi, la guerra finì con Israele che occupava posizioni più avanzate rispetto a quelle da cui era partita.

Dentro il conflitto

Per comprendere le ragioni della guerra e le conseguenze che ebbe non è sufficiente parlare degli avvenimenti di quella che gli arabi chiamano guerra d’Ottobre e che la storiografia occidentale chiama guerra dello Yom Kippur, ma è necessario tornare al 1967.

Durante la guerra dei Sei Giorni la sconfitta patita dagli arabi non solo fu completa sul piano militare, ma rappresentò anche una disfatta politica per le forze progressiste del mondo arabo. Negli anni precedenti al conflitto, infatti, si erano venuti definendosi due schieramenti contrapposti.

1967, inizia la Guerra dei Sei Giorni. Israele sconfigge le forze combinate di Egitto, Siria, Giordania e Iraq in una delle vittorie più significative della storia della guerra

Guerra d’Ottobre: gli schieramenti

Da un lato vi era il fronte progressista, composto dall’Egitto con il suo presidente Gamal Abd el-Nasser e da paesi come l’Algeria, l’Iraq e la Siria. Il socialismo, il nazionalismo arabo e l’anticolonialismo rappresentavano le basi ideologiche di questi stati e questi ideali trovavano la loro sintesi nella netta opposizione contro Israele. Israele veniva identificato come principale rappresentante dell’imperialismo occidentale nel mondo arabo la cui funzione era quella di essere una spina nel fianco degli arabi così da impedirne lo sviluppo nazionale.

La difesa dei palestinesi divenne quindi nel corso degli anni uno strumento di legittimità rivoluzionaria di cui questi paesi si facevano vanto. Contrapponendosi all’imperialismo occidentale, essi iniziarono ad intrattenere relazioni sempre più strette sia militari che economiche con l’Unione Sovietica.

Dall’altro lato, invece, vi erano quei paesi che, sia per interessi economici sia per motivi politici, erano ancora legati alle ex potenze coloniali e all’Occidente. Stati come l’Arabia Saudita, la Giordania e il Libano erano interessati a un generale indebolimento dell’astro nasseriano: la voce di Nasser, infatti, trovava nelle popolazioni arabe orecchie attente e cuori ben disposti ad accoglierla e questo rappresentava un problema per gli stati conservatori.

Guerra d’Ottobre. 23 giugno 1956 – Viene eletto alla presidenza dell’Egitto Gamal Abd el-Nasser.

Settembre Nero

Con la guerra dei Sei Giorni, la situazione cambiò drasticamente. Se fino ad allora tutti i paesi arabi avevano evitato di allontanarsi dal panarabismo nella paura che le proprie popolazioni si rivoltassero contro di loro, a seguito della sconfitta questo non rappresentò più un problema insuperabile.

Dimostrazione di ciò si ebbe già nel settembre del 1970, evento noto anche come Settembre Nero, quando le truppe del re giordano attaccarono e cacciarono dal paese la resistenza palestinese, che proprio a seguito della guerra dei Sei Giorni aveva assunto il ruolo di guida del movimento rivoluzionario arabo e che aveva in Giordania la propria base da cui partivano le incursioni contro Israele.

Il Settembre Nero è stato un conflitto armato tra la Giordania e l’OLP. La fase principale del conflitto si svolse tra il 16 e il 27 settembre 1970

Anwar Sadat

Ancora più significativo fu il cambio avutosi in Egitto a seguito della morte di Nasser avvenuta proprio pochi giorni dopo il Settembre Nero. Le condizioni economiche, sociali e politiche in cui lasciava il suo paese erano molto dure: la perdita della penisola del Sinai aveva avuto come conseguenza la chiusura del canale di Suez e dei conseguenti introiti dovuti al passaggio delle navi.

L’esercito, inoltre, era uscito così provato dal recente conflitto che ormai non poteva più farsi carico di nessun confronto con quello israeliano. A prendere il posto di Nasser fu Anwar Sadat. Pur avendo condiviso il proprio percorso politico con Nasser, Sadat prese un indirizzo opposto rispetto a quello del suo predecessore e diventò negli anni a seguire uno dei principali artefici del nuovo assetto medio-orientale. La prospettiva con cui si poneva era in netto contrasto sia con il socialismo (introdusse nel paese riforme economiche di stampo liberista e le conseguenti privatizzazioni) sia con l’ideale panarabista, di cui invece si era fatto rappresentante Nasser.

29 settembre 1970: La morte improvvisa del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser all’età di 52 anni (il suo successore, Anwar Sadat)

Una nuova direzione per l’Egitto

Per Sadat l’obiettivo unico da perseguire era l’interesse egiziano, obiettivo da ottenere anche a scapito di altri paesi arabi e dei palestinesi. Era anche dell’idea che, per ogni anno che passava, la posizione israeliana nel Sinai si sarebbe rafforzata. Per Sadat, inoltre, dalla guerra dei Sei Giorni in poi solo gli Stati Unitiavevano in mano le carte nel Medio Oriente: per poter trattare il ritorno del territorio perso diventava quindi necessario un cambio di alleanze. Solo una guerra poteva riportare l’Egitto sul tavolo delle trattative da una posizione di forza e non di debolezza dove invece ora si trovava.

Il conflitto nasceva però già con l’intenzione di avere uno scopo militare limitato, poiché il fine non era liberare il territorio occupato nel 1967 ma dimostrare che l’Egitto poteva ancora rappresentare una minaccia per gli interessi occidentali a meno che non le fosse garantito ciò che richiedeva e cioè la restituzione del Sinai.

5 giugno 1975 – Il presidente egiziano Anwar Sadat riapre il Canale di Suez (chiuso dal 1967)

Alleanza araba

Proprio in funzione dell’ottenimento degli scopi prefissati, il coinvolgimento di tutto il mondo arabo eranecessario: da un lato il panarabismo era ancora abbastanza forte da spingere tutti i paesi arabi, sia che sentissero un reale afflato patriottico sia che lo facessero per necessità, a supportare qualsiasi azione contro Israele, dall’altro le condizioni militari e politiche impedivano una azione indipendente egiziana.

Sadat riuscì inoltre a convincere il re dell’Arabia Saudita Faisal, probabilmente il re più panarabista che il paese avesse mai avuto, a usare lo strumento petrolifero per mettere ancora più pressione sull’Occidente e quindi su Israele. La Siria, l’altro paese che aveva visto parte del suo territorio occupato da Israele a termine della guerra dei Sei Giorni, aveva ogni interesse a partecipare alla guerra che veniva definendosi.

Non capendo però le intenzioni reali del presidente egiziano, a fine del conflitto risultò essere, assieme ai palestinesi, il grande sconfitto. Nelle intenzioni siriane, il conflitto doveva risolvere militarmente le sorti dell’occupazione del Golan, mentre per l’Egitto il conflitto doveva portare a una soluzione eminentemente politica e non militare.

15 luglio 1974 – Il presidente degli Stati Uniti Nixon con il re dell’Arabia Saudita Faisal dopo i colloqui al Palazzo Riasa di Robert

 

Post guerra d’Ottobre: i vantaggi per gli Stati Uniti

Con il cessate al fuoco si aprivano prospettive interessanti per gli Stati Uniti. La disponibilità mostrata da Sadat nel cambiare alleanze non passò inosservata. Gli americani, interessati a rafforzare ulteriormente la propria posizione nell’area, accolsero di buon grado le avances egiziane.

Come ebbe modo di dire Kissinger, segretario di stato americano all’epoca, “senza l’Egitto la guerra è impossibile e senza la Siria la pace è impossibile”: senza il peso politico e militare egiziano non poteva esserci nessuna guerra, ma senza il benestare della Siria la situazione medio-orientale non si sarebbe mai normalizzata.

Fu così che, dopo la guerra, Kissinger colse subito la mano tesa da Sadat. L’opportunità che si presentava avrebbe indebolito sia la posizione sovietica nell’area, sottraendo all’Urss il proprio alleato più importante, sia la presa che gli ideali socialisti avevano presso gli arabi. Si palesava inoltre la possibilità di rompere il fronte arabo con la defezione del suo elemento principale impedendo così qualsiasi guerra futura.

22 agosto 1975 -Nel cortile di Sadat ad Alessandria, Kissinger finalizza l’accordo sul Sinai II con le sue controparti egiziane. Da sinistra a destra: Amb Eilts, HAK, Sisco, Fahmy, Sadat, Mubarak, El-Gamasy.

Nuova stagione

Questo processo trovò il proprio culmine nello storico viaggio di Sadat alla Knesset, il parlamento israeliano, e negli accordi di Camp David del 1977. Firmandoli, l’Egitto non solo riconobbe Israele, ma siglò anche una pace separata facendo da apripista a tutte le altre sottoscritte nel corso degli anni successivi. La pace garantì all’Egitto, oltre al ritorno della penisola del Sinai, ingenti aiuti economici da parte degli Stati Uniti e della Banca Mondiale in cambio di ulteriori aperture neoliberiste, rafforzando ancor di più la scelta di campo del paese a fianco del nuovo alleato statunitense.

Questi avvenimenti posero definitivamente fine all’esperienza socialista e panarabista, esperienza che però era già in declino dal 1967 e pertanto chiusero soltanto una stagione che si stava già avviando verso il proprio tramonto.

La reazione ufficiale degli stati arabi alla firma di Camp David fu quella di espellerel’Egitto dalla Lega Araba, ma nei fatti fin da prima degli accordi si stava andando sempre più verso un’accettazione della presenza israeliana.

20 novembre 1977 – Il Presidente dell’Egitto, Anwar Sadat, in un intervento alla Knesset, parlamento israeliano.

Post guerra d’Ottobre: la casella scoperta

A dimostrazione di ciò, già nel 1974 l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, constatata l’impossibilità di eliminare la presenza di Israele con la forza, si avviò verso soluzioni di compromesso accettando implicitamente la creazione di una statualità entro i confini del ‘67. Inoltre, il defilarsi dell’Egitto dal contesto arabo per concentrarsi sulle proprie faccende interne lasciò libero il ruolo di guida del mondo arabo.

Questa posizione fu presto ricoperta dall’Arabia Saudita, la quale fece virare ulteriormente verso posizioni ancor più conservatrici gli indirizzi politici arabi. La guerra del 1973 rappresentò quindi il canto del cigno del panarabismo. Il conflitto non cambiò gli equilibri medio-orientali, ma accelerò soltanto certi processi già in atto da dopo la guerra dei Sei Giorni.

Fu tuttavia in questo conflitto ancora più che in altri che lo scontro tra qawmiyya, e cioè il patriottismo arabo, e wataniyya, e cioè il nazionalismo riferito ai singoli paesi, si risolve definitivamente a favore del secondo relegando l’esperienza panarabista a un passato ormai superato.

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