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La Guerra dello Yom Kippur e la sua dimensione internazionale: le conseguenze sulla Guerra fredda e le relazioni transatlantiche


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La Guerra dello Yom Kippur, durata dal 6 al 25 ottobre 1973, è spesso considerata uno spartiacque nelle vicende interne del conflitto israelo-palestinese, in quelle regionali del Medio Oriente, e in quelle internazionali della Guerra fredda.

Concentrandosi su quest’ultimo aspetto, credo tuttavia che si possa sostenere – senza che ciò significhi sminuirne l’importanza – come l’ottobre del 1973 non abbia in realtà rappresentato un cambiamento così rilevante in ambito internazionale.

Guerra dello Yom Kippur: conflitto in Medio Oriente

Come lo storico americano di origine palestinese Salim Yaqub ha messo in luce, la Guerra fredda arrivò in Medio Oriente più tardi rispetto a quando non fosse avvenuto altrove, in Europa e Asia in particolare, e terminò prima del biennio 1989-91. Fu solo dopo la Guerra di Suez che i vari attori regionali si legarono alle due superpotenze e che queste si rapportarono agli Stati mediorientali secondo una logica bipolare.

E fu nel 1982, con la sconfitta della contraerea siriana ad opera dell’aviazione israeliana nel sud del Libano, durante la cosiddetta “Operazione Pace per la Galilea”, che la Guerra fredda terminò, data la soverchiante superiorità del più stretto alleato americano nella regione, Israele, sul più fidato alleato sovietico, vale a dire la Siria.

Come ancora sottolinea Yaqub, nei due decenni precedenti, Washington ebbe comunque alleati più forti e capaci di dominare la regione, basti pensare all’Arabia Saudita, all’Iran fino al 1979, e a Israele. Peraltro, proprio nel 1979 l’Egitto si staccò definitivamente dal blocco sovietico per scegliere di ancorarsi saldamente a quello occidentale, bilanciando la perdita di Teheran da parte di Washington.

Guerra del Libano: soldati di fanteria salgono a bordo di un elicottero Yasir diretti a rinforzare le forze di difesa israeliane a Beirut

Il 1973

Che ruolo giocò allora il 1973? Che spazio ebbe nelle vicende della Guerra Fredda? Se, come ho detto, non fu uno spartiacque, che conseguenze ebbe in ambito internazionale? Per rispondere a questa domanda, ritengo che vadano analizzati due piani distinti: il primo è quello dei rapporti bilaterali Mosca-Washington; il secondo è quello delle relazioni transatlantiche.

Per quanto riguarda il primo aspetto, il 1973 giungeva all’indomani del punto più alto della distensione, vale a dire la stipulazione, nel maggio del 1972, degli Accordi Salt. Il viaggio di Richard Nixon a Mosca, all’indomani di quello a Pechino, e la conseguente firma del trattato con Leonid Breznev rappresentarono il capolavoro della Détente orchestrato da quello che nel settembre del 1973 sarebbe diventato Segretario di Stato, Henry Kissinger.

La distensione, peraltro, sarebbe proseguita anche negli anni successivi, allorché iniziarono le negoziazioni del Salt II nel 1974, nonostante una serie crescente di tensioni, soprattutto nel contesto africano, vale a dire nel Corno d’Africa, con lo scontro Somalia-Etiopia, e le guerre civili in Angola e Mozambico dopo il crollo dell’impero portoghese. Il 1973, pertanto, da questo punto di vista, non ebbe alcuna conseguenza rilevante sul processo di distensione.

Il Presidente Carter e il Segretario generale sovietico Leonid Brezhnev firmano il trattato SALT II (Strategic Arms Limitation Talks). Washington, DC. 16 giugno 1979.

L’intervento di Mosca…

E tutto ciò, nonostante la Guerra dello Yom Kippur fosse stata una proxy war in piena regola, con un coinvolgimento diretto delle due superpotenze nel conflitto arabo-israeliano, evento mai verificatosi prima di allora.

Già a partire dal 9 ottobre, infatti, i sovietici realizzarono un massiccio ponte aereo a sostegno di Egitto e Siria. Dalle basi ungheresi, decollarono numerosi aerei da trasporto Antonov-12 – con a bordo carri armati, cannoni e persino aerei da combattimento smontati – in direzione di un aeroporto militare vicino a Palmira, a nord-ovest di Damasco.

E, parallelamente, altri aerei più piccoli fecero la spola con il Cairo. Da allora fino alla fine della guerra, si stima che i voli sovietici verso Siria e Egitto siano stati in media trenta al giorno. Per quanto concerne Washington, già l’8 ottobre Kissinger aveva autorizzato gli aerei della compagnia di bandiera israeliana El Al a prelevare munizioni e pezzi di ricambio dalle basi aeree americane.

E quello di Washington

Il giorno successivo, Nixon diede il via libera alla possibilità che gli aerei israeliani danneggiati venissero sostituiti. Di fronte all’intervento sovietico, l’amministrazione americana rilanciò ulteriormente, approvando un ponte aereo militare a sostegno di Israele.

Il 13 ottobre jet Phantom iniziarono a volare verso Israele facendo tappa alle isole Azzorre. Dagli aeroporti militari del New Jersey e del Delaware, giganteschi aerei cargo C-130 e C-5 trasportarono 24 ore su 24 equipaggiamento necessario al proseguimento della guerra: carri armati, bombe, proiettili, elicotteri e altro materiale.

Aeronautica israeliana durante la guerra dello Yom Kippur, ottobre 1973

Da conflitto di frontiera a guerra per procura

In totale, si ritiene che le attrezzature militari americane ricevute da Israele siano ammontate a 825 milioni di dollari, esclusi i costi di trasporto. Questi dati fanno capire la rilevanza dell’intervento sia degli Stati Uniti, sia dell’URSS.

Entrambi volevano evitare che il proprio alleato mediorientale potesse soccombere o anche solo veder danneggiato il proprio status all’interno della competizione regionale e, per questa ragione, fecero di tutto per sostenere rispettivamente Israele ed Egitto-Siria, trasformando un conflitto di frontiera – Il Cairo e Damasco volevano riconquistare il Sinai e il Golan, persi nel 1967 – in una guerra per procura tipica degli anni della Guerra fredda.

Eppure, come detto, queste tre settimane non influenzarono i rapporti bilaterali, tanto che Washington e Mosca dialogarono costantemente in quei giorni, negoziando il cessate il fuoco che poi entrò effettivamente in vigore il 25 ottobre.

Mezzi corazzati siriani abbandonati dopo una fallita offensiva

I rapporti euro-atlantici

Se la Guerra dello Yom Kippur non ebbe dunque effetto sulle dinamiche della Guerra fredda, di natura diversa furono le conseguenze sui rapporti euro-atlantici. Fu proprio il quarto round del conflitto arabo-israeliano a determinare uno dei periodi più freddi nelle relazioni transatlantiche, tanto che l’anno dell’Europa di cui aveva parlato Kissinger ad aprile si trasformò sei mesi dopo nell’anno delle tensioni tra le due sponde dell’Atlantico.

Durante la guerra, infatti, fatta eccezione per il Portogallo, nessun paese europeo membro della NATO acconsentì a concedere agli aerei americani di entrare nel proprio spazio aereo – o atterrare nel proprio territorio per fare rifornimento – mentre portavano aiuti militari a Israele. Alla base di tale decisione, vi era la volontà di non essere coinvolte nel conflitto, per evitare di danneggiare le proprie relazioni con i paesi arabi, per ragioni sia politiche sia economiche.

In primo luogo, i paesi dell’Europa occidentale temevano che, schierandosi apertamente con gli Stati Uniti e Israele, vi fosse il rischio di rafforzare l’influenza sovietica nella regione. In secondo luogo, c’era la consapevolezza della rilevanza che il petrolio aveva per le economie europee rispetto a quanto accadeva all’alleato americano: nel 1973, gli Stati Uniti importavano solo il 4% del loro petrolio dal mondo arabo, mentre la Gran Bretagna importava il 30%, la Germania occidentale il 38%, la Francia il 53% e l’Italia il 60%.

Non a caso, quattro giorni dopo l’inizio del “ponte aereo” americano a sostegno di Israele, l’Arabia Saudita, l’Iran, l’Iraq, gli Emirati arabi, il Kuwait e il Qatar aumentarono i prezzi del greggio del 17%; e il giorno dopo la richiesta di Nixon al Congresso di stanziare 2.2 miliardi di dollari a favore di Israele – nonostante il governo di Golda Meir avesse chiesto un sostegno di circa 850 milioni di dollari – l’Arabia Saudita impose l’embargo di petrolio agli Stati Uniti e ad altri paesi vicini a Israele, Canada, Giappone, Paesi Bassi, Regno Unito e successivamente anche a Portogallo, Rhodesia e Sud Africa.

Il re saudita Faisal incontra il segretario degli Stati Uniti Henry Kissinger, arrivato in Arabia Saudita per discutere l’embargo petrolifero

Il dialogo euro-arabo

La decisione dei paesi europei di adottare una politica diversa dagli Stati Uniti aprì la strada ad un dialogo stretto con i paesi arabi, sia con quelli che esportavano petrolio, sia con quelli che non avevano risorse energetiche. Il cosiddetto dialogo euro-arabo fu proprio dovuto alla volontà dei paesi della Comunità economica europea (CEE) di giocare una partita più autonoma rispetto a quanto potesse e volesse fare Washington.

Non si trattò, tuttavia, solo di un rapporto privilegiato con i paesi petroliferi. Anche la Palestina fu al centro della politica dei partner europei, che si mossero in maniera decisamente più autonoma rispetto a quanto faceva e avrebbe fatto Washington.

Nel 1973 iniziò infatti quel percorso che vide nel 1974 tutti i paesi della CEE astenersi in occasione della Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 3236 – a seguito della quale l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), riconosciuta rappresentante del popolo palestinese, diventava membro osservatore delle Nazioni Unite – mentre gli USA votavano contro.

E nel 1980 tale percorso culminò nella Dichiarazione di Venezia, con la quale il Consiglio europeo definiva l’OLP interlocutore politico e partner necessario per raggiungere la pace con Israele. Gli Stati Uniti, critici verso tale scelta, avrebbero aperto a quest’ultimo solo nel 1988.

La Guerra dello Yom Kippur ebbe dunque una rilevanza internazionale sulle relazioni euro- atlantiche molto maggiore di quello che ebbe sulle vicende della Guerra fredda in Medio Oriente e su scala globale, nonostante il ricordato coinvolgimento diretto delle due superpotenze nelle tre settimane di guerra.

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