La foto di Trump a pugno chiuso dopo l’attentato è diventata virale e iconica. Cosa esprime e perché si può definire iconografica?
M.P.V È la foto di un vincitore. Tecnicamente è una foto fatta dal basso con il pugno alzato, in un momento in cui lui emerge dalla protezione dei Secret service: la percezione visiva coincide con il linguaggio del corpo e quindi viene rappresentato come un vincitore.
Questo ha fatto sì che la foto diventasse virale molto rapidamente, divenendo una sorta di icona sia per il fotogiornalismo sia per i repubblicani. Trump incarna la volontà del popolo, quando un soggetto del genere viene ferito ne si mostra la fisicità e la fragilità ed emerge un aspetto di miracolosità: i proiettili schivati – non da lui ma da una sorta di mano invisibile – rendono Trump un eletto.
La rappresentazione dei politici da parte dei fotogiornalisti viene ormai fatta come se fossero i politici stessi ad auto rappresentarsi. In questo senso, il caso di Trump è eclatante. Noi cerchiamo di realizzare un’iconografia opposta e inattaccabile che non possa tornarci indietro come un boomerang ed essere presa per fare propaganda politica, questo accade non necessariamente per colpa dei fotogiornalisti.
Esempi simili includono la foto di Salvini che abbiamo scattato, usata in una copertina del Time. Ma ci è tornata indietro come un boomerang: pur satirica e grottesca, è stata usata anche nelle manifestazioni della Lega.
L.S Nella copertina di Libération c’è un crop molto stretto dell’orecchio ferito di Trump con delle strisce di sangue, per sottolineare l’aspetto della violenza: hanno scelto di abbinare a questa inquadratura il titolo “Donald Trump: a history of violence”. Questa scelta editoriale fa un gioco diverso: la causa stessa di questa escalation è individuata nello stesso Donald Trump e chiede al lettore “Come siamo arrivati a questo?”.
Le fake news più insidiose si nascondono nelle manipolazioni di alcuni elementi della realtà: in che modo la fotografia può diventare uno strumento di manipolazione degli immaginari?
L. S La fotografia può essere usata per rappresentare la realtà in modo spettacolare, come mostrato dal libro “War is beautiful” di David Shields, un’analisi di indicizzazione iconografica delle copertine del New York Times durante la guerra in Iraq. Queste foto rispecchiavano la volontà di mostrare la guerra in un certo modo: i carri armati che avanzano al tramonto, il marine che tiene una bambina per mano. L’intelligenza artificiale può amplificare questa standardizzazione creando immagini di realtà che sembrano vere ma non lo sono, ingannando così il pubblico: il rischio è anche che la realtà delle macchine diventi la nostra attraverso una selezione standardizzata.
Oggi molti dicono che l’ IA distruggerà la fotografia, secondo me è il contrario perché distruggerà solo quelle produzioni dove non è necessario uno sguardo.
Siete appena tornati dagli Stati Uniti. Ci raccontate il vostro nuovo progetto fotografico?
M.P.V Siamo stati in Texas per oltre un mese, un road trip che ha percorso circa 8000 chilometri e prodotto 40.000 immagini. Il viaggio ha toccato alcuni dei temi di attualità americana: come la convention della NRA (National Rifle Association, la lobby delle armi ndr) a Dallas, una convention dei repubblicani a San Antonio, e a El Paso la convention dei democratici. In mezzo ci sono tutte le altre cose: le drag queen, il mondo LGBT, l’immigrazione, il mondo delle armi. L’approccio è diverso da quello che abbiamo con la politica italiana: abbiamo cercato di fare una fotografia meno aggressiva e veloce, non così satirica come Realpolitik ma che rispecchiasse il genere “gonzo”. Attualmente stiamo lavorando al libro che speriamo di pubblicare entro le elezioni di novembre.
Cosa avete capito della rabbia degli americana durante il vostro viaggio?
M.P.V Mi è sembrato di vedere la fine dell’occidente nel suo picco, mi sono reso conto di quanto l’Europa sia una colonia americana: abbiamo preso il boom dagli USA, allo stesso tempo gli stiamo andando dietro nel declino. Stanno crollando tutti i sogni americani, gli Stati Uniti oggi sono tutto il contrario della foto uscita di Trump.
L.S Il Texas è uno stato molto indipendentista, fiero, e nazionalista. Rappresenta un microcosmo delle tensioni interne degli Stati Uniti, con una forte presenza di repubblicani e alcune isole di forza democratica come Austin. Riflette molte delle tensioni e delle contraddizioni presenti negli Stati Uniti oggi. Quando un certo grado di fanatismo entra nella realtà, il piano razionale viene soppresso e la violenza non ha più limiti e succede che sparino a un ex presidente. Stiamo vedendo un paese che ribolle e ha una tensione che si respira attraverso il pericolo. Ho conosciuto pochi territori di guerra e in Texas si sente un odore del genere. Per noi sembra fantascienza quando guardiamo Civil War, ma in realtà quello che consideriamo bizzarro e un po’ stereotipato degli americani corrisponde al loro modo di vedere il mondo.
M.P.V Abbiamo visto molte cose che andavano ben oltre i film. Siamo stati a Uvalde, la cittadina natale di Matthew McConaughey, dove abbiamo visitato “Drive tanks” un parco giochi per turisti incentrata sulle armi e i carrarmati. Abbiamo fotografato due tiktoker americane che erano là per sparare con un lanciafiamme. Ci siamo accorti però dopo che Uvalde è famosa per una delle sparatorie peggiori della storia americana. È una grande stranezza che in una città coesista un memoriale per una strage del genere e un posto dove si possono simulare sparatorie e utilizzare bombe a meno e guidare carrarmati. Abbiamo poi trovato tantissime armi alla fiera delle armi, come mitragliatori e pistole, dedicate a Trump. Le immagini che abbiamo prodotto due mesi fa stanno già cambiando significato, perché adesso una foto di una pistola con una scritta “Donald Trump” non è più la stessa.