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Housing transition. L’abitare cambia grazie alle comunità?

Le città del futuro richiedono soluzioni abitative resilienti, inclusive e accessibili, ma, attualmente, il sistema dell’housing, in Europa come in Italia, è in crisi. La questione abitativa è un tema che non ha mai trovato una soluzione -definitiva- e le sfide poste dalle società mature, dal demographic shift alla frammentazione dei nuclei, sono oggi aggravate dalla finanziarizzazione del patrimonio immobiliare e dall’incapacità di scalare soluzioni innovative.

Nell’ultimo decennio l’abitare attraversa, infatti, una nuova fase che crea inedite disuguaglianze socioeconomiche e acuisce dinamiche escludenti, restituendo il risultato di un lungo e paradossale processo di decostruzione della sua natura di bene comune. Sempre più spesso il patrimonio immobiliare residenziale è trattato come una merce, data l’ingerenza nel settore immobiliare da parte della finanza che trasforma case e abitazioni in asset finanziari e beni liquidi (Rolnik, 2019) tanto che la letteratura internazionale ha denominato questo processo, finanziarizzazione dell’housing (Aalbers, 2015).

Dal punto di vista del diritto alla casa, secondo il Comitato Europeo per i diritti sociali, la scarsità di alloggi a prezzi accessibili in Europa è un problema serio e in crescita tanto che il piano europeo post pandemico per il rilancio economico a sostegno degli stati, promuove varie manovre per l’Housing First.

Oggi le difficoltà legate all’accesso alla casa non sono più solo caratteristica delle fasce più fragili della popolazione, ma anche della cosiddetta middle class e dei giovani. Emerge così il bisogno di un approccio nuovo e radicale al tema ‘Inhabiting’ per rispondere alle nuove esigenze abitative e in grado di affrontare due questioni sostanziali: l’ampliamento del diritto di accesso alla casa e la creazione di un’ecologia urbana e umana attraverso la messa in campo di rinnovate strategie economiche, sociali, politiche, architettoniche e sensibile ai nuovi contesti familiari.

In Europa prendono sempre più voce modelli abitativi alternativi innescati ed auto-gestiti dalle comunità locali che mettono in pratica nuovi immaginari a partire dai bisogni locali emergenti. Le comunità usano in maniera creativa strumenti economici e legali esistenti, attivano l’attore pubblico in un processo di mutuo scambio e supporto per sostenere forme di housing collaborativo con forti basi solidali e non for profit.

Questi modelli lavorano dall’inizio degli anni Novanta verso l’obiettivo di trasformare gli immobili da merce a beni comuni, ripristinandone così la natura originaria (Horlitz, 2012) per rilanciare un mercato virtuoso in cui i diritti di cittadinanza sono ampliati e in cui i rapporti umani sono più vivaci.

Alcuni progetti abitativi community-led riconosciuti a livello internazionale come pratiche esemplari per il loro radicamento e diffusione nazionale, per le consolidate pratiche di demercificazione del patrimonio e per la potenzialità di essere replicabili su territori diversi sembrano settare nuovi vettori per una Housing Transition (Cafora, 2020).

Tra questi il tedesco Mietshauser Syndikat, i Community Land Trust in Europa, Le Cooperative abitative in cessione d’uso catalane, le New cooperatives svizzere, attivano la produzione di un rinnovato lessico dell’abitare.

Alcune di queste pratiche abitative prodotte dalle comunità si trovano ora in un momento di radicamento ed espansione che vede la creazione di network nazionali ed europei tra progetti e comunità per un mutuo scambio di saperi e costruzione di competenze (come le reti del Mietshauser Syndikat che si espandono dalla Germania all’Austria, Francia, Uk, Olanda). Cresce anche la considerazione da parte di attori pubblici delle città, della comunità scientifica di settore che sviluppa varie reti europee di ricerca come l’ENHR, Urbact, Co-Lab, e dagli attori dell’housing.

Alla luce di questa crescente importanza che l’Europa riconosce alle nuove pratiche abitative community-led, pubblico-cooperative, alcuni progetti si vedono vincitori di prestigiosi premi come il Premio per l’Architettura Europea Mies Van De Rohe 2022 vinto dalla cooperativa abitativa La Borda di Barcellona, oppure il più prestigioso premio per l’arte contemporanea europea, il Turner Prize, vinto già nel 2015 dal collettivo Assemble per la co-progettazione del CLT Granby 4 street di Liverpool.

L’housing  in un quadro socio-economico e politico post pandemico è dichiarato a livello europeo come un vettore per la rigenerazione urbana e vede l’attivazione di numerose misure tra cui l’EU Affordable Housing Initiatives, Il New European Bauhaus. In questo senso il governo italiano ha inserito nel PNRR la misura “M5C2 Rigenerazione Urbana e Housing Sociale” che, oltre alle necessità di investire in progetti di rigenerazione urbana, tesi a contrastare l’emarginazione e il degrado sociale, esplicitamente fa riferimento all’azione Investimento 2.3: Programma innovativo della qualità dell’abitare PINQUA.

La città di Milano, ad esempio, prevede interventi di rigenerazione in importanti aree del territorio metropolitano, come l’Ex Macello e lo Scalo Farini, in cui l’housing sociale è protagonista. Ma come deve essere questo nuovo abitare, quali le forme sociali e comunitarie, quali gli spazi e le tipologie architettoniche, quali i paradigmi economici e legali che si possono innescare a fronte delle buone pratiche internazionali?

Sarebbe ottimale produrre e poi seguire alcune linee guida per la nuova produzione di housing nelle città e nei territori nazionali che aprano ad un senso più comunitario, accessibile, che risponda alla effettiva domanda delle nostre società mature caratterizzate da frammentazione sociale e mancanza di accesso ai circuiti di socializzazione, da un generale impoverimento che creano nuovi bisogni specifici per l’abitare.

Come vogliamo vivere insieme? Quali sono le alternative abitative e che ruolo possono giocare?

Broken cities, nella giornata del 17 giugno 2022, ha portato l’attenzione su questi temi includendo nella discussione gli assessorati alla casa di alcune città italiane con l’intenzione di portare una visione dell’attuale dibattito internazionale sui concetti abitativi emergenti in Europa e di innescare un dibattito comparativo e interdisciplinare.

Temi e questioni

 

La soluzione romana per “istituzionalizzare” le occupazioni abitative

Il caso della RecHouse di via del Porto Fluviale di Roma. Immobile occupato a scopo abitativo dal 2003 e punto di riferimento per la vita culturale e associativa del suo quartiere, ora passa a una nuova fase grazie a un bando del ministero dei Trasporti vinto dal Comune di Roma con la collaborazione di diverse università della capitale. L’obiettivo degli investimenti è rendere gli occupanti degli assegnatari di nuovi alloggi pubblici, valorizzando la loro esperienza ventennale come comunità di abitanti e realtà locale.

 

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Abitare un processo di mutuo apprendimento all’interno di network di comunità attive:

il Mietshauser Syndikat è un’organizzazione fondata a Friburgo nel 1990. Si tratta di un network nazionale di edifici a vocazione principalmente residenziale a proprietà condivisa (oltre 146 sono i progetti attivi), in cui la rete di comunità si occupa di ogni aspetto del progetto (dalla costruzione-rigenerazione, al modello di gestione e governance), instaurando forme di intermediazione con le amministrazioni pubbliche che permettono uno scambio capacitante e un radicamento della pratica proposta. Il modello d’accesso e uso del patrimonio costruito messo in campo è totalmente autogestito dalle comunità di residenti.

 

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Un fascio di attori per garantire l’accesso al patrimonio residenziale e ai suoli; come gli strumenti legali possono essere utilizzati dalle comunità per produrre progetti abitativi alternativi:

I Community Land Trust sono organizzazioni senza scopo di lucro, gestite localmente su base democratica per rendere possibile e preservare l’accesso alla terra e al patrimonio edilizio quali beni comuni. Nascono da pratiche community-led per soddisfare il bisogno di accesso alla terra, ma sono sempre più recepite come un istituto di urban planning dalle amministrazioni pubbliche (Vercellone, 2020). I CLT oggi sono uno strumento utilizzato sia da comunità auto-organizzate che da municipalità. Il principio fondamentale alla base del modello CLT è la divisione della proprietà fondiaria dalla proprietà degli edifici (Davis, 2010). I terreni, affidati in trust, appartengono al CLT e non vengono mai venduti, mentre gli edifici appartengono a soggetti di vario genere: associazioni, cooperative, individui. Il trust è un modello giuridico proprio del diritto anglosassone.

 

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Lo sviluppo di una nuova architettura per le residenze collettive, la collaborazione pubblico-cooperativa:

Le recenti cooperative catalane in cessione d’uso mettono in pratica un modello abitativo basato sul diritto d’uso delle residenze per i suoi membri. Si tratta di progetti innescati da comunità locali, attive nel dialogo con gli attori pubblici per la produzione di diritto e accesso  alla casa e che hanno come motto ‘Construïm habitatge per construir comunitat’ (costruiamo abitare per costruire comunità). Si tratta di progetti innovativi dal punto di vista sociale, economico, legale, politico e anche architettonico. Un caso oramai considerato buona pratica internazionale è La Borda a Barcellona.

 

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Dall’utopia di Bolo Bolo alla realtà di un modello replicabile:

le nuove cooperative abitative di Zurigo, Kraftwerk e Carthago, hanno ispirato i loro primi passi al libro BoloBolo, scritto dal filosofo Hans Widmer e pubblicato nel 1983. Si tratta di un manifesto anti-capitalista e anarchico che suggerisce la costruzione di una vita cooperativa e duratura tramite la messa in pratica di un’utopia realizzabile o pragmatica. Da una partenza così poetica e poco strutturata, le comunità attive in Zurigo hanno studiato modelli europei per demercificare l’abitare e produrre formule più collaborative ed economicamente fair. Sullo sfondo di una lunga tradizione cooperativa zurighese hanno attivato una collaborazione pubblico-cooperativo che ha permesso al modello di essere replicato anche al di fuori dei confini urbani.

 

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