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La Francia del Rassemblement National:
per molti, ma non per tutti


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Nel 2016, Marine Le Pen commentò a caldo l’elezione di Trump spiegando che questo evento “aveva reso possibile qualcosa che era stato presentato come completamente impossibile”. In particolare, Trump era “un segnale di speranza per coloro che non potevano sopportare la globalizzazione selvaggia”.

“La rivincita dei posti che non contano”

La mappa elettorale delle elezioni europee 2024 in Francia mostra una straordinaria somiglianza con quella delle presidenziali Usa 2016: pochi centri urbani ancora controllati da forze centriste e di sinistra spuntano da un territorio prevalentemente controllato dal Rassemblement National. In questo senso, il partito di Marine Le Pen, come Trump in precedenza, sembra aver dato voce alla parte più profonda e meno visibile del Paese, la provincia o se vogliamo la campagna.

Il riferimento di Le Pen alla globalizzazione è corretto: da diversi anni questa particolare distribuzione geografica del voto è stata descritta come la “rivincita dei posti che non contano“: negli ultimi decenni, la ragione economica, sociale e politica dei territori periferici (dentro e fuori le città) è andata peggiorando. Il malcontento si è accumulato come fogliame secco nel sottobosco, finché partiti come il Rassemblement National hanno trovato il modo di incendiarlo. Per capire perché il partito di Le Pen è riuscito a risuonare così bene con questa parte della Francia occorre guardare sia al suo passato e storia, con la lunga marcia per arrivare davanti all’Eliseo, sia alle sue proposte per la Francia di oggi.

In particolare, guarderemo alle 22 misure che costituiscono la base programmatica del Rassemblement National dalla prospettiva di un nuovo, radicale, patto di cittadinanza che stabilisce chi è dentro e chi è fuori dalla comunità francese e dalla sua solidarietà.

 

Dall’etnonazionalismo alla dédiabolisation, fino al 31%

Il Rassemblement National (RN) nasce nel 1972 come Front National (FN) di Jean-Marie Le Pen. All’interno del contenitore FN si riuniscono fin da subito due diverse correnti della destra radicale: da un lato il movimento poujadista, erede del regime di Vichy, caratterizzato principalmente da conservatorismo nostalgico; e dall’altro lato molteplici componenti di ‘fascismo rivoluzionario’, fondate su neopaganesimo ed etnonazionalismo “Blut und Boden”, miranti invece a una rifondazione radicale della società francese.

I primi successi dell’FN si misurano a partire dagli anni ’80, più attraverso l’impatto trasformativo di Le Pen sul dibattito pubblico francese che sugli effettivi risultati ai seggi. Sicurezza interna, identità francese, la minaccia dell’Islam: issues di cui FN si fa promotore e portavoce, cavalcando il mai sopito senso di grandeur francese per integrare nel discorso politico quotidiano i temi etno-nazionalisti del partito, mirando a rendere questi ultimi un “campo di battaglia” accettato nella competizione politica mainstream. Uno sforzo nel ri-orientare parte del dibattito pubblico (e dell’agenda che ne emerge) che viene a frutto fragorosamente a partire degli anni ’90. Nel contesto della nascente Unione europea, del Trattato di Maastricht e del dibattito sull’Euro, con il tema della riunificazione tedesca a inquietare le anime francesi, FN riesce a distinguersi sempre più come “imprenditore di identità”, fornendo ai cittadini francesi risposte fortemente identitarie (e rassicuranti) in un periodo storico di grande insicurezza. Se questa prima serie di successi da un lato anticipa come un presagio il ruolo che proprio la dimensione europea (e la competizione elettorale su di essa) avrà per la crescita del partito, la “scalata identitaria” degli anni ‘90 porta anche Jean-Marie Le Pen a raggiungere per la prima volta il ballottaggio alle elezioni presidenziali del 2002, complici anche le divisioni nel campo moderato. Un ballottaggio poi ampiamente perso a favore di Chirac, ma che marca comunque un momento di svolta per la storia del partito.

La fase di “normalizzazione”

L’orientamento fortemente autoritario ed etno-nazionalista di FN inizia a mutare a partire dal 2011, con l’ascesa di Marine alla guida del partito e l’inizio di una fase di ‘dédiabolisation, mirante a rendere FN un’alternativa più ‘accettabile’ agli occhi degli elettori francesi. L’abbandono delle posizioni più estremiste e la marginalizzazione delle componenti neofasciste (anche se il dibattito sul successo dell’operazione non si è mai fermato) si accompagna a due fondamentali mosse: l’accentuazione dell’elemento anti-pluralista e anti-Islam –in chiave di quella “difesa della civilizzazione francese” di cui FN (diventato nel 2018 RN) si autoproclama “bastione”– e una maggiore attenzione alle tematiche economico-sociali, strutturando il programma di RN attorno a “nazionalismo di welfare” e lotta a globalizzazione e Unione europea – elementi resi ancora più centrali dalle crisi finanziaria e migratoria.

Sotto la guida Marine, proprio le elezioni europee diventano un evento chiave per misurare la forza del partito. L’exploit di RN poche settimane fa non è infatti da leggere come caso isolato: il partito è stato già il più votato nelle tornate elettorali del 2014 (24,9% di voti) e 2019 (23,3%), senza tuttavia riuscire mai a convertire il successo delle elezioni europee in effettivi aumenti di potere a livello nazionale o amministrativo. Questa volta potrebbe essere diverso: il 31,1% di giugno, accompagnato all’ascesa di Jordan Bardella, nuovo presidente di RN e star di Tiktok, potrebbero lanciare RN in una nuova dimensione anche a livello nazionale. Per comprendere cosa ciò potrebbe comportare, guardiamo ora ai 22 punti-guida del programma del partito.

 

Il presente di RN – i 22 punti

Se il Rassemblement National mira a ridefinire il perimetro della comunità nazionale, una parte importante delle misure proposte ha come scopo stabilire chi fa parte di questa comunità. Il primo punto, significativamente, riguarda lo stop all’immigrazione clandestina, le espulsioni dei migranti irregolari presenti sul suolo francese, la fine dello ius soli, e persino la fine dei ricongiungimenti famigliari. Allo stesso tempo, la misura intende limitare l’accesso ai benefit di solidarietà a solo quanti abbiano già lavorato per 5 anni in Francia. Mentre il programma non ne fa accenno, possiamo ragionevolmente pensare che si tratti di misure efficaci per impedire la presunta “sostituzione etnica”. La seconda misura del programma prevede lo sradicamento delle ideologie islamiste e i network collegati dalla Francia.

Le ideologie islamiste, definite in modo vago, sarebbero ideologie incompatibili con le libertà costituzionali, contrarie al secolarismo dello stato, contrarie all’unità della nazione, legate a autorità straniere etc. Le azioni per sradicarle comprendono la chiusura di luoghi di culto, il divieto di vestiti “islamisti” in pubblico, la proibizione di certe idee al cinema, nella stampa, nelle pubblicità. Chiaramente, la vaghezza delle definizioni è commisurata alla gravità del pericolo percepito, e rischia così di prestarsi ad una lotta senza quartiere al multiculturalismo.

Infine, il programma prevede una tassa sui patrimoni finanziari, mirata a tassare la speculazione. Tra i grandi assenti, l’Unione europea: il programma non ne fa menzione. In questo senso, Marc Lazar spiega che Marine Le Pen si colloca al di fuori del sistema e contro di esso e non cercherà di costruire ponti come il governo Meloni.

Noi contro loro

La dinamica di contrapposizione “noi-loro” continua nella sfera delle politiche sociali, sempre più centrali nel discorso di RN nell’ultimo decennio. Il concetto guida è quello dell’annunciato “nazionalismo di welfare“, concentrando le risorse a favore dei soli cittadini francesi (o da chi almeno da 5 anni contribuisce alle finanze pubbliche). Sotto questo punto di vista, il sistema sociale proposto da RN risulta dunque generoso per i nativi, ma senza tutele per gli ‘altri’, gli esclusi.

Per i giovani francesi, le misure spaziano dalla creazione di assegni mensili a sostegno della formazione (attorno ai 300 euro) ad agevolazioni fiscali volte a promuovere l’imprenditorialità, continuando con prestiti a tasso zero, costruzione di alloggi sociali e per studenti, e agevolazioni a sostengo di natalità e madri single. Per i cittadini più âgé, le misure ruotano essenzialmente attorno alla dimensione pensionistica, da anni oggetto di feroci scontri in Francia. Il pacchetto è un insieme ben conosciuto di proposte, molto efficaci sul piano politico ma molto meno su quello economico: aumento delle pensioni minime, indicizzazione delle pensioni all’inflazione, blocco dell’innalzamento dell’età pensionabile. Il risultato di una “formula pigliatutto” che da anni accompagna i partiti della destra europea, ormai passati a posizioni espansionistiche sulle politiche sociali ma sempre guidati da una logica antipluralista, dove il noi diviene la bussola fondamentale per orientare l’intera agenda del partito.

La promessa del Rassemblement National, in definitiva, è quella di ridefinire la comunità nazionale intorno a una contrapposizione tra un “noi” francese, popolare e stremato, e un “loro” fatto di persone “illegali”, mancati francesi “islamisti” e l’eterna finanza affamatrice del popolo francese. In questo senso, il Rassemblement National mostra di aver ben capito la lezione di Trump. Resta da vedere se anche il Fronte Popolare delle sinistre ha imparato dalle sconfitte dei democratici USA.

 Foto: Instagram di Jordan Bardella

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