In questi pochi giorni che ci separano dal secondo turno delle elezioni francesi, seguite allo scioglimento improvviso dell’Assemblée Nationale da parte del Presidente della Repubblica Emmanuel Macron, l’attenzione di tutti è rivolta al ruolo, nonché al peso, che avrà il Rassemblement National (RN) nel Parlamento francese alla conclusione del voto di domenica 7 luglio.
RN: un partito improvvisato?
Nel corso della settimana, dopo le febbrili consultazioni che hanno portato a un numero consistente di scelte di desistenza reciproca di gran parte dei candidati del Nouveau Front Populaire (NFP) e della “Macronie”, come viene definito il gruppo dei candidati del partito presidenziale, è diventato virale un video di una giovane candidata del Rassemblement National della circoscrizione 1 della Mayenne, che ha ottenuto il 28% dei voti. Alla domanda se il suo partito sia ancora xenofobo e razzista ha risposto con sicurezza: “Ma no, è sicuramente falso. Nel RN ci sono ebrei, musulmani, spagnoli. Io stessa ho un oculista ebreo, un dentista musulmano e sono d’origine catalana”.
Lasciando da parte la dimensione caricaturale di una classe dirigente improvvisata e non adeguata, colpisce che una collega di partito, deputata nel Var, abbia liquidato questa asserzione come maladroit, maldestra.
Le due anime del Rassemblement National
Colpisce, certo, ma non sorprende. Si è molto discusso sulla trasformazione del Rassemblement National voluta dalla sua leader, Marine Le Pen, in una formazione della destra conservatrice, ormai lontana dalle posizioni xenofobe, razziste a antisemite che erano proprie del movimento fondato dal padre, fin dalle origini. Molti sostenitori e alleati sono convinti che questo passaggio si sia compiuto. Ogni tanto giungono smentite al riguardo, come quando è cominciata a circolare una foto di una candidata con un cappello da nazista, prontamente ritiratasi dalla corsa elettorale.
Nell’osservare da vicino i contenuti di questa campagna elettorale – corta, inattesa e organizzata in fretta –, rileviamo come convivano due “anime” nel partito di Le Pen: una componente che si presenta più “rispettabile”, di una destra conservatrice che aspira a diventare il punto di riferimento anche per una ampia parte dell’elettorato di centro deluso dalla presidenza Macron (“La macronisation de Bardella” ha titolato qualche giorno fa “Le Monde”), “coabita” con un’altra che rivendica invece con fierezza di essere più radicale e di non aver rinnegato i valori sottesi allo slogan “La France aux Français”, riecheggiando parole d’ordine degli anni Trenta e del regime di Vichy.
Il ruolo dei media di Bolloré
Non bisogna dimenticare, tuttavia, che entrambe le anime di questo movimento hanno messo al centro – da tempo, e non solo in occasione di questa campagna elettorale – la questione dell’immigrazione e della sicurezza, come un leitmotiv martellante e costantemente ripetuto in ogni occasione. Ciò ha contributo in modo significativo a creare l’idea diffusa che esiste un problema da risolvere per il bene del paese, che è a rischio islamizzazione: siamo di fronte, in altre parole, al tema della “grande invasione”, tema ricorrente in ogni momento in cui la xenofobia è diventata un fondamento dell’agenda politica.
Un ruolo significativo nella costruzione di questa paura collettiva è stato ricoperto dai media di proprietà di Vincent Bolloré, una sorta di “Fox News à la française” secondo le parole del “New York Times”.
In particolare con il canale Cnews e la radio Europe 1, il sistema mediatico del magnate bretone ha dato un contributo determinante per il successo del RN, al di là dello spazio concesso in misura assolutamente sproporzionata ai candidati del partito di Le Pen rispetto agli esponenti del NFP. Da tempo i media di Bolloré concorrono a costruire un discorso pubblico che indica gli stranieri e gli immigrati come la principale causa delle difficoltà dei francesi e del senso di insicurezza diffusa. E in modo costante i candidati RN hanno ripreso nei loro interventi la necessità di rivedere le norme relative all’immigrazione, per giungere a una riduzione drastica dei nuovi ingressi, un inasprimento nei controlli e delle misure punitive più severe per coloro che arrivano illegalmente.Ma qualcosa di più sottile si coglie nelle parole giovane segretario Jordan Bardella, quando afferma che è necessario procedere all’esclusione dei francesi con doppia nazionalità per alcuni incarichi e ruoli sensibili.
Le ambivalenze delle sinistre sull’immigrazione
Sono decenni ormai che il Front National prima, e ora il Rassemblement National, pongono al centro dell’agenda politica la questione dell’immigrazione e i partiti di sinistra seguono e rincorrono l’estrema destra su questi temi, dandole riconoscimento e legittimità. Noto è il commento che il primo ministro socialista Laurent Fabius pronunciò al riguardo nell’aprile 1985, durante un dibattito sul sistema elettorale proporzionale: “l’extrême droite, ce sont des fausses réponses aux vraies questions” (l’estrema destra è fatta di risposte false a veri problemi), fra cui menzionava per prima la questione dell’insicurezza.
Dalla Marche des Beurs del 1983 (La marcia per l’uguaglianza e contro il razzismo ndr), momento simbolico che può essere considerato l’avvio di una nuova fase di reazione alla “malaise des banlieues” e alle crescenti condizioni di difficoltà dei migranti in Francia – ma che non portò negli anni Mitterrand a misure concrete di accoglienza dei migranti –, nelle sinistre francesi è ravvisabile questa ambivalenza tra istanze antirazziste non sempre efficaci e politiche migratorie sempre più segnate dal tema della sicurezza e della paura dell’“invasione” dell’altro, incarnato principalmente dall’Islam.
In nome dell’identità nazionale da preservare, quella che viene meno è una riflessione profonda sui modi in cui la società contemporanea possa rispondere alle migrazioni, un fenomeno transnazionale che non può essere fermato, ma che andrebbe affrontato con idee e pratiche politiche adeguate e appropriate. Una discussione cui oggi la sinistra, nel tentativo di ricomposizione incarnato dal NFP, non può più sottrarsi.