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Esclusione e disuguaglianza nel mercato del lavoro: il caso di Milano


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Tre open workshop hanno permesso di presentare e discutere con stakeholders del territorio milanese i risultati del progetto CITILab, finanziato da Fondazione Cariplo e coordinato da Gemma Scalise, professoressa associata presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Ogni incontro, a cui ha partecipato tutto il gruppo di ricerca di CITILab – Cristina Burini, Giulia Colombini, Jurgena Myftiu – è stato dedicato a uno dei gruppi vulnerabili sul mercato del lavoro di cui si occupa il progetto: le donne, madri e con basse qualifiche; le persone con disabilità e i disoccupati di lungo periodo, ovvero coloro che non lavorano da più di 12 mesi.

Le donne lavoratrici, madri e con basse qualifiche

Le sfide che le donne affrontano nel contesto lavorativo sono spesso dovute agli svantaggi che queste “cumulano” e che sono legati a più fattori, come ad esempio essere madri e con basse qualifiche, il che spesso porta le donne ad essere occupate in settori a bassa produttività come quello dei servizi, ad esempio il retail, l’ospitalità, la ristorazione e l’assistenza domiciliare. Perché c’è una sovra rappresentazione delle donne in questi ambiti? Di questo hanno discusso, durante il primo incontro, diversi rappresentanti di organizzazioni locali, istituzionali e del Terzo Settore, tra cui AFOL Metropolitana (Alda Fiordelli), Caritas Ambrosiana (Grazia Pradella), Associazione Irene (Gabriella Merlo), Fondazione Soleterre Onlus (Elena Zucchetti), UIL Milano e Lombardia (Ester Greco), Associazione Piano C (Vanessa Pelizza), ALA Milano Onlus (Vincenzo Cristiano), Cooperativa Sociale Comunità del Giambellino (Maria Nicolai).

Da un punto di vista strutturale, molti lavori nel settore dei servizi offrono orari flessibili e a tempo parziale che permettono alle donne di conciliare il lavoro con le responsabilità familiari e di cura. Ma i lavori nei servizi tendono ad essere retribuiti meno rispetto ad altri settori e la precarietà salariale e lavorativa, in un contesto dove il costo della vita è molto elevato come quello milanese, può persino rappresentare un disincentivo al lavoro, ovvero alcune donne potrebbero preferire di rimanere disoccupate per non pagare altri costi associati al lavoro, come le spese di trasporto, per la babysitter dei figli, e cercare alternative nell’economia informale.

La sovra rappresentazione femminile nei servizi deriva però anche da una questione culturale, poiché gli stereotipi di genere portano ad associare determinati lavori alle donne, come ad esempio il lavoro di cura, nella ristorazione o nei servizi domestici, e influenzano le scelte di carriera delle donne che si indirizzano tali impieghi.

Cosa si fa per le donne a Milano? CITILab ha mappato le politiche locali e le iniziative volte a garantire un effettivo supporto e un miglioramento delle condizioni occupazionali. Vi sono programmi e finanziamenti per sostenere le imprenditrici e le donne che desiderano avviare la propria attività, programmi di formazione e di riqualificazione professionale, campagne di sensibilizzazione per combattere gli stereotipi di genere e per promuovere una cultura organizzativa inclusiva. Ma molte sono le questioni irrisolte. La prima rimane certamente la carenza di servizi di assistenza all’infanzia a prezzi accessibili, fondamentale per consentire alle donne di conciliare il lavoro con le responsabilità familiari. A Milano, città delle opportunità, ancora molto resta da fare per incentivare la conciliazione vita-lavoro, ad esempio attraverso la creazione di nuove strutture per l’infanzia e l’offerta di agevolazioni per le famiglie.

Una seconda criticità emersa riguarda la mancanza di coordinamento tra le varie iniziative messe in atto dai numerosi attori presenti sul territorio – pubblici, privati e del Terzo Settore – e l’assenza di una regia che promuova un approccio integrato per sostenere le donne nel mercato del lavoro milanese. L’attuale sistema genera sovrapposizioni di attività, duplicazione di sforzi e mancanza di sinergia tra le diverse iniziative. Inoltre, lo scarso coordinamento limita la diffusione di informazioni e implica che alcune donne non siano a conoscenza delle opportunità esistenti in termini di formazione, di inserimento lavorativo o di sviluppo professionale. Ciò limita la capacità di sfruttare appieno tali opportunità, specialmente per alcune categorie di donne, come quelle provenienti da contesti socio-economici svantaggiati o da esperienze migratorie. Queste donne sono escluse e non ricevono il supporto necessario per accedere al mercato del lavoro.

Disabilità e lavoro

Il secondo open workshop si è concentrato sulle difficoltà che le persone con disabilità incontrano nel trovare e nel mantenere un impiego. L’obiettivo dell’incontro era quello di comprendere le necessità, identificare le politiche e le pratiche necessarie per garantire un ambiente lavorativo inclusivo.
Parlare di disabilità significa riconoscere che questa si manifesta in molte forme diverse – disabilità fisiche, sensoriali, cognitive, psicologiche e neuro divergenti – e ogni forma di disabilità ha le proprie caratteristiche uniche e può influenzare il vissuto delle persone in modi diversi. Questa eterogeneità rende difficile discutere di disabilità in termini generali e fornire suggerimenti di politiche e pratiche di inclusione valide per tutti. Alcune persone con disabilità, infatti, possono essere in grado di svolgere molte attività indipendentemente, mentre altre necessitano di supporto specifico e assistenza quotidiana.

Molti sono i soggetti del territorio che hanno preso parte a questo workshop: rappresentanti di LEDHA (Alessandro Manfredi, Enrico Mantegazza), ANFFAS Milano (Umberto Zandrini), CISL Milano (Alice Locci), Progetto Il Seme (Stefania Anelli),Assolombarda (Valeria Innocenti), assistenti sociali del Comune di Milano (Marco Zanolli), Consorzio SIR (Maria Pia Pasanisi), Cooperativa Sociale Opera in Fiore (Federica Dellacasa), Cooperativa Sociale Officina dell’Abitare (Elisabetta Ponzone), Methods SRL (Elisabetta Peracino, Monica Placanica), Emmaus (Anastasia Zolotova), Auticon (Daiana Martina Mazzalovo) e AGPD (Massimo Rota).

Il tema degli stereotipi e dei pregiudizi associati alle persone con disabilità è stato discusso come fattore che ancora rende difficile affrontare apertamente le questioni legate a questo tema e che contribuisce alla marginalizzazione e all’esclusione sociale. Ma molte sono anche le inziative portate avanti per superare tali stereotipi.

Il sistema lombardo fornisce diverse risorse e strumenti per l’inclusione lavorativa, che vanno dal dialogo con i datori di lavoro per adeguare l’ambiente lavorativo al fine di consentire alle persone con disabilità di svolgere il proprio lavoro in modo efficace (es. fornire tecnologie assistive, orari flessibili o altri accomodamenti basati sulle esigenze individuali), alla promozione di interventi di inclusione (progetti di consapevolezza e applicazione delle leggi antidiscriminazione e delle quote di assunzione per persone con disabilità, incentivi fiscali per le aziende che assumono persone con disabilità).

Molti stakeholders reputano fondamentale il miglioramento dei programmi che supportino da un lato le aziende, nello sviluppo delle competenze necessarie all’assunzione di persone con disabilità, dall’altro le persone con disabilità, affinché ricevano il supporto necessario durante il processo di formazione e di inserimento lavorativo (ad esempio consulenza lavorativa e di collocamento personalizzata, mentoring e tutoraggio sul posto di lavoro).
La collaborazione e la co-costruzione di interventi tra enti pubblici, organizzazioni non profit, aziende private e altri attori locali interessati è essenziale per facilitare l’identificazione delle migliori pratiche e per l’implementazione di iniziative efficaci.

La disoccupazione di lungo periodo

Il terzo open workshop è stato dedicato alla disoccupazione di lungo periodo, un problema particolarmente sentito nel contesto italiano, dove la crescita economica è relativamente debole e la bassa produttività del lavoro – rispetto ad altri paesi europei – limita le opportunità di reinserimento per coloro che sono lontani dal lavoro da più di un anno.

All’incontro hanno partecipato stakeholder istituzionali e del Terzo Settore, tra questi alcuni rappresentanti della Direzione lavoro del Comune di Milano (Francesco Giubileo), di UIL Milano-Lombardia (Salvatore Monteduro), CGIL Milano (Valentina Cappelletti), Associazione Lavoro Over 40 (Giuseppe Zaffarano), Associazione ReAgire (Elio Savi, Sabrina Picchierri), GMaC (Valentina Trabalza e Federica Berton) CGIL Milano – Camera del Lavoro Metropolitana (Ivan Lembo, Rocco Dipinto) e ricercatrici dell’Università di Milano-Bicocca (Annalisa Dordoni).

La disoccupazione di lungo periodo rappresenta quasi la metà della disoccupazione totale nella città di Milano. Il fenomeno è estremamente frammentato e riguarda soggetti con caratteristiche eterogenee. I disoccupati over 50, ad esempio, sono più difficili da ricollocare, per le maggiori difficoltà ad aggiornare competenze spesso obsolete, ad adattarsi ai cambiamenti tecnologici sul lavoro e a sfruttare le opportunità di formazione e di riqualificazione professionale. Anche i giovani che hanno appena completato la formazione possono avete difficoltà nel trovare il primo lavoro, perchè mancano di esperienza lavorativa o di competenze specialistiche. Infine, sono i lavoratori e le lavoratrici impiegati/e in settori economici in crisi, o vulnerabili alle fluttuazioni del mercato, ad essere più a rischio di diventare disoccupati/e lungo periodo, così come le persone provenienti da contesti caratterizzati da elevati tassi di povertà e da disuguaglianza sociale. Tali barriere strutturali e socioeconomiche limitano non solo le opportunità occupazionali, ma anche quelle di mobilità sociale.

Questa eterogeneità rende certamente complesso lo sviluppo e l’implementazione di politiche mirate a fornire sostegno e assistenza personalizzati, come programmi di formazione e riqualificazione professionale, servizi di collocamento targhettizzati, mentoring, counseling e sostegno finanziario per la ricerca di lavoro. Centrale è, in questo caso, il tema della formazione durante tutto l’arco della vita (lifelong learning) per garantire che i lavoratori dispongano delle competenze e delle qualifiche necessarie a soddisfare le esigenze del mercato del lavoro.

L’approccio “outreach”

Per rispondere a queste sfide, a Milano coloro che si occupano di inclusione sociale e lavorativa si stanno sempre più orientando verso un approccio cosiddetto “outreach”, ovvero pensato per andare incontro alle persone che potrebbero beneficiare di questi servizi, contattandole direttamente anziché aspettare che si presentino spontaneamente. Questo approccio si basa sull’idea che molte persone che potrebbero aver bisogno di supporto per cercare lavoro potrebbero non essere consapevoli dei servizi disponibili o incontrare barriere nell’accesso.

Per essere efficace, l’approccio out-reach necessita però della collaborazione tra le organizzazioni – pubbliche e private – e le istituzioni locali, così da massimizzare l’impatto dei servizi offerti e garantire una risposta integrata alle esigenze dei diversi gruppi svantaggiati sul territorio. Questa collaborazione consiste nella condivisione di risorse, nell’identificazione di sinergie tra i servizi e nella creazione di reti di supporto per le persone prese in carico. Elementi che per essere realizzati pienamente necessitano un impegno di lungo periodo da parte di tutte le parti interessate.

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