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Diritto alla casa: l’emergenza abitativa a Roma


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Come scrive Italo Insolera in Roma Moderna, la città di Roma nell’ultimo secolo ha visto crescere la sua popolazione di circa 11 volte mentre la sua superficie di circa 68 volte.

Con i suoi 1287,36 km² è il comune più esteso d’Italia e dell’Unione europea, nonché la quinta città più estesa d’Europa dopo Mosca, Istanbul, Londra e San Pietroburgo; è inoltre il comune europeo con la maggiore superficie di aree verdi.

Nell’ultimo secolo è stata caratterizzata da un’urbanizzazione rapida, forzata e casuale, che ha lasciato dietro di se una storia fatta di sofferenza abitativa, ingiustizie, riscatto e umanità. La storia della Roma moderna è una storia di baracche e lotte per il diritto alla casa; lo è stata durante il fascismo, con le leggi sull’urbanesimo, che di fatto deportava fuori dal centro città le classi meno abbienti, lo è stato negli anni 60’, quando nel primo dopoguerra sorgevano baracche ai margini della città, tanto da veder nascere “ i baraccati”, soggetto politico che ha affascinato Pier Paolo Pasolini e che hanno contribuito alla nascita dei movimenti per il diritto alla casa, nati proprio sotto gli archi del vecchio acquedotto romano, diventato casa per molti abruzzesi e calabresi in cerca di fortuna dal dopoguerra in poi.

E arriviamo ad oggi, in una città che va verso il Giubileo del 2025 è l’ Expo del 2030, che vede enormi investimenti nel settore dell’edilizia, ma non quella popolare; una città che soffre di emergenza abitativa e che resta vittima del cemento dei “palazzinari”, altra figura sociologica romana che indica gli imprenditori del cemento e dell’edilizia, che speculano sulla rendita e sul consumo di suolo in cambio di palazzi che resteranno vuoti.

urbanesimo

Una città che ha uno spaventoso rapporto tra case vuote e persone che hanno bisogno di una casa: ci sono circa 76.000 alloggi popolari per 200.000 persone. Così come ricorda uno slogan ripetuto spesso durante le manifestazioni dei movimenti per il diritto alla casa, Roma ha “ troppa gente senza casa e troppe case senza gente”.

Una realtà descritta perfettamente dai numeri enormi che ci ridanno indietro l’idea della sistematicità del problema, che non ha nulla a che fare con la retorica dei “pochi furbi che non vogliono pagare l’affitto” spesso utilizzata dalle istituzioni e dai media.

A Roma ci sono 57.000 nuclei familiari che soffrono di emergenza abitativa, ci sono 4.500 esecuzioni di sfratto all’anno, cioè circa 150 al mese.

13.500 persone vivono all’interno dei 70 immobili occupati a scopo abitativo, 1.500 persone vivono nei CAAT, centro di alloggio temporaneo,circa 13.000 nuclei familiari sono in graduatoria per l’accesso a una casa popolare, lo scorso anno ne sono state assegnate circa 50, per smaltire i numeri di oggi servirebbero 260 anni.

A Roma su circa 240.000 famiglie in affitto, oltre 40.000 hanno provvedimenti di sfratto; nel 2019 sono state emesse 4.200 sentenze di sfratto per morosità e 1.400 sfratti sono stati eseguiti con la forza pubblica.

In questo contesto drammatico, mentre le istituzioni pubbliche non prendono provvedimenti a lungo termine, qualcuno prova a dare soluzione alternative. I movimenti per il diritto all’abitare occupano immobili e danno una casa a chi non se la può permettere, oltre che dare una nuova vita a immobili abbandonati da anni: scuole, caserme, uffici diventano così case, biblioteche, doposcuola, palestre, sportelli per la salute e molto altro.

Il caso di Roma

È il caso di più di 70 immobili solo a Roma, è il caso dell’occupazione di Viale Delle Province, ex sede Inpdai, poi abbandonata, che ospita dal 2012 circa 150 famiglie, per un totale di 500 persone, di cui 100 minori.

Situata tra la stazione Tiburtina e la zona universitaria di San Lorenzo, è all’interno di un quadrante strategico dal punto di vista urbano e oggetto di grandi investimenti privati da circa 10 anni, un tesoro per chi vuole mettere in campo processi di gentrificazione e turistificazione volti al profitto e alla speculazione finanziaria.

I movimenti per il diritto all’abitare non hanno come fine ultimo l’occupazione, ma l’assegnazione di un alloggio popolare in linea con le necessità di chi lo riceve. Per questo da qualche mese si è aperta una trattativa con il Comune Di Roma e con la Regione Lazio per procedere all’assegnazione di un alloggio popolare per le famiglie di Viale delle Province, anche se contestualmente alla trattativa, la Prefettura di Roma ha inserito l’occupazione in un elenco di sgomberi urgenti da effettuare entro il 30 giugno.

Le richieste di chi occupa sono tanto semplici quanto difficili da immaginare in una città vittima di chi la costruisce:

  • un alloggio popolare per chi ne ha bisogno, lo stop immediato di sfratti, sgomberi e pignoramenti e una politica urbana che consideri prima di tutto i bisogni di chi la vive, non di chi ne vuole trarre profitto a discapito del benessere collettivo;
  • il caso dell’occupazione di Viale delle Province è un esempio calzante del problema di Roma e delle sue infinite soluzioni, che chi governa la città dovrebbe considerare come esempio da seguire e non come nemico da perseguitare.

Con le parole di Umberto, Margherita, Luciano e Alessandra, occupanti e attivisti del movimento per il diritto all’abitare, ho provato a raccontare questo pezzo di realtà sperando di stimolare un dibattito sul futuro delle nostre città.

Guarda la video-inchiesta di Daniele Napolitano

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