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Riscopriamo il nostro potere costituente


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In un mondo in cui le superpotenze tornano a scontrarsi e domina il pensiero unico dei grandi poteri economici, è fondamentale che la politica torni con orgoglio a mettere al centro l’interesse pubblico e i cittadini tornino a scoprirsi militanti.  Studiando, organizzandosi, scegliendo.

JD Vance, l’ex marine laureato a Yale diventato numero due della Casa Bianca, sbarca a Monaco e fa la predica all’Europa: il principale nemico che minaccia l’Unione è la libertà di espressione via via sotto attacco. A picconare la libertà di espressione sarebbe la Corte Costituzionale romena che ha annullato le elezioni a causa della campagna di disinformazione che ne ha influenzato l’esito; sarebbero le forze politiche che si ostinano a erigere “muri di fuoco” per isolare le formazioni di destra radicale.

Giorgia Meloni interviene, come fa raramente, per rafforzare il messaggio e invece di difendere il nostro Paese e l’Europa dall’attacco fanatico di Vance, gli dà ragione, si lamenta, sembra la copia sbiadita di Berlusconi quando andava dicendo che i media erano contro di lui, evoca l’angolo, dove la destra sarebbe stata relegata per anni, per ergersi a paladina di un riscatto tanto stucchevole quanto violento: liberiamo le libertà dall’oppressione della sinistra. Altrimenti detto: le regole non esistono, lo Stato è un intralcio, la magistratura è politicizzata, impunità ai nostri.

La libertà stessa si sgancia dal tessuto sociale, diventa assoluta (sciolta da vincoli) e calpesta i diritti altrui.

È il perno strategico attorno al quale la tecnodestra sta occupando lo scenario mondiale, quell’intreccio perverso tra potere politico e potere economico retto dal controllo dei media globali e dal loro rifiuto di mettere in atto pratiche di distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso. È vero solo ciò che è utile. La forza del messaggio non sta nella sua natura informativa ma narrativa, seduttiva e strumentale al potere.

È l’antipolitica, agita da politici di lungo corso, che distrugge il principio di separazione dei poteri e che concentra su di sé, un leader forte, tutta la narrativa pubblica: ogni forma di contestazione e opposizione diventa il nemico sul quale concentrare le pratiche di odio. Il diverso, per etnia, sesso, provenienza, censo, vocazione, è contro i nostri (di chi?) interessi.

Sabino Cassese ha parlato in questi giorni di un “metodo imperiale”. Comanda il più forte nel nome dei forti. Non hanno diritto di parola e di rappresentanza i deboli, i diversi, le minoranze, i poveri. Una forma di razzismo etnico ed economico, un suprematismo globale nel segno dell’estrazione di ricchezza: dai dati, dagli individui, dalle risorse naturali. Drill baby drill, come urla Trump. Non esiste domani, e non esistono gli altri.

Notizia: tra gli altri ci siamo noi. Quelli che hanno fondato e fondano sulla diversità, e sull’incontro di diverse verità, il processo di consapevolezza e crescita sia dei singoli individui sia delle società che ne conseguono. Dove nessuno è più giusto di un altro e dove la pratica politica è rivolta alla tutela dell’interesse pubblico, distinto radicalmente da quello privato e rivolto vocazionalmente al più bisognoso.

Istruiamoci, agitiamoci, organizziamoci” è l’appello con il quale Emma Ruzzon, presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università di Padova, ha concluso il suo discorso per l’inaugurazione dell’anno accademico. Una chiamata che Ruzzon rivolge alla sua generazione, ma che interpella tutte e tutti noi.

Fondazione Feltrinelli è un’istituzione di ricerca che interpreta il sapere come enzima critico: istruiamoci, dunque. Conosciamo, apriamo gli occhi. Usiamo la storia per leggere il presente, guardiamo al mondo intero per coglierne le connessioni.

Agitiamoci, che vuole dire trasformare l’inquietudine privata in energia collettiva. Rendiamo elettrici i nostri corpi e le nostre menti. Diamoci la scossa. Facciamo luce.

Organizziamoci, che vuol dire uscire dall’isolamento e costruire alleanze. Torniamo nelle piazze, chiediamo ai nostri rappresentanti di riempire gli emicicli. Diciamo tutti i nostri “no”, ma – come ci ha esortato a fare Mario Draghi nel suo ultimo discorso al Parlamento europeo – intestiamoci a gran voce anche i “sì”: le iniziative concrete e urgenti che siamo chiamati a mettere in atto.

Riscopriamo il nostro potere costituente. La democrazia ha bisogno di voci critiche e popoli disposti a mettersi in gioco; ha bisogno che, alle superpotenze che sono tornate a contendersi l’arena mondiale e ai super-ricchi del pensiero unico, facciano da contraltare i cittadini capaci di riscoprirsi militanti.

È nell’azione concreta, piccola o grande che sia, che si misura questa militanza, nell’acquisto consapevole, nell’informazione libera e plurale, nel rivolgere gli occhi agli occhi, per smontare l’ossessione della prevaricazione con la seduttività della conoscenza. Non è poca cosa, è una scelta. 

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