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Il Fronte popolare, ieri e oggi


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Il 6 febbraio 1934, in un contesto di scandali politico-finanziari, i movimenti di estrema destra scendono in piazza a Parigi. Un anno dopo l’arrivo di Hitler al potere, quella manifestazione è percepita dalle sinistre come il tentativo di un putsch contro la Repubblica. Il Partito comunista francese (Pcf) dalla sua fondazione (Congresso di Tours dicembre 1920) criticava e denunciava il Partito socialista (Sfio) come arrendevole, critica rafforzata a partire dalla fine degli anni ‘20. In altre parole, nel febbraio 1934 la sinistra francese era profondamente divisa sul piano politico.

Risultati delle elezioni del 1936 – grafico a torta,
Archivio Angelo Tasca, serie Documenti – Francia, ph.Voir
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La costellazione prima del Fronte unitario

Quella divisione, peraltro, non era solo tra comunisti e socialisti, ma attraversava dall’interno ciascuna delle due aree anche oltre l’organizzazione dei due partiti, producendo una realtà di correnti e piccoli gruppi molto conflittuali tra loro.  Esisteva un cosmo molto largo che si collocava a sinistra: neosocialisti, radicali, mondo cristiano con i cattolico-sociali di Jeune République di Marc Sangnier. Senza tralasciare il fatto che quella divisione coinvolgeva non solo i partiti ma anche il movimento sindacale diviso essenzialmente tra due organizzazioni con forte rivalità reciproca: da una parte la CGT, vicina al mondo socialista, dall’altra la CGTU diretta dai comunisti.

Risultati delle elezioni del 1936 per dipartimento,
Archivio Angelo Tasca,
serie Documenti – Francia, ph. NYT

In risposta alla manifestazione del 6 febbraio, ha luogo, 6 giorni dopo, il 12 febbraio, una contromanifestazione che si caratterizza per una dinamica unitaria a cui partecipano Pcf, Sfio, CGT, CGTU così come numerose associazioni, tra queste la Lega dei diritti dell’uomo (LDH). Il Pcf, mette in sordina le sue critiche verso la Sfio con cui il 27 luglio 1934 firma un patto d’unità d’azione. Lo stesso fanno la CGT e la CGTU che raggiungono un accordo nel marzo 1936.

L’aspirazione all’unità era condivisa nell’insieme della sinistra, soprattutto sotto la pressione della società civile e dall’associazionismo, prima fra tutte LDH.

Les cahiers des droits de l’homme, n.5, 6 e 7, 20 febb-10 mar 1934,
Archivio Angelo Tasca, serie Documenti – Francia
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1938: la fine del Fronte popolare

Nel maggio 1935 le elezioni amministrative segnano un primo avanzamento per la sinistra. Qualche settimana più tardi lo spirito unitario si conferma nelle grandi manifestazioni per il 14 luglio.

Viene costruito e firmato, nel gennaio 1936, un programma di “Rassemblement populaire” tra i partiti della sinistra parlamentare – Partito radicale, Sfio, Pcf. È la base che consente la vittoria delle sinistre alle elezioni legislative del 26 aprile e del 3 maggio 1936: la Sfio ottiene 146 seggi, i radicali 116, i comunisti 72.  Il 26 maggio scoppia un’ondata di scioperi che spinge il governo, guidato da Léon Blum, appena costituito il 4 giugno, a firmare tre giorni dopo il suo insediamento, il 7 giugno, i cosiddetti «Accordi di Matignon»: due settimane di ferie pagate, settimana di 40 ore, sistema di protezioni collettive per categoria.

Tuttavia, il contesto internazionale già minaccioso, si aggrava a partire dall’estate 1936 sia con i grandi processi contro i dissidenti e poi oppositori in Unione sovietica, sia con lo scoppio della guerra civile spagnola (18 luglio 1936).

Si moltiplicano le difficoltà per il fronte popolare sul piano interno in conseguenza dell’azione politica dell’estrema destra, della destra antisemita e del mondo degli imprenditori. Léon Blum è così obbligato a dichiarare una «pausa» dell’azione riformatrice nel febbraio 1937 che annuncia il passaggio successivo, le dimissioni del governo, nel giugno 1937. Il fronte popolare a partire da quel momento, vive ancora sulla carta, ma è di fatto sempre più debole, avendo in gran parte perduto il suo slancio dinamico iniziale. Nonostante il ritorno al governo di Blum per alcune settimane nel marzo 1938, il Fronte popolare era l’ombra di se stesso. Aveva dovuto affrontare troppi avversari nel tempo breve della sua esistenza. D’altra parte, aveva ottenuto risultati significativi e questo spiega perché ancora oggi, nella memoria della sinistra sia ancora il simbolo di una sinistra vittoriosa.

Spostamenti manifestazione di estrema destra verso il parlamento,
Le Populaire, 3 febbraio 1935,
Archivio Tasca, serie Documenti – Francia
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Il (Nuovo ) fronte popolare oggi

Costituito nell’urgenza di dare una risposta all’indomani dello scioglimento della Camera dei deputati decisa dal Presidente Emmanuel Macron a seguito delle elezioni del 9 giugno scorso, la sinistra unita ha scelto il nome di “Nuovo fronte popolare” anche in forza di quella memoria.

I contesti nazionali, europeo e quello mondiale nel tempo attuale sono molto diversi, ovviamente, rispetto al quadro complessivo degli anni ‘30. Lo stesso vale anche per i protagonisti. Comparare non vuol dire far equivalere. Lo storico, tuttavia, opportunamente può rilevare certe equivalenze. Il fronte popolare non è stato in grado di contrastare efficacemente le questioni poste dalla Guerra di Spagna, poi l’atteggiamento da tenere nei confronti di Hitler successivamente all’Anschluss tra Germania e Austria (12 marzo 1938) poi al Patto di Monaco (30 settembre 1938).

Tra difesa della pace o risposta antifascista, che cosa era opportuno scegliere? Divergenze che hanno analogie con quelle presenti oggi all’interno della sinistra di fronte all’aggressione della Russia all’Ucraina. Le implicazioni internazionali di quel conflitto – posizione ambigua della Cina, dell’India e più ancora del «Sud globale» alla ricerca di una diplomazia in un mondo sempre meno occidentale centrico dividono la sinistra tra chi ha posizioni anti-atlantiste e chi sceglie la difesa di un «mondo libero».

Oggi come allora sono poste questioni le problematiche di una via pacifista della politica o di dare risposte ai regimi totalitari e dittatoriali. L’antisemitismo è altrettanto forte ma con differenze sostanziali tra allora e ora. Nel 1936 e negli anni successivi, ci furono derive antisemite a sinistra, ma furono infinitamente minori rispetto all’antisemitismo fondato sull’odio proprio delle destre estreme. Oggi il pogrom terrorista di Hamas e della Jihad islamista palestinese perpetrato il 7 ottobre 2023 in Israele e la risposta dello Stato ebraico che ha causato almeno 40.000 morti tra i palestinesi – per stare alle cifre del momento in cui scrivo – hanno avuto in Francia ricadute importanti. Nel corso dei primi sei mesi del 2024 gli atti di antisemitismo sono cresciuti del 284% rispetto allo stesso periodo del 2023, mentre sono sempre più strumentalizzati tanto l’islamofobia come l’antisionismo.

Altre analogie possono essere rilevate in relazione a questioni di politica interna. Prima di tutto il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen non ha mai veramente condannato l’eredità dell’estrema destra degli anni ’30 e della Francia di Vichy. Sono reali le convergenze tra “Abbasso gli stranieri” come si gridava negli anni ’30 e l’attuale programma del RN a proposito della «preferenza nazionale» che si presenta come protettore dei «nativi» contro coloro che hanno doppia nazionalità e che si schiera contro lo Ius Soli. La diffusione di queste idee da parte dell’estrema destra rimette in questione il «modello repubblicano». Appoggiandosi sulla legge votata all’inizio del 2024, l’obiettivo del Rassemblement National  è renderla ancora più dura.

Già resa fragile, la democrazia rappresentativa si è ancor più indebolita nel corso della breve campagna – tre settimane – voluta da Macron per le legislative. Nel 2017 e nel 2022 Macron si era presentato come l’argine all’estrema destra, ma la sua politica non ha fatto altro che favorirne la crescita. La convergenza delle sinistre in occasione delle elezioni legislative dello scorso giugno e dell’inizio luglio non ha niente in comune con le modalità con cui si è realizzata quella del 1936. Questa è stata fatta in un tempo estremamente corto dovendo costruire con urgenza un fronte repubblicano. Nel corso degli anni ‘30 la dinamica dell’unità aveva permesso alla sinistra di fare progressi considerevoli nel suo processo di reclutamento e per favorire il radicamento sul territorio. Il Pcf che aveva circa 30.000 iscritti all’inizio degli anni ’30 ne aveva 380.000 nel 1937; forte dei suoi 110.000 militanti all’inizio del 1934 il partito socialista ne aveva 280.000 poco più di due dopo. La vittoria della sinistra nel 1936 era la conseguenza di questa dinamica unitaria che si era definita in quel biennio. Diversamente la Nouvelle union populaire écologique et sociale (Nupes), frutto di un accordo elettorale congiunturale nel maggio 2022, non ha avuto a disposizione che tre settimane per promuovere l’unità delle sinistre e rassicurare i francesi per le e elezioni legislative del 2024. Infine se il Pcf, ha fatto di tutto a partire dal 1934-1935 per favorire l’unità della sinistra, La France Insoumise (LFI) si è comportata esattamente all’opposto in questi due anni LFI è stata molto divisiva nei confronti delle altre componenti della sinistra, e non ha detto niente al resto della società. Le attuali elezioni legislative hanno fermato l’accesso al potere del RN. Fino a quando?

Con 195 deputati, contro i 168 del partito di Macron e i 143 di RN, le elezioni hanno consentito al Nouveau Front populaire di arrivare primo. Ma la sinistra, lontana dai 289 deputati necessari per avere la maggioranza assoluta, divisa tra LFI e un blocco costituito da socialisti, ecologisti e un Partito comunista sul viale del tramonto, la sinistra oggi è incapace di trovare un accordo e scegliere un Primo ministro. Più divisa di sempre, obbligata a confrontarsi con una situazione difficile, nessuno è in grado di dire quale risposta sarà in grado di dare.

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