Durante la strategia della tensione emerge il legame tra ON e le forze dell’ordine, sotto la protezione americana
Il fondatore di Ordine nuovo Pino Rauti intervenne durante il convegno romano dedicato dall’Istituto Pollio alla guerra rivoluzionaria con una relazione intitolata La tattica della penetrazione comunista in Italia: si era nel maggio del 1965 e l’Italia antifascista sapeva che non sarebbe stato facile, si aspettava agguati e assalti dalle reti reazionarie ma non poteva immaginare cosa stava maturando nella pancia nera del paese.
Rauti, dopo aver descritto il mostro comunista con il suo “apparato pronto a scattare alla prima occasione” – ben sappiamo quanto i comunisti di allora si fossero votati a non oltrepassare le linee della Costituzione – indica la via per sconfiggere il nemico: dimenticate “gli schemi ottocenteschi dei partiti”, cari camerati, “spetterà ad altri organi, in senso militare, l’elaborazione completa della tattica controrivoluzionaria” [1]. Nello stesso consesso Giorgio Pisanò disse che era giunta l’ora di costituire gruppi anti-guerriglia ma Eggardo Beltrametti gli spiegò che non serviva, bisognava entrare nella IV dimensione della difesa, modo roboante per indicare l’uso dell’esercito contro la popolazione, secondo uno schema dei franchisti in Spagna o dei francesi in Algeria.
La guerra segreta contro il progresso sociale italiano
Il laboratorio politico del Pollio ha adeguato lo schema della guerra non convenzionale delle direttive statunitensi alle determinate circostanze storiche del nostro Paese: prevedeva la guerra contro l’Italia comunista e progressista, per stroncare il conflitto sociale e di classe che negli anni ’60 aveva dato forza e centralità al mondo del lavoro e delle soggettività sociali emergenti. Con la bomba di Piazza Fontana irrompe la violenza neofascista portando quel conflitto sociale su un piano paramilitare e deviando una prospettiva politica democratica e progressista. Regista italiano di questa strategia fu il generale Giuseppe Aloja, espressione dell’oltranzismo atlantico, la cui opera era stata apprezzata dal governo americano già dal 1962 [2], architetto dell’alleanza tra Forze Armate e di Sicurezza con i gruppi neofascisti, questi allevati e protetti in aree super-esclusive, cioè le base statunitensi e della Nato del Nord est.
Il ruolo nascosto dei servizi segreti nella strage di Piazza Fontana
Uno squarcio di luce sul 12 dicembre 1969 arrivò tardivamente dal vecchio democristiano Paolo Emilio Taviani che parlò di una figura sino allora sconosciuta tra i responsabili della strage di “un colonnello dell’Arma dei Carabinieri” e poi nel suo libro di memorie: “una parte dell’esplosivo venne fornita a uomini di Ordine nuovo da un agente nordamericano. Ma non era della Cia, proveniva dalla centrale tedesca in cui operavano americani e tedeschi. Questi americani appartenevano al servizio segreto dell’esercito, quello stesso che aveva la base nel Panama e oggi ad Aruba (Antille olandesi)” [3]. Proprio come aveva detto il super-pentito della destra Carlo Digilio, un servizio segreto militare non Cia. Sull’origine dell’esplosivo, tardivamente, anche Gian Adelio Maletti [4] disse di aver saputo nel ‘71 da un informatore del centro controspionaggio di Padova che l’esplosivo utilizzato per la strage era di tipo militare, consegnato alla cellula veneta di ON proveniente dalla Germania[5].
Un servizio segreto militare che rispondeva alla catena gerarchica della Difesa americana, non una diramazione della CIA: una differenza molto importante dal punto di vista della tenuta della segretezza e del ruolo strategico di questo tipo di operazioni nell’ambito del sistema di sicurezza nazionale USA.
Sapevano tutto ma scelsero di non fare nulla.
[1] La guerra rivoluzionaria , il terzo conflitto mondiale è già cominciato, Volpe editore, Roma, 1965, pagg. 97-98
[2] Venne insignito dell’onorificenza di Commender of the Legion of Merit, per aver << unito saldamente l’Esercito Italiano facendolo un anello della catena difensiva della NATO>>, conferita il 17 settembre 1962 dal presidente J. F. Kennedy e confermata il 1º apr. 1966 dal presidente L. B. Johnson, in https://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-aloia_(Dizionario-Biografico)/
[3] P. E. Taviani, Politica memoria d’uomo, Bologna, il Mulino, 2002, pag. 380.[4] Ex capo del reparto di del Sid, il controspionaggio, condannato in via definitiva per favoreggiamento nel 1987 e dal 1980 residente in Sudafrica
[5] A. Sceresini, N. Palma, M. E. Scandaliato, Piazza fontana, noi sapevamo, Roma, Aliberti, 2010, pag. 110, vedi anche G. Salvini, A. Sceresini, la maledizione di Piazza fontana, Milano, Chiarelettere, 2019, pag. 90.
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