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Francia, la ferita di Charlie


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Sono passati dieci anni dall’attentato terroristico del gennaio 2015 al giornale satirico Charlie Hebdo, a Parigi, quando il terrorismo islamico seminò morte nella sede del giornale uccidendo alcuni dei suoi redattori più impegnati e riproponendo l’idea di una società buia, senza possibilità di critica, di sorriso, di ironia, proprio nella patria storica della libertà in tutte le sue sfaccettature:  in primo luogo quella della libertà di stampa e di opinione che dalla Rivoluzione del 1789 prese le mosse per non fermarsi più. Basti pensare al fervore intellettuale che precedette la grande Rivoluzione, al pullulare di riviste, giornali, pamphlets, fogli satirici che ne accompagnò l’inizio con l’avidità e l’urgenza di chi finalmente scopriva una agorà prima negata. Il grande portale della modernità si era aperto. 

Charlie Hebdo, Dieci Anni Dopo Resiste

L’attacco jihadista è stato un segnale inquietante, un punto di svolta che avrebbe accompagnato la storia francese fino ad oggi e si ripropose subito nel novembre dello stesso anno con l’attacco violento del Bataclan, dello Stade de France, di Saint Denis, quando si sparò nel mucchio, nelle “terrasses” dei caffè strapieni di gente in una serata di tiepido autunno causando centinaia di morti e diverse decine di feriti, molti dei quali rimasti invalidi.  

Allora io mi trovavo a Parigi e a lungo dopo vi rimasi, vivendo lo smarrimento di una città colpita, stremata, con le strade pattugliate, la gente chiusa in casa su incitamento del governo, un deserto di silenzio e dolore per molti giorni. 

Ora in questi giorni, per ricordare la mattanza di gennaio 2015 e i giornalisti uccisi di Charlie Hebdo, è uscito un libro, Charlie Liberté, le journal de leur vie, scritto e curato dai giornalisti superstiti e dai nuovi entrati: un ritratto di ciascuno di essi ma soprattutto una testimonianza della loro passione, un’idea chiara e pulsante di cosa sia il giornalismo e in specie quello satirico, il giornalismo che graffia, irride, disvela, fa sgorgare la risata amara sui volti del potere, quale che sia, sulle credenze che annebbiano, sulle religioni spesso nemiche della laicità.  

La laicità, questo bene prezioso delle democrazie senza la quale è difficile parlare di libertà, è difficile, impossibile parlare di diritti, di costruzione di uno Stato al riparo da intromissioni ideologiche o totalizzanti. Non per caso diversi paesi europei fra ‘800 e ‘900 hanno provveduto a regolare i rapporti fra lo Stato e la Chiesa stabilendo ambiti precisi del potere di entrambi. Ed oggi più che mai è importante che la religione, la fede in questo o quel Dio a seconda delle diverse tradizioni, sia un fatto privato di ciascun cittadino e non venga strumentalmente trasformato in elemento o strumento politico dal governo di uno Stato o da gruppi eversivi che tendono a stravolgere le basi del vivere insieme, i valori fondanti della forma democratica. 

Ecco perché l’attentato a Charlie Hebdo è stato un attacco grave e carico di conseguenze, una spada feroce contro il libero pensiero, la libertà di espressione e quindi la libertà di stampa, propri dei sistemi democratici. 

Proteggiamo le democrazie

Da questo punto di vista diverse domande dovremmo porci per capire quale sia lo stato dell’opinione pubblica, il senso comune diffuso nella Francia di oggi ed anche in altri paesi europei. 

La prima impressione è che le democrazie resistono, garantite da Costituzioni lungimiranti e ben congegnate; ma un’ombra spesso le insegue, le mette alla prova, le minaccia soprattutto in momenti di crisi economica e sociale, di difficoltà che toccano vari strati della popolazione ed i populismi di piazza o di governo, l’invito a società chiuse e dirette dall’alto con la falsa promessa di una miracolosa consonanza fra il capo ed il popolo, sono a tutt’oggi una insidia da combattere. Penso alle limitazioni pesanti alla libertà di espressione nell’Ungheria di Orban o nella Turchia di Erdogan; penso anche agli attacchi alla stampa o a singoli giornalisti televisivi soprattutto da parte del governo Meloni qui in Italia, penso alle dichiarazioni spesso sopra le righe dello spartito democratico di Marine Le Pen che è parte non piccola del parlamento  francese, penso all’avanzare dei partiti razzisti in Austria e Germania, un cerchio insomma che si allarga nell’area europea e che è urgente circoscrivere. Penso anche agli episodi di antisemitismo riemersi dopo la guerra fra Israele e Hamas che confonde le scelte irresponsabili del governo di destra di Netanyauh con il sentire dei cittadini israeliani accentuando un clima di tensioni ed intolleranza. 

La Francia di oggi mi pare sia specchio di tante cose: vi è in essa un grande afflato democratico, come dimostrano le manifestazioni di questi giorni, che non cessa, mescolato però a salti all’indietro, vi è una proclamata volontà delle istituzioni a difendere libertà e democrazia, la pace, la condanna delle guerre ma su un sentiero incerto dove ai marmi di pregio si mescolano pietre aguzze, taglienti e insidiose. Il governo del presidente Macron in politica interna contraddice le sue dichiarazioni di principio. A quale principe quindi restituire lo scettro della libertà, dei diritti, di una piena cittadinanza? 

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