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L’Europa ostaggio del liberismo di guerra


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Trent’anni fa il trattato di Maastricht si sovrapponeva alle Costituzioni europee più avanzate, come la nostra, invertendo l’ordine delle priorità economico-sociali.

Se la nostra Costituzione antifascista aveva messo al primo posto l’eguaglianza e diritti sociali e del lavoro, il trattato istitutivo della Ue metteva al di sopra di tutto il mercato, l’austerità di bilancio, la libertà d’impresa. Un ribaltamento che passo dopo passo, con velocità diverse da paese a paese, ma sempre nello stesso versante, ha messo in crisi le conquiste sociali e democratiche dell’Europa e ha affermato il dominio dell’ideologia e delle politiche liberiste.

“Lo vuole l’Europa”

Il liberismo una volta veniva definito come “destra economica” per distinguerlo appunto dalle politiche economiche di sinistra, keynesiane e socialiste. Con il trentennio dopo Maastricht il liberismo ha mascherato come necessità oggettiva, persino come progresso, quella che invece era una autentica controrivoluzione, che intendeva demolire tutte le conquiste sociali dei decenni in precedenti. Lo vuole l’Europa era lo slogan con cui in Italia si imponevano controriforme che abolivano le vere riforme progressiste precedenti.

Gran parte della sinistra cosiddetta di governo ha accettato e fatta propria la controrivoluzione liberista, pensando di poterla guidare. Coloro che nelle piazze contestavano la globalizzazione liberista, i “no global” che manifestarono a Genova più di venti anni fa, avevano ben chiaro che la distruzione delle conquiste sociali nel nome del mercato avrebbe anche compromesso le conquiste democratiche. I no global avevano ragione su tutto, anche quando annunciavano che il trionfo del liberismo avrebbe fatto rinascere fascismo e guerra. Avevano ragione, ma come Cassandra furono non creduti ed irrisi.

Competitività e disuguaglianze

Ora la nuova Commissione Ue presieduta da Ursula von der Leyen, votata anche da gran parte di socialisti, verdi e liberali, è la più a destra della storia della comunità europea, la prima nella quale entri in ruolo apicale l’esponente di una forza erede del neofascismo, il partito di Giorgia Meloni che oggi giustamente festeggia.
Ma se l’asse politico del governo europeo è sbilanciato verso l’estrema destra, quello programmatico lo è ancora di più.
Nel suo discorso di insediamento Ursula von der Leyen ha esplicitato in modo persino brutale che i due cardini della sua politica saranno il progetto di competitività di Mario Draghi e il riarmo in funzione della guerra.

I grandi temi sociali, la povertà dilagante e le disuguaglianze crescenti, i licenziamenti per la crisi industriale, i bassi salari, il degrado dei sistemi sanitari pubblici e più in generale dei servizi sociali, tutto questo è assente o marginale nel programma della presidente della Commissione Ue. La stessa questione ambientale, che era stata il fiore all’occhiello della Ue, viene ora derubricata a variante della ricerca del massimo profitto.

Perché per Ursula von der Leyen, in pieno accordo con Mario Draghi, ogni problema nasce dalla scarsa competitività delle grandi imprese europee e solo quando esse saranno potenti come quelle degli Stati Uniti e della Cina, si potrà avere uno sviluppo socialmente equilibrato e compatibile con l’ambiente.

Economia guerrafondaia

All’Europa dei grandi monopoli privati di Draghi, von der Leyen ha poi aggiunto quella dell’economia di guerra.
La Russia spende il 9% del pil in armi, la media europea è ancora sotto il 2 %, ha lamentato la presidente della Commissione. Quindi bisogna far crescere le spese militari ben oltre il 2% chiesto dalla Nato, la virtuosa Polonia è già al 4. Tutto questo facendo finta di non sapere che già oggi la spesa militare complessiva dei paesi della Ue è quasi il doppio di quella russa.

Insomma anche senza il concorso di Giorgia Meloni, il governo Ue sarebbe programmaticamente di destra, della destra peggiore, quella che coniuga l’austerità lacrime e sangue con le privatizzazioni e con l’escalation guerrafondaia.
Nulla nelle parole di Ursula von der Leyen contrasta con quanto potrebbe annunciare in Italia un governo di destra. Neppure sui migranti, perché la politica dei muri e dei lager è nei fatti condivisa da tutti i vertici della Commissione.
Così quella sinistra come il Pd che in Italia contesta le politiche della destra, se le troverà legittimate dal governo europeo di cui anche il Pd è parte.
Ma al di là dello spettacolo del trasformismo dei politici italiani, la sostanza è che questa Commissione Ue rappresenta una Europa reazionaria e liberista, capace solo di fare proclami di guerra alla Russia e di sperare che gli Usa di Trump se la prendano con tutti gli altri tranne che con essa. Un disastro completo per il nostro continente.

Mettere in discussione Maastricht

Il discorso di Ursula von der Leyen al Parlamento europeo è stato un peana e un affidarsi a Mario Draghi, sanzionando così che il governo più penosamente di destra della storia della Ue è anche il governo dell’ex banchiere, puro rappresentante dello tecnocrazia liberista. Questa è la logica conclusione del percorso all’indietro avviato dal trattato di Maastricht.

Solo la messa in discussione di quel trattato e del cosiddetto vincolo euroatlantico, cioè dell’alleanza guerrafondaia dell’Occidente per difendere i propri affari, potrà in Europa riaprire la via alla democrazia e all’eguaglianza. Altrimenti sarà sempre più opprimente il dominio di quel regime che ho definito come LiberalFascismo.

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