Place de la Concorde, Parigi, 6 febbraio 1934. Ore 15.00.
Rive droite, l’appuntamento è sotto l’obelisco.
Chi sono i manifestanti?
Lentamente si forma una folla di manifestanti. La convocazione parte dai movimenti di estrema destra (Action française, Jeunesses Patriotes, Solidarité française, Croix de Feu del colonello La Rocque, Confédération générale des contribuables…) a cui si uniscono esponenti del ceto medio, abbattuti dalla crisi economica che è arrivata a investire il mondo del lavoro francese, della piccola rendita o del mondo contadino, a partire dalla fine del 1932.
Il bilancio dello Stato ha 15 miliardi di deficit, le casse del Tesoro non hanno che una riserva di 70 milioni di franchi (all’inizio del 1934 il potere d’acquisto è caduto del 54% rispetto ai giorni precedenti il “grande crollo” del settembre 1929).
In sintesi, il quadro dei manifestanti è fatto di tre componenti sociali e politiche: ex combattenti, organizzazioni ed esponenti dell’estrema destra.
Croix de Feu
In questa somma di organizzazioni forse la componente politicamente più articolata, in termini di parole d’ordine e di programma politico, è Croix de Feu. La Rocque, il suo leader carismatico il 1° ottobre 1933 sul periodico “Le Flambeau”, ha fatto pubblicare un profilo programmatico che per molti aspetti rinvia alle simpatie politiche della Croix de Feu nei confronti dell’esperimento fascista concentrato, su temi come: difesa dell’economia nazionale; garanzia dei diritti a favore della manodopera francese; limitazione del ricorso alla manodopera straniera; politiche di sostegno al risparmio famigliare.
La Francia dei francesi
Solidarité française è invece un movimento alle sue prime mosse. Fondato il 15 gennaio 1934 e bisognoso di uno spazio pubblico.
L’assalto al parlamento per il gruppo è anche un modo di trovare un proprio spazio e per emergere da una condizione di anonimato.
La loro intenzione è attraversare il Ponte di Place de la Concorde e andare a dare l’assalto alla Camera dei deputati.
La richiesta: dimissioni del nuovo governo (che proprio in quel momento sta insediandosi) e sostegno all’esponente dell’estrema destra, che invoca la costruzione di uno Stato di polizia. E, più genericamente, il “ritorno all’ordine”. Molti gridano alla richiesta che la Francia torni a essere dei francesi.
Il quadro politico e parlamentare è frammentato. Il gruppo politico più forte è quello dei radicali socialisti (con 157 deputati), cui seguono il Partito socialista (con 129 deputati), l’Unione repubblicana democratica con (con 76 deputati) e i Repubblicani (con 72 deputati).
Instabilità dilagante
Stiamo parlando di una situazione con – apparentemente – una componente di sinistra riformista, ma in realtà orientato su un profilo di centro. Soprattutto è un quadro instabile con una forte lotta interna alle componenti democratiche di centro. Dunque, nel complesso uno scenario politico debole.
La Francia è un paese non solo in piena crisi economica, ma soprattutto è un paese che è attraversato da una profonda crisi politica, oggi diremmo “crisi morale”. Pesano gli scandali giudiziari, il fallimento finanziario di Serge Stavisky, un caso che scuote nel profondo la società francese.
Lo scandalo Stavisky
Serge Alexandre Stavisky, di origine russa (nato a Kiev nel 1886), all’inizio non era niente di più di un piccolo truffatore che aveva scalato la società aumentando il volume e il livello delle sue truffe.
Ma, nel 1932 scoppia il grosso scandalo quando viene arrestato il direttore del Credito Municipale di Bayonne,
accusato di frode ed emissione di falsi buoni al portatore, per una cifra pari oggi a oltre 230 milioni di euro.Le indagini scopriranno poi che il direttore è una pedina di Stavisky, il quale a sua volta è in combutta con il sindaco di Bayonne, per altro anche deputato.
Lo scandalo trascina dietro tutti, politici, esponenti della buona società, alti funzionari statali, tutti in “buoni rapporti” con Stavisky. E così Sacha può godere di favori che gli permisero di fuggire, di rimandare più volte il proprio processo. Ma ovviamente erano in molti ad avere interesse che lui non facesse nomi.
L’8 gennaio 1934, Stavisky viene trovato morto in uno chalet di Chamonix con una pallottola in testa.
Gli inquirenti all’inizio dichiarano che si tratta di suicidio, poi l’impressione che si diffonde e che acquista forza nell’opinione pubblica è quella dell’omicidio compiuto da qualcuno che voleva metterlo a tacere per sempre.
Il tempo delle camicie verdi
Lo scandalo Stavisky si colloca nel momento più acuto della crisi economica, che in Francia significa non solo recessione, ma anche stagnazione, e che tocca il suo punto più basso tra novembre 1933 e aprile 1934. Momento in cui la Francia diventa spettatrice del decollo di un movimento radicale di protesta nelle campagne – quello che lo storico americano Robert O. Paxton ha indicato come il “tempo delle camicie verdi”. È nell’arco di pochi mesi che questo movimento si trasforma in una delle più potenti voci del malessere sociale francese tra il 1935 e scoppio della guerra.
Sono tutti elementi che all’inizio del 1934 danno forza alle formazioni dell’estrema destra francese di stimolare la mobilitazione antigovernativa e il malcontento.
Il 6 febbraio 1934 le varie formazioni della destra francese indicono una manifestazione a Parigi per dare sfogo alla rabbia e “marciare” contro il Parlamento corrotto nel giorno dell’insediamento del nuovo governo.
6 febbraio, Place de la Concorde
Questa è la folla che si è data appuntamento a Place de la Concorde.
L’agitazione comincia alle 17.00. All’inizio sono solo grida. “Abbasso i ladri”, “Polizia, schierati con noi”, poi iniziano a partire sassi. Alle 18.30 i manifestanti assaltano un autobus e lo trasformano in una barricata.
Una folla valutata in 50mila manifestanti (cui non sono estranei anche alcuni settori di manifestanti comunisti) tenta di marciare contro i palazzi del potere e arriva fino a 200 metri dal Parlamento con l’intenzione di assaltarlo.
La reazione è durissima: la polizia spara sui dimostranti causando 16 morti e quasi 700 feriti (una descrizione di quegli scontri di piazza con un occhio di simpatia ai manifestanti è data da Pierre Drieu La Rochelle nel suo romanzo Gilles)
La risposta, sei giorni dopo (il 12 febbraio 1934) sarà la Francia in strada (mezzo milione di persone solo a Parigi) a sostenere la democrazia e a chiedere la messa fuorilegge delle leghe di estrema destra.
Parlare al e del tempo, ora
In quella settimana è soprattutto la provincia francese a essere la protagonista della risposta. Mentre a Parigi le leghe di destra sono ancora padrone della strada, è infatti la provincia a prendere l’iniziativa della risposta democratica. Spontaneamente, già la sera del 6 e poi ancora nei giorni successivi, a Lilla, Nizza, Grenoble, Marsiglia, Nancy, Nantes, Nevers, Saint Nazare Lorient, Nimes, Tolosa, Cherbourg, Valence, Rouen, militanti di sinistra, di partiti politici spesso in reciproco confitto, decidono che quello non è più il tempo del litigio o dello scontro, ma quello dell’unità d’azione contro i nemici della democrazia.
Novanta anni dopo quante volte abbiamo assistito alla stessa scena? E, soprattutto: quanto questa scena parla al e del tempo ora?