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1921/2021. A 100 anni dalla “Domenica di sangue” di Bolzano. Costruire ponti per dare forma al futuro


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Il 24 aprile 1921, giorno di apertura della “Fiera di primavera” di Bolzano, circa 400 squadristi guidati da Achille Starace – fondatore dell’unica sezione dei fasci di combattimento presente nella provincia di Bolzano – aggredirono una sfilata in costume tirolese. Fu la “domenica di sangue” (in tedesco Blutsonntag o Bozner Blutsonntag), un’aggressione a colpi di arma da fuoco, manganelli e lanci di granate che scompaginò la manifestazione, ferendo circa cinquanta degli altoatesini presenti e causando la morte di Franz Innerhofer, un maestro elementare venuto dal comune di Marlengo – insieme ai suoi studenti – per l’occasione della fiera.

Come scrive Chiara Paris, il movimento fascista intervenne a Bolzano com’era già intervenuto, a partire dall’autunno del 1920, soprattutto in quelle zone d’Italia che avevano più attivamente partecipato al Biennio rosso del 1919-1920. La partita, in questo caso, si giocava però sul terreno scivoloso dell’identità e chiamava in campo la percezione di un rischio di assimilazione culturale. In questa dinamica, l’intervento di repressione squadrista – che ufficialmente muoveva contro delle presunte “tendenze pangermaniste” – andava ad assumere un connotato patriottico, ma al contempo antigovernativo nei confronti dei liberali al governo, tacciati come responsabili della debolezza italiana nella zona.

«Lassù c’era da ozonare l’atmosfera, da sbattere oltre Brennero i mestatori e gli intrusi, da fondare asili e scuole italiane, da favorire onestamente i connazionali, da mantenere un ferreo governo militare fino alla completa liquidazione delle mene pangermanistiche, dei plebisciti tirolesi».

Questo il commento che l’indomani «Il Popolo d’Italia» dedicava ai fatti di Bolzano.

E così, invece, si esprimeva Benito Mussolini nel discorso alla Camera nel giugno dello stesso anno:

«Vengo ai fatti del 24 aprile quando una bomba fascista giustamente collocata a scopo di rappresaglia e per la quale rivendico la mia parte di responsabilità morale segnò il limite al di là del quale il fascismo non intende che vada l’elemento tedesco».

Tornare a quella data significa mettersi alla ricerca delle lunghe radici di fenomeni che scuotono l’attualità e chiedono una risposta che non sia contingente e transitoria, ma capace di incidere sui nessi strutturali da cui generano. Oggi ricordiamo il centenario di una data che rappresenta l’occasione, ancora inquieta, di pensare a un nuovo patto sociale – per una cittadinanza più inclusiva – laddove le diversità devono convivere in uno spazio stretto, tornando su un momento tragicamente segnato dalle violenze fasciste contro la comunità tirolese.


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