Gli scontri fra gli azionisti per il controllo di una società, le OPA, cioè le offerte rivolte agli azionisti di una società di cedere le proprie azioni a un soggetto che vuole così prendere il controllo di quella società, le scalate amichevoli o ostili, cioè concordate o non concordate con il vertice della società di cui si vuole prendere il controllo, avvengono di continuo in tutto il mondo, sono parte del meccanismo capitalistico, esprimono – dicono gli apologeti del “mercato” – la vitalità dei meccanismi della concorrenza, cioè la continua ricerca di scelte più efficienti e di risultati migliori.
Si potrebbe così liquidare ed accantonare la vicenda della scalata, conclusasi con successo, di Mediobanca da parte del Monte dei Paschi di Siena. Se non fosse per tre aspetti che le conferiscono una fisionomia molto diversa da quella di una “normale” vicenda capitalistica.
Il primo è che l’OPA lanciata dal Monte dei Paschi fa seguito a vari tentativi falliti di due azionisti di Mediobanca e di Assicurazioni Generali di conquistare queste due società. Gli azionisti sono il costruttore edile Caltagirone e il gestore dell’eredità dell’imprenditore Del Vecchio Milleri che agendo in totale sintonia (il che dovrebbe avere dei riflessi sul piano del diritto societario se gli organi di vigilanza sui mercati avessero fatto bene il loro mestiere) hanno cercato più volte di sfiduciare e sostituire i vertici delle due aziende. Normalmente questo avviene quando l’azionista è scontento dei risultati e pensa che nuovi amministratori potrebbero fare e farebbero meglio. In questo caso invece sia Mediobanca, sia le Generali presentano, per giudizio comune, risultati estremamente positivi, forse migliorabili, ma quasi certamente peggiorabili se dovesse determinarsi un periodo di turbolenza al vertice.
Il secondo aspetto non proprio normale della vicenda riguarda la società che ha lanciato l’OPA, cioè il Monte dei Paschi di Siena. In genere nel “mercato” è il pesce grande che mangia il piccolo, anche perché è in grado di digerirlo meglio ed è il pesce più forte economicamente che si candida a prendere in mano una società che va male o che comunque potrebbe fare meglio. In questo caso la scelta è opposta: è il pesce piccolo che divora il grande ed è il malato che ingoia il sano. Il Monte dei Paschi è appena uscito – si spera stabilmente – da una lunga crisi nella quale ha ingoiato decine di miliardi di euro di fondi pubblici.
Ha ancora il Tesoro come azionista principale, ha una serie di liti giudiziarie pendenti che potrebbero comportare notevoli esborsi. E’ nella migliore delle ipotesi un convalescente. In passato quando banche antiche e gloriose come MPS sono andate in crisi – per esempio il Banco di Napoli – il governo fece in modo che se ne facesse carico una banca privata forte e sana come è Intesa Sanpaolo che lo ha assorbito e incorporato fra le sue attività. In questo caso si segue la strada opposta: il convalescente, appena uscito dal coma, diventa l’azionista principale di Mediobanca e indirettamente delle Generali. E’ probabile che Monte dei Paschi trovi in Mediobanca risorse che ne accelereranno la convalescenza, ma è anche probabile che, messa sotto la tutela di una banca reduce dal coma, anche Mediobanca cominci a dare risultati meno favorevoli.
Chi sono i primi azionisti di Mediobanca che hanno mostrato fiducia nel Monte dei Paschi? Milleri e Caltagirone. Ma perché allora non hanno fatto loro un’OPA su Mediobanca, senza bisogno di passare per una banca claudicante come MPS? La risposta è che la Banca Centrale Europea non consente che gruppi industriali possano acquisire il controllo di banche di dimensione rilevante come Mediobanca, mentre non hanno obiezioni al fatto che una banca assuma il controllo di un’altra banca. Dunque l’OPA del Monte dei Paschi è il modo in cui due azionisti hanno aggirato un ostacolo posto dalla BCE.
E qui viene la terza anomalia. Poco prima che MPS lanciasse l’OPA su Mediobanca, il Tesoro ha venduto una parte delle azioni che possedeva di questa banca e – guarda caso – fra i molti che si erano proposti di comprare le azioni, nell’assegnazione sono stati prescelti Milleri e Caltagirone i cui rappresentanti sono subito dopo entrati nel consiglio di amministrazione del Monte. Dunque è il Governo che si è alleato con due azionisti per prendere il controllo di una grande banca e delle Assicurazioni Generali. La magistratura indaga su tutta la vicenda che certamente appare singolare.
Come singolare è il silenzio che ha accompagnato fino quasi alla fine l’operazione. Quello che è certo che tutto si può dire tranne che “è l’economia, bellezza”, come disse una volta il Presidente Clinton. Qui è la politica mischiata agli affari. E in passato all’Italia questo cocktail non ha mai fatto bene.
