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L’apertura agli studiosi delle carte dell’Archivio Ruggiero Romano conservate presso Fondazione Giangiacomo Feltrinelli (l’inventario e la consultazione saranno disponibili nelle prossime settimane) rappresenterà un momento importante e significativo per affrontare e ripensare temi e problemi della storia economica, ma anche della storia pubblica, secondo un intreccio caro alla vocazione e alla passione civile di Romano.

A più di vent’anni dalla sua morte (5 gennaio 2002) e a cento anni dalla sua nascita (23 novembre 1923), Ruggiero Romano rimane essenzialmente uno storico che si è occupato di America e di Italia – in ogni caso più famoso nel circuito degli studi americani, dove ha contribuito a creare una consistente generazione di storici.

Un profilo cui significativamente di recente ha prestato attenzione la Giunta Centrale degli studi Storici con la riflessione di Aurelio Musi nell’ambito del ciclo di lezioni che la Giunta ha dedicato alle storiche e agli storici nella storia dell’Italia unita. Le carte del suo archivio ci dicono di più.

Come riassumere e descrivere il suo laboratorio?

Se stiamo ai temi si può dire così.

Un ambito: la storia economica e sociale. Un approccio privilegiato: la storia dei prezzi. Un periodo: la prima modernità, dal XV al XVIII secolo. Due spazi: l’Italia integrata nell’Europa e l’America Latina. Insieme.

In mezzo, molte questioni che lo hanno impegnato, collocate in Età moderna, tra Quattrocento e primo Settecento, che ancora oggi ci riguardano.

È ciò che le carte del suo archivio ci aiutano a capire e, anche, ci stimolano a indagare.

Ne cito alcune.

La questione dei salari in moneta e dei salari in natura. Un fenomeno solo premoderno? Del guadagno da lavoro espresso in soldi che si riscuotono, ma anche in benefit che si ricevono (scorte alimentari, protezioni sanitarie, riduzioni di tasse, agevolazioni fiscali).

Chi può dire che questo sia un fenomeno solo delle società tradizionali? In che modi, con quali procedure continua a essere proprio anche nel tempo presente?

Oppure: un sistema coloniale e imperiale che ha un centro, ma che presto entra in crisi economica sopravanzato da altre economie che avanzano.

Oppure una crisi che colpisce tutti nel Seicento, ma che poi vede alcuni soggetti sociali che quella crisi avvantaggia e altri che sono completamente annichiliti. La crisi non è uguale per tutti e non è uguale al di qua e al di là dell’Atlantico, non colpisce allo stesso modo tutte le colonie o tutti gli stati coloniali, ma anzi crea opportunità per alcuni e svantaggi per altri. Una condizione che, quando quel ciclo di crisi finisce, fa sì che l’ordine non sia più lo stesso, ma si definiscano nuove geografie economiche, nuovi territori avvantaggiati, nuove zone franche in cui accantonare ricchezze, risorse, denaro. Oggi si direbbe “paradisi fiscali”.

Come funziona la pirateria? È solo un fenomeno di violazione della legge o un percorso che si innesta nel conflitto tra potenze per il controllo commerciale di territori e a cui le potenze coloniali in conflitto tra di loro ricorrono?

Quale geografia descrivono le aree di distribuzione centro-periferia?

Quali processi di sviluppo e di crisi producono il circuito della moneta e quello degli scambi?

Come funzionano gli scambi verticali lungo l’asse delle montagne? Un fenomeno che riguarda soprattutto le Ande (ma anche le Alpi in Europa).

O ancora: quando e in quali fasi si affermano picchi di sviluppo economico in Italia? E quei picchi cosa indicano? Quale propensione economica sollecitano?

Quando si inverte il processo sviluppo/arretratezza tra Nord e Sud in Italia? Esistono solo tre Italie (come ci siamo spesso raccontati) o le Italie economiche e sociali sono molte di più e quali realtà commerciali, del lavoro, si impiantano tra Ottocento e Novecento? È possibile, e se sì come, parlare dell’Italia come un paese antico/moderno, più che un paese arretrato o sviluppato?

Sono questi alcuni dei temi che emergono dai materiali e dalle ricerche di Ruggiero Romano e che le sue carte ci raccontano.

Ma ci mostrano anche come quei temi si formino anche nello scambio e negli schemi di lavoro che crescono anche grazie a una pratica di confronto e di corrispondenza con molti studiosi (italiani, argentini, peruviani, cileni, messicani, statunitensi, francesi, svizzeri, soprattutto) e nei profili di lavoro e ai progetti che lentamente danno forme alle grandi opere (Storia d’Italia Einaudi, Storia dell’Economia italiana, Enciclopedia, Storia della natura).

I fascicoli di corrispondenza con gli storici sudamericani sono molto importanti anche per questo. Romano si è occupato costantemente, a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta fino alla morte, di America Iberica, soprattutto con la preoccupazione di formare una generazione di studiosi – europei e americani ­­– che si occupassero dei molti volti delle Americhe, oltre il mito.

I temi sono quelli su cui si concentrerà anche successivamente: il ruolo della moneta; che cosa sia un oggetto economico; come gli studi etno-antropologici siano di aiuto o aprano nuove sensibilità per lo studio dei comportamenti economici; cosa voglia dire ricerca storica e in che senso egli intraveda prima un conflitto e poi una crisi nella pratica culturale dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales (EHESS); che cosa sia la storia comparata; in che forme e in che modo riflettere sulla lezione di Braudel, a partire dalle pagine della prima sezione de La Méditerranée, ovvero considerando gli oggetti della geografia (isole, porti, ecc.).

Gli autori sono E. Tadenter, J.C. Garavaglia, T. Halperin, E. Florescano, J. L. Romero, A. Tortolero, John V. Murra, come rilevante è il consistente fascicolo della corrispondenza con la rivista «Desarrollo economico», con cui tra 1965 e 1967 discute proprio intorno ai temi di sviluppo e sottosviluppo. Senza tralasciare gli americanisti italiani con cui dialoga e che “forma” (M. Carmagnani, A. Filippi).

Oppure il suo mondo dell’École con cui discute (A. Dupront, N. Wachtel, Z. Moutoukias, J. Le Goff,…), o il carteggio con C. F. Russo, ovvero con la direzione della rivista «Belfagor» che tra 1979 e 1998 pubblicherà alcuni saggi di discussione molto importanti. Per esempio: sul profilo della storia d’Italia, sulla figura del Che, sui temi di una storia economica strutturali per pensare sviluppo, e molti altri.

 

 

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