La centralità delle piattaforme, diventate luoghi di confronto e conflitto dell’opinione pubblica, ha facilitato l’emersione di fenomeni di disordine informativo e ha accelerato l’attivazione dei processi di news engagement, spesso difficilmente controllabili. In questo scenario si colloca la destrutturazione della sfera pubblica “tradizionale” a vantaggio dell’emersione della cosiddetta “post-sfera pubblica”.
Il sistema dell’informazione appare attraversato da tendenze preoccupanti: dallo sviluppo di un subdolo “pensiero unico globale” all’emersione dei processi di frammentazione, in cui vengono di fatto cancellate le possibilità di discorso sociale alternativo a quello dominante, fino ai rischi di omogeneizzazione dell’opinione pubblica anche a causa di tendenze manipolatorie. Non è un caso, a questo proposito, che il tema della “manipolazione” nei media – quasi scomparso a fine anni Novanta finanche dalle aule universitarie – sia prepotentemente ritornato nel dibattito pubblico e nella ricerca accademica.
La Disinformazione Diventa Sistema
Il tema della manipolazione è stato spesso messo in relazione con il concetto di disordine informativo. In realtà, però, nella post-sfera pubblica, i processi di polarizzazione ed estremizzazione (quest’ultimo persino più evidente e facilmente definibile della “polarizzazione” affettiva e politica) tendono ad esacerbare la logica della disinformazione, che sempre più chiaramente si pone non come un accidente del sistema informativo bensì come una sua dimensione strutturale e sistemica; in altre parole, il disordine informativo tende a trasformarsi in un nuovo “ordine”.
L’ordine della disinformazione rende la menzogna un elemento strutturale della politica, determinando il successo di quelle che vengono spesso definite forme autoritarie della comunicazione.
In questa tendenza si collocano anche fenomeni come quelli della “de-umanizzazione”: si pensi alle vittime di un conflitto, raccontate con i loro nomi, le loro storie, oppure, al contrario, citate solo come numeri. O ancora alla “normalizzazione” della mediatizzazione della guerra, raccontata in termini polarizzanti o, peggio, anestetizzanti (in cui scompaiono le vite umane e i danni permanenti al territorio). Nella stessa logica si collocano i fenomeni di “normalizzazione” del nuovo ordine della disinformazione, come per esempio la scarsa (o assente) copertura mediatica di notizie “scomode”. Un esempio, in tal senso, è rappresentato dalle reiterate affermazioni di Papa Francesco contro il riarmo e l’incremento delle spese militari, scomparse dall’agenda di molte testate d’informazione.
Il Caso delle Elezioni in Romania
In questo scenario vanno letti alcuni fenomeni recenti. Le elezioni in Romania costituiscono solo un esempio – l’ultimo in ordine di tempo – di queste nuove tendenze. L’accusa di “manipolazione” attraverso i media ha determinato l’annullamento di un’elezione. Non l’accusa di brogli – che sarebbe una causa sacrosanta (se dimostrata) per l’annullamento di un’elezione – bensì il sospetto che sia stata esercitata una forma di manipolazione mediatica sull’elettorato. Un’accusa che determina due conseguenze logiche: la prima è che la manipolazione possa essere chiaramente provata e magari anche misurata; la seconda è che l’elettorato (quindi la popolazione) viva una sorta di minorità sociale. Durante i governi presieduti da Silvio Berlusconi, i partiti di sinistra avevano – giustamente – messo in guardia dai rischi provenienti da posizioni dominanti nel sistema dei media, parlando spesso di rischi di manipolazione. Tuttavia, nessuno si era mai spinto a chiedere l’annullamento delle elezioni, considerandole comunque l’esito della volontà popolare.
La Propaganda e il Gioco di Specchi: Verso una Spirale Autoritaria?
Che non tutti gli individui siano in grado di difendersi da fake news e forme di – più o meno evidente – manipolazione è messo in luce da molte ricerche; tuttavia, è difficile provare che esiste una manipolazione che orienta indiscriminatamente tutti i soggetti. E se è vero che è necessario difendere la democraticità del sistema garantendo libertà e trasparenza dell’informazione, è altrettanto vero che in Occidente ci stiamo abituando troppo facilmente all’idea che la propaganda sia solo quella degli altri.
Rovesciando i termini della questione: chi grida al golpe per la sospensione delle elezioni viene accusato di complottismo mentre chi le sospende, facendo riferimento a (presunte?) manipolazioni dell’opinione pubblica, sembra immune da tali accuse.
Il rischio di questo pericoloso gioco di specchi della propaganda è che la democrazia possa implodere dall’interno e avvitarsi in una spirale autoritaria, con la giustificazione apparentemente nobile della sua difesa.