Le nuove forme di povertà, come risultato diretto di modelli di sviluppo sbilanciati, si manifestano in modo particolarmente drammatico nei territori marginali, che siano aree rurali, piccole o medie città: l’esclusione diventa disoccupazione strutturale e perdita di accesso a istruzione, sanità e cultura.
Le piccole città, pronte a ribaltare le regole del gioco
Per questo l’Alleanza per le Transizioni Giuste, prima con un seminario a Jesi (Ancona) e poi all’interno del Forum Transizioni Giuste a Bologna, ha posto il tema come priorità: mettendo a confronto alcuni protagonisti di questi territori, tra amministratori e amministratrici, chi è attivo nella ricerca e nell’associazionismo, l’obiettivo è evidenziare il potenziale delle città piccole e medie come laboratori in grado di anticipare fenomeni, con soluzioni spesso inedite. Perché è evidente la concentrazione delle risorse economiche e dei servizi essenziali nelle grandi città con un divario crescente tra chi vive nei centri urbani privilegiati e chi è relegato ai margini, sia geografici che sociali.
Il modello dei contesti urbani, basato sull’attrattività e la competitività non può essere replicato ovunque e l’attuale crisi climatica e le transizioni demografiche, caratterizzate da una popolazione sempre più anziana, amplifica ulteriormente le fragilità.
Fuori dalle città, chi paga davvero?
Come avvenuto recentemente, sono i territori più vulnerabili ma anche quelli meno preparati ad affrontare gli effetti del cambiamento climatico, come eventi meteorologici estremi, siccità o alluvioni. Di fronte a queste urgenti sfide, è evidente che le soluzioni settoriali non sono più sufficienti, serve un approccio a favore della maggior parte della popolazione.
Il 66,4% degli italiani, infatti, in quella molteplicità di territori che non sono grandi città ma che definiscono il margine delle stesse, sono i punti, linee e superfici di congiunzione, tra la dimensione del grande tessuto metropolitano e quello dell’ambiente non urbanizzato.
Diventa quindi interessante e strategico immaginare futuri e azioni concrete discontinue rispetto al presente troppo urbano-centrico. Non c’è futuro, non c’è cambiamento, non c’è attrattività se i nostri territori marginali non diventano luoghi di innovazione con nuove forme di collaborazione tra cittadini, amministrazioni locali, imprese e organizzazioni della società civile.
Ripensare il futuro: oltre le statistiche
Di fronte ai dati che evidenziano un declino demografico in tutta Europa, non serve un puro esercizio di analisi, ma progettare veramente un destino diverso da quello previsto dalle statistiche. Come avviene in forma sperimentale a Jesi, Condove, Rovereto, Riolo Terme, Arpignano del Tronto, Sassuolo, Alghero, San Lazzaro di Savena, Rossano Calabro, amministrazioni al centro della riflessione dell’Alleanza. Serve riattivare il dibattito politico e sociale, ottimizzare i servizi pubblici, creare relazioni territoriali di lungo termine. Tuttavia, come sottolineato dagli amministratori coinvolti, le disuguaglianze sociali richiedono risposte urgenti: non esercizi di ricerca staccati dai territori per proporre soluzioni preconfezionate.
Abbiamo un potenziale enorme, ma è necessario superare le criticità croniche, proponendo al mondo della ricerca e alla politica problemi concreti e reali a cui rispondere rafforzando le capacità amministrative e investendo nei punti di forza di questi territori.
Dalla crisi alla coesione: costruire il cambiamento
Serve andare oltre la conservazione e preservazione, diventa prioritario individuare possibili modelli per affrontare le sfide sociali, ambientali e del lavoro: serve partire dai territori per progettare veramente su problemi reali come la gestione delle emergenze legate alle alluvioni o alla siccità, alla crisi agricola, l’accesso alla mobilità, e per ripensare servizi educativi, sociali e sanitari di fronte all’aumento della popolazione anziana. Progettare veramente assieme ai territori significa partire dai loro problemi ma anche dalle loro risorse, perché una maggiore coesione sociale è possibile grazie alla partecipazione diretta dei cittadini: la prossimità strutturale dei piccoli contesti può diventare un vantaggio competitivo per una migliore qualità di vita, ma serve prospettiva strategica di lungo periodo.
Dal punto di vista della sostenibilità sociale, nelle città piccole e medie è più gradevole vivere rispetto ai contesti più urbanizzati: hanno tessuti sociali che ancora funzionano, ma il loro protagonismo richiede alleanze coraggiose e un’azione collettiva e non può essere lasciato al caso.
_____________