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Leo Valiani e la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
e viceversa


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Cosa e perché

Venticinque anni fa, il 18 settembre 1999, moriva a Milano Leo Valiani.
Politico, partigiano, storico e giornalista, ebbe un ruolo fondamentale nella storia della Repubblica italiana ma anche della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. David Bidussa racconta in questa occasione il lungo patto di fiducia di Leo Valiani con la Fondazione e la ricercatrice Alice Giglia ci parla della sua figura in questo video.

Non ci sono molte immagini pubbliche di Leo Valiani e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Quelle che ci sono rinviano a una storia di lunga consuetudine e di «affetto» (parola impegnativa per una figura che difficilmente si abbandonava a gesti non controllati). 

C’è un servizio fotografico che lo vede spiegare al Presidente Sandro Pertini il senso del materiale documentario e librario esposto sui tavoli della Sala di lettura di via Romagnosi 3. Fu Valiani a organizzare quella visita. Pertini era a Milano per la prima della Scala, il 7 dicembre 1981. Quell’anno l’opera che inaugurava la stagione era Lohengrin di Richard Wagner, con la direzione musicale di Claudio Abbado e la regia di Giorgio Strehler. 

Valiani chiese esplicitamente che ci fossero alcuni documenti. La nascita dell’idea di politica con i testi in prima edizione di scritti di Thomas More, Machiavelli, Hobbes, Locke, Hegel, Rousseau. Che ci fosse l’edizione prima de “Il Politecnico” di Carlo Cattaneo e i periodici del 1848 europeo; le lettere di Andrea Costa, e i manoscritti di Turati, di Lenin e di Bakunin (soprattutto la lettera che annunciava la morte di Mazzini); le riviste di “Giustizia e Libertà” e le lettere tra Eugenio Curiel e alla direzione del Psi tra 1937 e 1939, i giornali della Resistenza e i documenti del ’56 ungherese e del ’68 praghese, i primi documenti di Solidarnosc. 

La visita di Sandro Pertini in Fondazione G. Feltrinelli.
In foto, da destra: Leo Valiani, Carlo Feltrinelli,
Sandro Pertini
e Giuliano Procacci (Presidente della Fondazione Feltrinelli)

Una dichiarazione di affetto

Pertini accompagnato da Valiani girò tra i tavoli, guardò in silenzio quelle carte, firmò il libro dei visitatori. La vista durò un’ora con tutto lo staff presidenziale in ansia per il timore di fare tardi alla Scala. 

Quella occasione era una dichiarazione di affetto di Valiani per una casa che sentiva sua, e che aveva piacere di mostrare a un «amico storico». Ma quella scelta era anche l’indicatore di una storia che sentiva sua. Quella storia era cominciata molto tempo prima, alla fine degli anni quaranta, con la pubblicazione dei primi scritti su «Movimento operaio» sugli anni della grande crisi del movimento democratico e socialista – quelli compresi tra il declino della Prima Internazionale e la nascita della Seconda, un tema a cui era molto legato. Quella storia che molti accantonavano perché era quella del tempo della sconfitta costituiva un segmento essenziale dei suoi interessi. All’origine stava quella dimensione che Carlo Levi ha colto e restituito a noi lettori con precisione nelle pagine de L’orologio (Einaudi, Torino 1989, pp. 159-160) nella riflessione che fa dire al personaggio che lo raffigura e che nel testo di Levi ha per nome Andrea Valenti:

«Eravamo partiti che volevano la rivoluzione mondiale, poi ci siamo accontentati della rivoluzione in Italia, e poi di alcune riforme, e poi di partecipare al Governo, e poi di non esserne cacciati. Eccoci ormai sulla difensiva: domani saremo ridotti a combattere per l’esistenza di un partito, e poi magari di un gruppo o di un gruppetto, e poi chissà forse per le nostre persone, per il nostro onore e la nostra anima: cose sempre più piccole e più lontane, e un’astratta passione sempre uguale. È triste: ma vedrai che andrà così. Ho avuto tempo di pensare e di riflettere in questi mesi che ero da Putti a curarmi la gamba. Siamo stati sconfitti, per molte ragioni che non dipendono da noi, ma anche per colpa nostra, che non sapevamo quello che si dovesse volere, e giocavamo a fare i Machiavelli, e abbiamo preteso di fare le riforme di struttura conservando o restaurando proprio quella struttura che volevamo riformare» 

La difficoltà al centro

Era una storia che sentiva sua e lo aveva visto impegnarsi e spendersi perché l’Istituto Giangiacomo Feltrinelli diventasse una Fondazione, e quel patrimonio di fonti che raccontava i momenti inquieti delle democrazie politiche e le difficoltà era al centro di quella mostra documentaria sulla Resistenza in occasione del quarantesimo della Liberazione. Un luogo per la ricerca storica come percorso di ricerca cui prendere parte attiva e a cui contribuire non solo con consigli, ma anche con la sua storia. 

Così a partire dal marzo 1979, mese dopo mese, Valiani decide di donare alla biblioteca una parte consistente della sua biblioteca di lavoro (con le note di letture), ma soprattutto di conferire e costruire la sua raccolta di manoscritti, corrispondenza e note che accompagnano la sua collaborazione a periodici e riviste.  

Ogni primo lunedì del mese

La procedura è molto semplice: il primo lunedì del mese un bibliotecario si reca nell’ufficio che la Banca Commerciale Italiana gli ha assegnato in via Brera 5 e ritira un consistente fascicolo di carte, unitamente a svariate scatole di libri. 

Il risultato nei venti anni successivi è costruzione di una collezione che sovrintende e controlla, di cui ogni anno chiede di verificare l’ordinamento e la classificazione secondo quanto richiesto. Una pratica che va avanti fino alla settimana prima della morte e che poi la famiglia continua nei mesi seguenti riordinando le fonti rimaste a casa. Più che un archivio quella raccolta è la costruzione di una collezione di temi, questioni, frequentazioni. La prova di una lunga confidenza, di un patto di fiducia che era nato molti anni prima, alla fine degli anni quaranta, che si era mantenuto con Giuseppe Del Bo, e che poi era continuato con Salvatore Veca. 

L’ultima volta che Valiani è comparso in sala di lettura era il 9 febbraio 1999, giorno del suo 90° compleanno. In quella occasione ci fu una festa per ascoltare le sue parole. A parlare con lui, a quel tavolo, con generazioni di studiosi, amici, conoscenti, la direzione della casa editrice Feltrinelli, con Inge Feltrinelli, i librai Feltrinelli, e ad ascoltarlo comparve Indro Montanelli, un altro novantenne. Era la prima volta che il giornalista metteva piede nella Sala di lettura e Valiani si divertì a illustrargli i pregi di una collezione e di una istituzione. Il messaggio era semplice. Quello che voleva raccontargli era perché quella fosse anche casa sua.

Le radici storiche

L’archivio, la biblioteca di lavoro, la bibliografia

L’archivio

L’archivio, o Fondo Leo Valiani, è costituito dalla documentazione prodotta e conservata da Valiani in un arco temporale che va dal 1938 al 1999, ed è composto da 513 fascicoli. Conserva documentazione di carattere professionale, riconducibile ai molteplici interessi e alle attività di lavoro, pubblicistiche e di ricerca storico-politica, svolte dal soggetto produttore, una esigua ma significativa sezione di documenti di natura privata e familiare, che testimoniano di avvenimenti importanti della sua biografia personale, e i carteggi, che rappresentano il nucleo più consistente del fondo.

La lingua della documentazione è generalmente l’italiano, anche se è presente un certo numero di carte in francese, inglese, spagnolo, tedesco e ungherese.

L’importanza assunta da Leo Valiani nella storia politica sociale e culturale italiana si riflette sulla ricchezza di informazioni che scaturisce dalle carte, dove la sfera personale si mescola con quella pubblica. Una rilevanza che va ben oltre gli interessi specifici di Valiani, rappresentando un’importante fonte non solo per ricostruzione biografica, ma per la storia del Novecento non solo italiano.

La biblioteca di lavoro

Le migliaia di volumi che costituivano la biblioteca di lavoro di Leo Valiani sono entrate a far parte del patrimonio della Fondazione attraverso versamenti incrementali da lui predisposti a partire dal 1979 fino all’ultimo ingente versamento (circa 3.500 volumi) avvenuto dopo la sua morte. Proprio questa modalità di acquisizione periodica ha determinato la scelta di far confluire i testi nelle varie sezioni monografiche già esistenti secondo una coerenza tematica. Per l’ultimo versamento invece, anche per la sua consistenza numerica, è stata costituita una sezione dedicata per la quale è stato prodotto un catalogo organizzato per titoli provvisto di un indice per autori.

Anche la biblioteca di lavoro, come già sottolineato per le carte d’archivio, rispecchia la molteplicità e profondità degli interessi di Leo Valiani, ma è particolarmente interessante e preziosa la sua modalità di lettura che si evince dalle numerose note manoscritte che si trovano in particolare sulle carte bianche che precedono i frontespizi e ai margini delle pagine di gran parte dei suoi libri.

La bibliografia

Nel 2000 Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ha pubblicato il volume Tra storia e politica. Bibliografia degli scritti di Leo Valiani, 1926-1999 curato da Giovanni Busino. Il volume raccoglie tutti gli scritti di Leo Valiani (articoli, monografie, contributi, saggi) organizzati cronologicamente e corredato di indici per testata e per firma. Nel 2009 la bibliografia è stata riversata in un database composto da circa 4.500 schede digitali. Nel 2008, per la curatela di David Bidussa, è stato pubblicato negli «Annali» della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli il volume Leo Valiani, tra politica e storia. Scritti di storia delle idee (1939-1956), a cura di David Bidussa.

Scarica qui “L’Italia delle occasioni mancate” 

l’introduzione di Giovanni Busino al volume

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