“Il personale è politico”:
la lezione argentina di Ni una menos


Articolo tratto dal N. 26 di

Chi lotta non è mai sola

3 giugno 2015

In Argentina la terra ha iniziato a tremare più forte il 3 giugno 2015. Centinaia di migliaia di persone si erano ritrovate nelle piazze di tutto il Paese per dire basta ai femminicidi e alla violenza maschilista. La data è riconosciuta come la nascita di Ni Una Menos, il movimento che ha dato nuovo impulso all’organizzazione delle rivolte femministe e ha segnato una svolta nella presa di coscienza collettiva delle violenze che subiscono le donne e le soggettività dissidenti.
A
dieci anni da quell’evento storico e con il governo del presidente neoliberista Javier Milei, le cui posizioni sono in modo esplicito ostili nei confronti dei diritti civili, in Argentina le organizzazioni femministe non smettono di tessere relazioni e creare pratiche.

Un movimento di massa

Nel corso di un decennio di mobilitazioni, Ni Una Menos ha saputo leggere la congiuntura storica e ha trasformato la sua capacità di analisi in attività sui territori e in corpi che diventano visibili.
Il
movimento ha mostrato come la violenza di genere e i femminicidi non sono fatti privati e legati a relazioni interpersonali ma hanno una matrice politica, culturale ed economica. In un’esplosione che è diventata un processo di crescita, ha tradotto nelle piazze il messaggio “il personale è politico”, generando un cambiamento radicale nella società e nella tolleranza verso le violenze prodotte dal patriarcato. Ha politicizzato spazi che fino a quel momento non erano direttamente legati ai movimenti delle donne ed è entrato in luoghi dove i movimenti femministi facevano fatica a farsi ascoltare, come i sindacati e le scuole.
In Argentina con Ni Una Menos il
femminismo è diventato un movimento di massa, portato avanti corpo a corpo nelle strade, che negli anni ha reso più ampi i terreni dello scontro: non solo le violenze ma anche i diritti sessuali e riproduttivi, il salario e il modo di produrre valore, il colonialismo, il razzismo e l’ambiente.

Da Daiana García a Chiara Páez

Nella storica manifestazione del giugno 2015, le principali rivendicazioni riguardavano temi legati alla violenza di genere. La marcia era stata convocata a seguito gliennesimiviolenti femminicidi: Daiana García, ragazza di 19 anni scomparsa dopo essere andata a un colloquio di lavoro il cui cadavere era stato trovato chiuso in un sacco, e Chiara Páez, uccisa a 14 anni dal fidanzato perché incinta.
A
quell’urgenza di manifestare, avevano risposto molteplici soggettività: non solo persone che provenivano dalla tradizione del femminismo e dei diritti umani, ma anche chi abitava altre forme di attivismo o era estraneo alla militanza. Identità diverse erano entrate nei discorsi creando un nuovo soggetto politico che muove le maree e parla di desiderio.
 

Foto di Irupé Tentorio

Negli anni Ni Una Menos ha ampliato i margini storici dell’azione e ha generato programmi di cura, solidarietà e accompagnamento sui territori. Il movimento ha approfondito il suo sguardo, abbracciando battaglie diverse nella traiettoria di una critica intersezionale che ha reso il femminismo argentino un punto di riferimento a livello internazionale.
I
l pañuelo viola (il fazzoletto emblema del movimento) e quello verde (icona della campagna per l’aborto legale, sicuro e gratuito) sono diventati simboli che hanno superato il Paese, adottati nelle loro reinterpretazioni anche in Europa e dal movimento Non Una di Meno in Italia. La creatività argentina è stata fonte di ispirazione e lo è tuttora 

Lo sciopero del 19 ottobre 2016

Negli incontri e nelle assemblee di Ni Una Menos le parole hanno continuato ad aprirsi: le discussioni andavano dalla famiglia eteronormativa all’amore romantico, dal salario alla violenza economica.
Nella
prospettiva di un allargamento dell’azione, è stata presa la decisione di utilizzare lo sciopero, strumento politico fondamentale per le lotte del movimento operaio, reinterpretandolo.
La prima volta
che in Argentina le donne, e le soggettività non binarie, hanno scioperato è stato il 19 ottobre 2016. Lo sciopero ha segnato un ulteriore passaggio: ha permesso di pensarsi non come vittime di violenza, o come persone che necessitano una forma di assistenza di cui lo Stato e le istituzioni devono assumersi la responsabilità, ma come soggettività che producono valore.
Ni Una Menos ha
portato in strada la questione centrale del lavoro di cura e del lavoro domestico non retribuito, sviluppando una critica dei modi di produzione neoliberisti che accentuano e creano disuguaglianze. Lo sciopero ha mostrato in modo visibile che le violenze maschiliste sono connesse alla precarizzazione lavorativa e sociale. Reinterpreato da donne, soggettività non binarie, persone travestite e transgender, questo strumento ha trasformato il movimento contro i femminicidi in un movimenti anti-neoliberista.

I diritti delle donne in Argentina

Nell’Argentina del presidente Milei, i diritti delle donne e della comunità LGBTQ+ sono colpiti in modo diretto.
Nel
suo primo anno alla Casa Rosada, il leader del partito La Libertad Avanza ha chiuso il ministero delle Donne, del Genere e della Diversità, smantellando decenni di politiche femministe.
I tagli alla spesa sociale e l’aumento dei costi, insieme alla riduzione dei sussidi per le persone vulnerabili, hanno causato un aumento della povertà tra le donne, su cui pesa la maggior parte del lavoro domestico e di cura, e le soggettività dissidenti che spesso svolgono lavori informali.

Nel Paese che è diventato un laboratorio del neoliberalismo, la destra sta attaccando in modo diretto i movimenti femministi. Oggi nel contesto della crisi economica, tra i principali campi di battaglia di Ni Una Menos ci sono la critica dei discorsi di promozione dell’odio del presidente e la critica del sistema neoliberista che rende precario il lavoro e la vita, contribuendo ad alimentare cicli di violenza sistematica.
Nelle
ultime marce che si sono tenute il 1 febbraio e l’8 marzo, cui hanno partecipato decine di migliaia di persone, Ni Una Menos ha messo al centro del dibattito il legame tra la violenza economica e la violenza finanziaria che costringe le donne a indebitarsi per potere sopravvivere, mentre il loro lavoro rimane non riconosciuto e invisibile. Come dieci anni fa, in Argentina la terra continua a tremare.
 

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