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Atto di povertà

Lo stile di governo di Giorgia Meloni si basa su un atto di fede da parte del “popolo meloniano”. Dove abbiamo già visto questo copione?


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Dalle parti del governo si parla molto di poveri, ma non sembra che si faccia molto per i poveri. Insomma, alla parola povero tutti a dire “amarcord”, poi sale la nebbia.

Eppure, si dirà, non ci sono segni di opposizione da quel mondo o almeno non c’è un livello significativo di protesta.

Forse stiamo di fronte a una parte in commedia che presuppone un atto di fede, con un copione di sicuro effetto. Cos’è e come funziona?

Nello stile linguistico del presidente del Consiglio in carica, c’è allo stesso tempo una novità, e una lunga consuetudine, proprio dello stile di governo. La novità consiste indubbiamente nel genere, nella continua sovrapposizione tra pubblico e privato (forse più appropriato dire “intimo”). Uno stile con cui l’on. Giorgia Meloni ha da una parte costruito la sua immagine nel tempo della corsa alla presidenza – come scrive in Io sono Giorgia. Le mie radici le mie idee (Rizzoli 2021) – e ha celebrato il suo primo anno di governo con La versione Giorgia (Rizzoli 2023), nel libro intervista costruito con Alessandro Sallusti.

Quello stile solo apparentemente costituisce una novità: per esempio ce l’aveva il presidente della Repubblica Giovanni Leone, ma era parte anche di una certa retorica dell’antipolitica di Marco Pannella. Il binomio era stabilire una familiarità e poi rivendicare la propria diversità, spesso con orgoglio, quasi con rabbia.
In quella diversità sta la costruzione di un profilo fatto di eccezionalità, estraneità, condita in salsa di bontà/misericordia, ma sempre confermando una gerarchia. Ovvero: io sto sopra e voi state sotto (qualcuno si ricorda la massima del Marchese del Grillo?). Ci possiamo dare del tu, ma poi ognuno rimane al posto suo, quello che gli spetta.

Dove abbiamo già sperimentato questo rapporto doppio?
A pensarci bene in tutto il culto mariano. Un culto che si compone di vari passaggi.
Primo passaggio: apparizione della Madonna. Sempre in periferia di fronte a persone semplici, a poverelli, ad analfabeti.
Secondo passaggio: il culto che nasce da quell’apparizione fonda un rapporto con Dio che sfugge al condizionamento del potere; la Madonna non ha bisogno della canonizzazione pontificale; la Madonna è del popolo prima che delle istituzioni.
Terzo passaggio: solo da se stessi e da chi ci è vicino, da chi ci conosce e da chi conosciamo, ci si può attendere qualcosa di buono.
Quarto passaggio: quel culto testimonia della domanda di protezione che garantisce che solo se si è devoti si sarà protetti.

La Madonna è lì per questo. Aspetta solo l’atto di devozione. Aspetta con pazienza.
Del resto, se si guarda ai poveri, alla precarietà del proprio stato; alla durezza dei rapporti sociali: la tradizionale lontananza delle istituzioni non sono lì a comunicarci che solo un “miracolo” può farci risorgere?

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