La costruzione dell’Europa sulla base di un nemico comune
Altiero Spinelli sosteneva un’Europa federale, un sogno utopico, oggi ancor più utopico che mai.
La guerra contro la Germania nazista aveva unito le posizioni più disparate: Stalin era con Churchill e Roosevelt, in Francia de Gaulle era con i comunisti, in Italia Togliatti e De Gasperi erano dalla stessa parte.
Ma l’Europa che emerse dalla guerra, una volta sconfitto il nemico comune, era profondamente divisa: gran parte dell’est era nella sfera d’influenza sovietica, gran parte dell’ovest in quella americana sotto l’ombrello della NATO; alcuni paesi rimasero non allineati (tra cui Svezia, Finlandia, Austria e Svizzera), ma erano inequivocabilmente parte dell’“Occidente” (la Jugoslavia fu un’eccezione); alcuni (nella sfera occidentale) erano dittature (Spagna, Portogallo e infine Grecia). La Germania era divisa. La costruzione dell’Europa procedette individuando un nemico principale.
L’economia fu al centro dei primi passi di questo processo, con la creazione di quello che venne chiamato il “Mercato Comune”. Ancora oggi, “Europa” è principalmente un’entità economica, anche dopo il crollo del comunismo tra il 1989 e il 1991. I confini sono stati parzialmente aboliti in diversi paesi (Schengen).
In 20 paesi dell’Ue esiste una moneta unica. Non esiste una politica fiscale comune (prerogativa centrale dello stato moderno). Non esiste una politica comune di welfare. Non esiste una politica estera comune, nonostante le patetiche pretese che ne esista una. Certo, sono in corso grandi sforzi per descrivere la Russia di Putin come una minaccia per tutta l’Europa, come se la disastrosa invasione dell’Ucraina da parte di Putin non fosse una palese dimostrazione del fatto che la Federazione Russa, incapace di sottomettere l’Ucraina dopo tre anni, possa intrattenere l’assurda idea di invadere Germania, Francia o Regno Unito.
Lo spettro dell’estrema destra si aggira in Europa
Come avrebbe potuto dire Karl Marx, ma non lo fece, uno spettro si aggira ora per l’Europa: lo spettro dell’estrema destra.
Nel Regno Unito, il partito di estrema destra Reform Party è ora il terzo più grande (in termini di voti). In Francia, il Rassemblement National di Marine Le Pen potrebbe vincere le prossime elezioni presidenziali. In Italia, negli anni ‘90, molti erano inorriditi quando Berlusconi invitò Alleanza Nazionale nella sua coalizione. La leader del partito successore, Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, è ora presidente del Consiglio.
In Austria, il Partito della Libertà d’Austria (FPÖ) ottenne quasi il 27% dei voti alle elezioni del 1999, quasi alla pari con il centrodestra (Partito Popolare Austriaco, ÖVP). Nel 2023, nei Paesi Bassi, il Partito per la Libertà di Geert Wilders, anti-immigrazione, è diventato il primo partito ed è parte della coalizione di governo.
In Scandinavia, a lungo considerata il modello di una socialdemocrazia intelligente, si è assistito a una crescente legittimazione dei partiti populisti di destra.
In Norvegia, il Partito del Progresso è salito a oltre il 22% nel 2009 e poco dopo è entrato nel governo di coalizione, per poi declinare ed essere oggi all’opposizione con poco più dell’11%. In Svezia, i Democratici Svedesi, un tempo considerati troppo estremisti (alcuni dei loro leader originali erano filo-nazisti), hanno ripulito la loro immagine e, alle elezioni del 2022, sono diventati il secondo partito in Svezia con il 20,5% dei voti, superando di poco il Partito Moderato.
Anche la Germania ha assistito a una grande svolta a destra. Un tempo si pensava fosse vaccinata contro l’estrema destra a causa del suo passato, ma oggi il paese sta assistendo al declino dell’ex forte Partito Socialdemocratico (SPD) e all’ascesa di Alternativa per la Germania (AfD), che ha spinto l’SPD al terzo posto nelle recenti elezioni.
Il modello occidentale è entrato in crisi
Il crollo del comunismo non è stato seguito, come molti avevano sperato, dall’emergere in Europa orientale di una configurazione politica simile a quella che ha dominato l’Europa occidentale dopo il 1945. I partiti socialdemocratici di una certa forza non hanno sostituito i vecchi partiti comunisti. Sono invece emersi partiti populisti di destra, come il Partito Diritto e Giustizia in Polonia e Fidesz di Viktor Orbán in Ungheria.
Di fatto, è stato il modello occidentale a entrare in crisi, e non solo a causa di Donald Trump. Questo modello consisteva in un sistema bipartitico o in un sistema a due blocchi diviso tra conservatori di centrodestra moderati e socialdemocratici moderati. La destra moderata si ispirava spesso al cristianesimo (come in Italia e Germania) o al nazionalismo (i gollisti in Francia o i conservatori nel Regno Unito), mentre il centrosinistra moderato, avendo da tempo abbandonato l’obiettivo di porre fine al capitalismo, faceva del suo meglio per riformarlo.
Questi due blocchi moderati sono ora in crisi. L’unità forgiata nella resistenza contro nazismo e fascismo è allo sbando. Il discorso politico sull’unità europea ora ruota attorno al riarmo, come se un esercito comune europeo fosse probabile, come se la russofobia potesse unire gli europei. Tutto ciò che riuscirebbe a ottenere sarebbe un aumento della tensione russa.
Il centro è in crisi, così come la socialdemocrazia moderata. Forse William Butler Yeats, il grande poeta irlandese e ammiratore del fascismo negli anni ‘30, ci aveva visto giusto nella sua poesia The Second Coming: