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Comprendere le radici della crescita cinese per analizzarne le criticità attuali


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L’economia cinese, osservano molti analisti, ha raggiunto un punto critico e il suo attuale modello di crescita economica starebbe perdendo slancio.  

Le misure di produzione industriale, consumi e investimenti hanno rallentato più del previsto nel periodo post covid. Il tasso di disoccupazione è salito a livelli senza precedenti. Si pensi che il tasso di disoccupazione giovanile urbana è cresciuto fino a toccare il 17,1 % a luglio 2024 (era a 13% nel mese di giugno 2024).  

Alcune analisi economiche sottolineano come nonostante le difficoltà causate dalla pandemia e l’impatto geopolitico dei conflitti in corso e dell’ostilità americana, negli ultimi anni l’economia cinese abbia ottenuto risultati di crescita significativi. Per il 2024 la Cina ha comunque fissato un obiettivo di crescita del Pil pari al 5%, lo stesso dell’anno scorso e il livello più basso degli ultimi decenni. I dati del primo trimestre 2024 evidenziano un +5,3% per il Pil cinese. Secondo i dati diffusi dall’Ufficio nazionale di statistica, il rialzo su base congiunturale è dell’1,6% contro l’1,4% stimato alla vigilia. 

A parte i dati congiunturali e le varie prospettive di interpretazione, è innegabile come la Cina si trovi ad affrontare molte sfide strutturali. Lo dimostrano la riduzione forte della produttività, il calo della forza lavoro, le restrizioni al trasferimento di tecnologia imposte dagli Stati Uniti e da altri paesi, la forte crisi del settore immobiliare, l’indebitamento esorbitante dei governi locali, la fiducia ridotta dei giovani nel futuro rispetto alle persistenti difficoltà a trovare lavoro. 

Per comprendere in pieno le sfide che la Cina sta affrontando occorre una conoscenza profonda delle dinamiche e dei pilastri su cui si è fondata negli ultimi 40 anni la sua crescita 

In questo breve contributo, se ne riassumono i tratti principali, affinché si possa in modo corretto interpretare il presente e prevedere le evoluzioni future.

Per il 2024 la Cina ha comunque fissato un obiettivo di crescita del Pil pari al 5%
Per il 2024 la Cina ha comunque fissato un obiettivo di crescita del Pil pari al 5%

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L’apertura al mondo: la politica dell’Open door

Durante oltre 40 anni di riforma e apertura, la Cina ha ottenuto risultati sorprendenti sia nella crescita del PIL sia nello sviluppo industriale. Ciò è stato reso possibile non solo dalle riforme orientate al mercato, ma anche dall’implementazione di importanti strategie di politica industriale, che si sono nel tempo adeguate alle mutevoli condizioni del contesto socioeconomico. 

La politica di riforma e di “open door” attuata da Deng Xiaoping a partire dalla fine degli anni Ottanta pose le basi per una forte crescita economica e industriale del paese senza che lo stato abbandonasse la propria posizione dirigista sull’attività economica. Mentre il commercio e gli investimenti venivano gradualmente liberalizzati, i flussi finanziari rimanevano sotto il controllo stringente cinese.  

Il ruolo di guida del governo fu mantenuto anche grazie all’adozione di una precisa strategia di definizione della “geografia della produzione”, attraverso l’apertura di Zone Economiche Speciali (SEZ): aree ben definite e scelte accuratamente dal governo come luoghi di osservazione e sperimentazione del passaggio a un’economia maggiormente di mercato, permettendo la gestione dei tempi di conversione al capitalismo.  

In questo contesto controllato e protetto dal governo, la prima fase dello sviluppo industriale cinese poté contare su manodopera a basso costo e standard ambientali di basso livello, che abbattevano i costi di produzione e favorivano la competitività dei prodotti cinesi a livello internazionale. Le esportazioni iniziarono a costituire il principale motore della crescita economica cinese. 

Deng Xiaoping
Deng Xiaoping

L’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio

Agli inizi degli anni Duemila, l’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) ha reso la Cina un paese globalizzato a tutti gli effetti, attirando investimenti esteri da parte di tutto il globo (da qui l’appellativo della Cina, divenuta in quegli anni la “fabbrica del mondo”).  

Questo passaggio fu accompagnato dalla politica del Go Global, lanciata nel 2000 e successivamente incorporata nell’11° Piano Quinquennale (2006­ 2010). Questo nuovo quadro istituzionale supportava i processi di internazionalizzazione delle imprese cinesi e mirava sia ad acquisire nuove risorse (naturali in primis) e competenze all’estero, sia una maggiore capacità competitiva internazionale. 

La crisi finanziaria del 2008 e il conseguente calo della domanda internazionale hanno costituito un primo importante momento di svolta nell’approccio cinese allo sviluppo economico, rintracciando non solo nelle esportazioni all’estero ma anche nelle potenzialità di espansione del mercato interno le opportunità di crescita dell’economia nazionale.

Gli investimenti nel settore delle infrastrutture e delle costruzioni sono stati, sotto questo profilo, centrali per sostenere una crescita costante e lineare. Contestualmente anche la società cinese ha subito un profondo mutamento. Con il progressivo aumento del benessere della popolazione sono maturate esigenze differenti, legate a una crescente domanda di accesso all’istruzione, alla mobilità, al tempo libero, alla qualità del cibo, a un ambiente pulito e, soprattutto, alla salute. Mentre nelle fasi iniziali dello sviluppo industriale cinese la crescita economica ha costituito l’obiettivo prioritario della politica industriale, in tempi più recenti obiettivi quali la lotta alla povertà, la sostenibilità ambientale, la promozione di una migliore qualità della vita, hanno dovuto progressivamente trovare posto nei piani di governo. 

L’era di Xi Jinping

L’avvento di Xi Jinping nel 2013 è stato centrale in questo passaggio. In un contesto di gravi ferite provocate all’ambiente e di crescente domanda di benessere diffuso, il nuovo Presidente ha lanciato un nuovo set di politiche industriali, volte a stimolare cambiamenti strutturali dell’industria, delle istituzioni e della società, alla ricerca di una nuova dimensione del percorso di crescita, più orientato alla sostenibilità e alla qualità in termini di industrie a più alto valore aggiunto, meno voraci di energia, e di servizi avanzati: un new normal.  

Le linee principali di questa nuova fase dell’ascesa cinese sono strettamente legate alla necessità di una crescita a tassi più contenuti, oltre che compatibili con la protezione dell’ambiente, con una maggiore stabilità sociale e benessere della popolazione, nonché con la riduzione delle disuguaglianze e dei divari ancora molto presenti in Cina a livello territoriale (aree rurali vs aree urbane; provincie industrialmente evolute vs provincie arretrate; classi sociali deboli vs classi connotate da ricchezza estrema). 

In questo contesto, il 13° Piano Quinquennale (2016­2020) ha tracciato le linee di azione del cambiamento atteso del sistema industriale e della base infrastrutturale del paese, favorendo anche lo sviluppo sociale e il benessere della popolazione. Lo stesso Piano ha anche posto l’accento sulla crescita qualitativa della presenza all’estero, esplicitando sia l’esigenza di monitorare l’attività internazionale delle imprese di Stato, sia l’importanza di siglare trattati bi­ laterali per tutelare l’interesse delle imprese cinesi all’estero.  

Xi Jinping
Xi Jinping

 

La corsa alla supremazia tecnologica

Tra le principali politiche sviluppate a partire da queste premesse e tese a favorire la transizione strutturale della Cina verso la piena modernità, vi è il piano Made in China 2025. Lanciato nel 2015, il Piano mira a guidare la trasformazione della Cina da produttore di beni di basso valore aggiunto in settori tradizionali, anche altamente inquinanti ed energivori, a ideatore e sviluppatore di beni e servizi ad alta intensità di innovazione e tecnologia. La leadership della Cina si dovrebbe affermare in settori quali la robotica, la nuova information technology, la biotecnologia e le apparecchiature mediche, l’energia green. 

Il Piano ha posto quindi le basi per una trasformazione radicale della base industriale, mediante sia la digitalizzazione delle imprese e delle catene del valore domestiche, sia la ristrutturazione della manifattura e la sua globalizzazione, sia la promozione del settore dei servizi 

La guerra dei dazi e le tensioni diplomatiche con gli USA possono essere considerate un segno evidente della efficacia di tali politiche e delle ripercussioni internazionali della crescente influenza cinese.  

A tutti gli effetti, come risultato del massiccio sforzo finanziario ed organizzativo dello Stato, la Cina sta conquistando un ruolo sempre più rilevante in termini di ricerca, sviluppo e capacità di innovazione, soprattutto in campo scientifico (dallo spazio, alla genomica, alla biologia, alla fisica) e nelle aree con chiara applica­ zione tecnologica (dalle telecomunicazioni, all’energia, alla salute). Il Covid­19 e le politiche attuate per fronteggiarlo, nonostante le difficoltà emerse, hanno consentito di mostrare al mondo il livello di innovazione raggiunto dalla Cina in diversi ambiti. 

Xi jinping e Joe Biden

 

Il nuovo piano quinquennale e le sfide alle criticità 

Il 2021 segna l’inizio del 14° Piano Quinquennale (2021-­2025) della Cina, in cui si gettano le basi per il passaggio da una società moderatamente prospera a un paese socialista moderno.  

Tre sono le questioni strutturali interne che il Paese si proponeva di affrontare già prima della pandemia e che nell’attuale contesto assumono una centralità ancora maggiore ben chiara nel Piano: (i) la transizione da un modello di sviluppo che fonda la crescita economica sulla quantità ad uno rivolto invece alla qualità; (ii) la gestione dei rischi interni ed esterni; (iii) l’equilibrio tra la crescita nel breve termine e il cambiamento strutturale dell’economia cinese di più lungo periodo.  

La risposta di Xi Jinping a tali questioni è declinata nella nuova strategia di governo, che prende il nome di strategia della Doppia Circolazione. 

Essa delinea una rappresentazione dell’economia cinese come l’interazione tra due dimensioni: la circolazione interna – vale a dire il ciclo di produzione, distribuzione e consumo all’interno del territorio nazionale alimentato dall’enorme bacino di abitanti e stimolato da una produzione qualitativamente migliore e quindi più appetibile dal consumatore cinese – e la circola- zione esterna – ovvero l’interscambio e il flusso di capitali in entrata e in uscita – come strumento di completamento e sostegno. La relazione simbiotica tra le due circolazioni è destinata a ribilanciare e riorientare l’economia cinese verso un modello che, pur rimanendo aperto al commercio e agli investimenti internazionali, dia priorità ai consumi domestici, in modo da produrre una sorta di cuscinetto in grado di mitigare la volatilità dei mercati globali. 

Si tratta, in altri termini, di una strategia volta a migliorare la capacità innovativa del paese, riducendo la dipendenza dai mercati esteri, principalmente dall’Occidente, rimanendo comunque in connessione con l’ambiente esterno sul versante del commercio e gli investimenti.  

La Doppia Circolazione si inserisce peraltro perfettamente nell’ottica auspicata dal 14° Piano Quinquennale che, tra le altre cose, mette in evidenza la necessità di ottenere l’autarchia tecnologica, elevando l’autosufficienza della Cina a pilastro strategico nazionale, soprattutto nei settori strategici, quali, ad esempio, i semiconduttori.  

Allo stesso tempo, sul fronte della domanda aggregata, sarà fondamentale per la Cina la capacità di stimolare ed espandere i consumi interni come fattore di crescita dell’economia. Questo non potrà prescindere da una crescita dei redditi, quindi da un maggiore trasferimento di risorse alle famiglie, una più equa distribuzione della ricchezza, maggiori salari per i lavoratori, una lotta alle disuguaglianze interne e una più solida rete di sicurezza sociale. Sarà, inoltre, necessario indurre nel lungo termine una maggiore propensione al consumo, ampliando il contributo delle aree rurali del paese. 

Sono queste le direttrici, ben note e chiare a Pechino, su cui si gioca la capacità della Cina di raggiungere lo stato di paese pienamente sviluppato ed integrato tra le potenze economiche mondiali. 

 

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