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America a pezzi


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Una nuova polarizzazione?

I sondaggi quantificano ed evidenziano la plastica polarizzazione politica ed elettorale della società statunitense, divisa tra Donald Trump e Kamala Harris. Nella loro quasi fissità, con oscillazioni limitatissime e differenze tra i due candidati che rientrano nel margine d’errore, nel voto nazionale così come in quello dei sette swing states – Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, North Carolina, Georgia, Arizona e Nevada – che saranno decisivi per l’esito del voto. Nel loro mettere in evidenza l’esistenza di due blocchi contrapposti, pochissimo permeabili gli uni agli altri. Nel mostrare la percentuale storicamente molto bassa, per quanto potenzialmente decisiva, d’indecisi o d’intenzionati a convergere su candidati terzi.  

Polarizzazione è quindi parola e concetto chiave per descrivere e provare a comprendere questa fase della storia statunitense. Una polarizzazione che si misura con indicatori classici, dalla propensione sempre più elevata a votare straight-ticket – candidati sempre dello stesso partito a tutte le cariche federali, statali e locali che ogni due anni si trovano sulle lunghissime schede elettorali – alla difficoltà di trovare quelle convergenze bipartisan che sole permettono al Congresso di avanzare l’iter legislativo. Ovvero con parametri non ortodossi, ma a loro modo altamente indicativi, quale ad esempio il crollo negli ultimi decenni dei matrimoni e delle unioni “inter-partitici” (democratici e democratiche si sposano sempre più tra di loro e altrettanto fanno repubblicani e repubblicane). 

Le matrici di questa polarizzazione sono plurime: culturali, sociali, economiche, ideologiche, demografiche. Ed è spesso difficile separare nitidamente la causa e l’effetto, l’agente di questa polarizzazione e il suo prodotto. Si tratta infatti di un processo circolare che in una certa misura si autoalimenta. Le cosiddette ‘guerre culturali’ dell’ultimo mezzo secolo vi hanno indubbiamente contribuito, ma l’acuirsi di una divisione sempre più profonda – ad esempio sui curricula scolastici o le modalità con cui si deve insegnare la storia nazionale – ne è stata al contempo origine ed esito: ha generato divisioni e contrapposizioni e ne è stata a sua volta esasperata. 

Democratici sì, democratici no

Dentro questo contesto, tre cleavage fondamentali sembrano contraddistinguere questo ciclo elettorale ed offrire un marker inequivoco di questa causa-effetto circolare della polarizzazione contemporanea: la densità abitativa e la concentrazione della popolazione; il livello d’istruzione; il genere. 

Ognuno di essi traccia un solco dove lo scarto tra chi vota democratico e chi repubblicano raggiunge oggi un’ampiezza senza precedenti. I grandi agglomerati metropolitani e primo suburbani sono quasi sempre vinti dai democratici, incluse città storicamente repubblicane; nelle are exurbane, rurali, desertiche e montagnose prevalgono largamente i repubblicani. Tra il 2008 e il 2020, la differenza a loro vantaggio nelle zone rurali è passato da meno di 20 a più di 40 punti percentuali; quattro anni fa Biden prevalse in appena 520 delle 3084 contee in cui il paese è diviso. Il livello d’istruzione mostra a sua volta una differenza radicale (e crescente) tra chi ha fatto studi post-secondari (college degree) e chi no. Anche qui si tratta di un gap che si è ampliato progressivamente negli ultimi decenni. Nel 2020, Biden ha prevalso 55 a 43 tra chi ha aveva un college degree e perso tra chi non l’aveva. Uno scarto che si amplifica a dismisura se s’inserisce la variabile della razza: tra i bianchi senza college degree (che sono circa il 35% dell’elettorato totale) Trump vinse 67 a 32.

Infine, la frattura di genere dovrebbe anch’essa raggiungere, quest’anno, un’ampiezza senza precedenti. Nelle ultime tornate delle presidenziali, i candidati democratici hanno sempre prevalso di 10/15 punti in un voto femminile attraversato anch’esso da fratture educative e anagrafiche che si sono fatte particolarmente acute. Sono infatti soprattutto le donne giovani e istruite a votare a larghissima maggioranza per i democratici, anche in quanto beneficiarie di trasformazioni profonde dell’economia statunitense che premiano sempre più chi ha livelli d’istruzione alti o medio-alti (e le performances scolastiche delle donne sono state, dagli anni Ottanta a oggi, migliori di quelle degli uomini).  

Strettamente intrecciati e interdipendenti, densità abitativa, istruzione e genere tracciano un solco profondo che divide e allontana due Americhe sempre meno in grado di dialogare, riconoscersi e accettarsi. 

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