La cittadinanza in Italia
La legge sulla cittadinanza è ferma al 1992. Trentatré anni fa, il nostro Paese era ancora segnato dall’emigrazione e la presenza di persone nate all’estero era residuale. Oggi è tutto cambiato: oltre un milione di giovani nati o cresciuti in Italia da genitori stranieri vivono in una condizione di invisibilità istituzionale. Nonostante parlino italiano, frequentino le scuole, tifino per la Nazionale e condividano il destino del Paese in cui vivono, non sono riconosciuti cittadini italiani.
Invece a Bologna…
Ci siamo confrontati senza ambiguità con questa contraddizione. E abbiamo deciso di agire. Nel 2022, abbiamo introdotto nello Statuto comunale il principio dello Ius soli alla bolognese, affermando che chi nasce o cresce nella nostra città è parte della comunità, a prescindere dalla cittadinanza formale. Lo abbiamo fatto istituendo la cittadinanza onoraria per i minori stranieri residenti a Bologna, nati in Italia o arrivati da piccoli e inseriti nei percorsi scolastici. Un gesto politico, ma anche concreto: una presa di posizione chiara per dire che i diritti non possono aspettare. Dal 2021, il nostro impegno per una cittadinanza inclusiva si è articolato in una serie di azioni. Ogni anno, il 20 novembre, celebriamo la “Festa della cittadinanza” in occasione della Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Consegniamo simbolicamente uno statuto, un attestato e un kit di benvenuto ai nuovi cittadini, coinvolgendo scuole, famiglie e associazioni. È una festa che diventa impegno civico: un modo per creare legami e promuovere l’idea che la cittadinanza non è solo un documento, ma un’appartenenza attiva. Abbiamo anche promosso percorsi educativi nei quartieri e nelle scuole con migliaia di ragazzi e ragazze, momenti pubblici di ascolto e confronto, e un dialogo costante con le comunità migranti e non. Perché riconoscere significa anche conoscere, costruire fiducia, abbattere barriere.

Cosa c’è dietro il referendum
Oggi questo percorso si apre a una dimensione nazionale. Il Comune di Bologna ha scelto di aderire ufficialmente alla campagna per il referendum popolare dell’8 e 9 giugno 2025. Il quesito proposto mira a modificare la legge sulla cittadinanza, riducendo da dieci a cinque gli anni di residenza legale richiesti per presentare domanda e garantendo il diritto anche ai figli minorenni. È una riforma necessaria, attesa da anni, che restituirebbe dignità a chi già fa parte della nostra società. Ma c’è di più: questa non è solo una battaglia per i documenti. È una battaglia per l’uguaglianza, per la giustizia sociale, per un’idea di cittadinanza che sia davvero universale. Oggi in Italia ci sono milioni di persone che lavorano, pagano le tasse, mandano i figli a scuola, si curano nei nostri ospedali e contribuiscono ogni giorno al benessere collettivo — ma restano senza diritti politici. Sono lavoratori e lavoratrici senza rappresentanza, esclusi da ogni processo decisionale che pure li riguarda. È una contraddizione insostenibile. È il segno di uno Stato che accetta di incassare le risorse ma non di riconoscere le persone. È una diseguaglianza istituzionalizzata, che colpisce chi ha meno strumenti per difendersi, che discrimina sulla base dell’origine e del ceto, che genera insicurezza e frammentazione sociale.
“no taxation without representation”
Questo principio, nato dalla lotta contro l’arbitrio fiscale, ci parla ancora oggi: chi contribuisce con il proprio lavoro e con le proprie risorse ha il diritto di essere rappresentato. Oggi, negare questo diritto a milioni di persone significa negare la pienezza della democrazia. Riformare la legge sulla cittadinanza significa dunque rafforzare il patto sociale, riconoscere che l’inclusione non è una concessione, ma una responsabilità collettiva. La cittadinanza è lo spazio dove si esercitano i diritti, ma anche dove si costruisce il futuro comune. Escludere significa indebolire la coesione sociale; includere, invece, è un atto di forza e lungimiranza. Non siamo soli in questo cammino. Altre città italiane stanno promuovendo azioni simili, unendo le forze per una battaglia di civiltà che parte dai territori. Siamo davanti a un’opportunità storica: riformare una legge ingiusta, ascoltare una generazione dimenticata, costruire un’Italia che non escluda, ma riconosca. Per questo, l’8 e 9 giugno, diciamo Sì alla riforma della cittadinanza. Perché nessuno sia invisibile. Perché ogni persona che vive qui possa essere riconosciuta come parte della nostra Repubblica.
