Di-Segno Nero
Nel 2022 – quando IrpiMedia e Fondazione Feltrinelli hanno collaborato insieme per realizzare il ciclo di incontri Di-Segno Nero, un’indagine sulle mutazioni della destra europea che poi ha preso sempre più il largo – era chiaro che l’idea della conservazione e della normalizzazione di parole d’ordine considerate un tempo radicali fossero i due pilastri per conquistare consenso politico e uno spazio per costruire un pensiero condiviso con i propri sostenitori.
Oggi c’è un’altra dimensione, rimasta per anni marginale, che conquista sempre più spazio nell’immaginario radicale. Per quanto la relazione tra i due possa essere instabile, l’elezione di Donald Trump e la “discesa in campo” seppur informale del suo finanziatore Elon Musk ha infatti segnato il ritorno in auge delle utopie degli ultraliberisti, in cui le regole del mondo si scrivono da zero e dove si può costruire, a proprio piacimento, una selezione all’ingresso per entrare in società e meritare il titolo di cittadino, sempre più scollegato dal ruolo di elettore, ormai marginale. Il sogno (o incubo) di queste società, ai tempi del MAGA, è più realizzabile che in passato perché i loro promotori spesso muovono più denaro di intere nazioni e non hanno alcun vincolo democratico a limitarne le azioni. Questi sono tre esempi di come queste utopie (o distopie) stanno intaccando la vita pubblica del pianeta, arrivando in alcuni casi persino ad appropriarsi di vecchi sogni appartenuti alla cultura più di sinistra e democratica.
La capitale mondiale delle startup
Pròspera è forse l’esempio più evidente di cosa sia l’utopia per i ricchi libertari del mondo. La città sorge sull’isola di Roàtan, una lingua di terra nel Mar dei Caraibi, di fronte all’Honduras. Si presenta come «hub dell’innovazione e della libertà». Nasce nel 2017 grazie all’investimento di 120 milioni di dollari della società Honduras Próspera LLC che ne detiene anche il potere politico. Non ci sono elezioni, una macchina della pubblica amministrazione, istituzioni che rappresentano il potere legislativo, esecutivo e giudiziario. C’è un consiglio di amministrazione alla guida della città, al cui vertice siede il fondatore e amministratore delegato Erick Alexander Brimen, l’uomo che ha raccolto le centinaia di milioni che hanno dato il via al progetto. È stata realizzata per attrarre investitori sulla base del modello della Zona di Empleo y Desarrollo Económico (ZEDE), ovvero zone dell’Honduras che godono uno status giuridico ed economico particolare (nel 2022 sono state dichiarate incostituzionali dall’Honduras, ma il progetto Pròspera non si ferma perché dice di poggiare su solidi accordi con il governo per almeno 50 anni). Le imprese che la scelgono come base operativa possono scegliere su misura tra le regolamentazioni di 36 diversi Paesi a seconda delle loro esigenze di business.
Tra i quotisti dei fondi che hanno investito nella città del profitto ci sono Peter Thiel, Sam Altman e Marc Andreessen. Tutti e tre sono esponenti del mondo finanziario della Silicon Valley e tutti e tre hanno avuto relazioni imprenditoriali passate o presenti con Elon Musk. Tra le iniziative economiche ospitate dentro Pròspera c’è anche Pròspera Africa, una piattaforma che si propone di sviluppare le città africane del futuro con lo stesso approccio di Pròspera in Honduras. «Il sogno africano non è l’aiuto straniero – scrive su X la co-fondatrice Magatte Wade su X, imprenditrice franco-senegalese –. È la libertà di costruire senza chiedere permessi dopo permessi dopo permessi». Il modello da seguire? Dubai, che negli anni Settanta era una landa desolata. Come ha scritto IrpiMedia con l’inchiesta Dubai Unlocked, però, la città è stata realizzata grazie al contributo sostanziale di denaro sporco e di investimenti di sviluppatori immobiliari come il narcotrafficante Raffaele Imperiale, il quale ha goduto della protezione della famiglia reale emiratina e dei controlli poco accurati delle autorità locali.
Il paradiso ecologico di Tesla
Texas, Lone Stare State, Contea di Travis. È all’ente responsabile dello sviluppo di quest’area degli Stati Uniti che Tesla, l’azienda produttrice di macchine elettriche presieduta da Elon Musk, ha depositato a inizio aprile il progetto per un «paradiso ecologico» da realizzare nell’area dove si trova una delle sue principali gigafactory, ovvero gli impianti industriali necessari per realizzare alcune componenti fondamentali, come ad esempio le batterie al litio. Il progetto prevede oltre 70mila abitanti, di cui 15mila impiegati di Tesla, per una sorta di città degli operai del terzo millennio.
Il piano dell’imprenditore sudafricano prefigura sentieri da percorrere con e-bike, in car sharing oppure a piedi per raggiungere l’impianto; una serie di aree pic-nic e di spazi dove svolgere attività all’aria aperta; programmi educativi per promuovere la sostenibilità ambientale. Gli investimenti allocati per la comunità, secondo il report, si attestano su circa 5 milioni di dollari. Ci sono poi progetti a protezione della biodiversità dell’area intorno al fiume che alimenta l’impianto oltre che nuovi ambienti dedicato per la vita di comunità.
Il Texas è uno degli Stati degli Usa dove Elon Musk ha trovato maggiore sostegno alle sue attività imprenditoriali, soprattutto dopo l’elezione di Trump. Scrive Bloomberg che in Texas oltre alla Gigafactory impiantata nel 2020 – che si trova nella stessa contea della capitale Austin – ci sono tre impianti di SpaceX oltre che uffici di altre società da lui controllate, come Neuralink Corp., The Boring Co., X e la sua fondazione personale. Sempre in Texas, Musk sta anche costruendo una città brandizzata, Snailbrook, dove anche le scuole hanno il marchio di una qualche azienda di Musk.
Non mancano, ovviamente, le controversie. La prima riguarda il reale impatto ambientale delle imprese di Musk: più che difendere la natura, il timore di diversi gruppi locali è che la stiano devastando. «The Boring Co., Tesla e SpaceX hanno tutte ricevuto sanzioni ambientali negli ultimi anni», scrive Bloomberg. Ma ormai Musk ha deciso: è in Texas che vuole mantenere la nuova casa per le sue aziende.
La lunga tradizione delle comunità offshore
Fuggire a largo, in mare, lontano dalla terraferma e dai suoi problemi. È ciò che prevede il verbo dei “seavangelist”, gli evangelisti del mare. Personaggi come Joe Quirk, un attivista libertario che presiede il Seasteading Institute, un’organizzazione non profit (fondata nel 2008 grazie ai soldi dell’onnipresente Peter Thiel e di Patri Friedman, altro nome sempre presente tra i finanziatori anarco-liberisti) che promuove la vita su isole galleggianti che godono di una certa indipendenza politica da qualunque Paese.
Già Julius Verne nel 1895 immaginava in un suo romanzo isole abitate solo da milionari. A partire dagli anni Sessanta ci sono state varie Repubbliche dalla vita più o meno breve (in Italia l’esempio è stato nel 1968 la Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose fondata dall’ingegner Giorgio Rosa a largo di Rimini, un ex membro della Repubblica Sociale). Tra le più famose c’è il Principato di Sealand, di cui un ex “primo ministro”, Alexander Achenbach, è finito anche nella lista degli imprenditori che muovevano soldi offshore attraverso lo studio panamense di Mossack Fonseca utilizzando proprio il passaporto del “suo” principato.
L’esperienza di vita proposta dal Seasteading Institute attrae principalmente uomini d’affari vicini al mondo libertario ultraliberista. Rüdiger Koch è un ingegnere spaziale tedesco che lavora per Ocean Builders, altra società di “sviluppo immobiliare” sull’acqua. È colui che detiene il record dei giorni passati consecutivamente sott’acqua. Intervistato dal New York Times, ha sostenuto che la «la società moderna è diventata stagnante. Ma se vivere sul mare, o nello spazio, diventasse un’opzione realistica, allora le classi dominanti nei paesi d’origine dovrebbero iniziare a chiedersi cosa fare per rendere i loro paesi più attraenti». I prototipi di case galleggianti che produce costano però 1,2 milioni di dollari per pochi metri
Le imprese di questi creatori di mondi per meno di 30 metri quadri. Un prezzo comunque sei volte inferiore di quando è iniziata l’impresa.
La presenza di questi costruttori di mondi alternativi per ultraricchi ha creato però non pochi problemi alle diplomazie degli Stati che poi si trovano a dover gestire questi luoghi. Nel 2023 il Financial Times ha indagato sul tentato omicidio che sarebbe stato ordinato proprio da Koch nei confronti di un ex ufficiale della marina thailandese colpevole di aver sequestrato a sua isola galleggiante del’epoca. Ora ha scelto le acque antistanti Panama per costruire il suo paradiso per super ricchi e nega di essere stato coinvolto nel tentato omicidio.
Il nuovo ordine
La nuova fase cominciata da Donald Trump ed Elon Musk ha sfruttato i risultati ottenuti dalle destre “tradizionali” di Di-Segno Nero per ristabilire il proprio primato politico. Il nucleo di interessi privati rappresentato da Trump e Musk aggiunge la creazione di ulteriori centri di potere in cui il confine tra business privato e interesse pubblico è sempre più labile perché i politici e i diplomatici sono prima di tutto uomini d’affari. Questa condizione si ripercuote in qualche modo anche sul mondo delle alternative possibili: un tempo il governo americano destinava un budget imponente a un’agenzia di cooperazione internazionale come Usaid, braccio certamente degli interessi nazionali ma che comunque portava avanti un modello multilaterale e che invece è ormai ridotta ai minimi termini. I soldi che restano per finanziare le alternative e le utopie ormai coincidono con le risorse personali di coloro i quali, in un inestricabile conflitto di interessi, ormai rappresentano sia la pubblica amministrazione di un Paese influente come gli Stati Uniti sia il mondo imprenditoriale che dispone di liquidità economica maggiore del Pil di molti Stati del mondo.