“È fondamentale vincere la battaglia culturale”. Nei suoi primi due anni di mandato, il presidente dell’Argentina Javier Milei ha ripetuto questa frase come un mantra. Per l’anarco-capitalista, vincere significa distruggere l’ideologia statalista sostituendola con una visione in cui si affermano il mercato, la libertà e gli individui pensati nella loro singolarità.
Secondo il leader del partito La Libertad Avanza, sono state le idee della sinistra ad avere determinato il declino del Paese. Sradicarle e “smantellare il Gramsci Kulturale” sono quindi alcuni degli obiettivi del suo governo: il gioco di parole allude al kirchnerismo, la forza politica peronista che in Argentina ha governato per gran parte degli ultimi anni promuovendo la giustizia sociale, l’espansione dei diritti e l’inclusività come politiche statali. È una parodia di Antonio Gramsci, cui Milei ha fatto spesso riferimento.
Nel pensiero del filosofo marxista italiano, la liberazione degli oppressi passa attraverso la creazione di una contro-egemonia che sfida quella dominante: se si afferma, gli oppressi possono liberarsi costruendo un mondo nuovo. Nel caso di Milei, la liberazione si riferisce alla libertà incarnata in una contro-egemonia neoliberista. Questa precisa idea di mondo si manifesta nelle politiche economiche adottate dall’esecutivo: lo smantellamento dello Stato sociale e la chiusura di ministeri, la cancellazione dei programmi di assistenza per persone in condizioni di vulnerabilità, la riduzione di finanziamenti per l’educazione pubblica, la ricerca scientifica e le arti.
Nel pensiero di Milei, tutto ciò che appartiene al culturale deve essere subordinato all’economia, ossia al criterio di redditività. Se si colloca al di fuori, è considerato senza importanza, senza utilità e non degno di attenzione. Se non è “monetizzabile”, non è tollerabile.
“Centri di indottrinamento marxista”
Una delle applicazioni più evidenti di tale modello è nel campo dell’educazione. Già prima dell’insediamento alla Casa Rosada, Milei aveva definito l’istruzione pubblica un “centro di indottrinamento marxista” che espone i giovani al “lavaggio del cervello”. In una delle sue dichiarazioni più note, ha affermato che le università sono “un’industria del privilegio” e un “peso per lo Stato” perché, a suo avviso, non garantiscono un ritorno economico sugli investimenti fatti dal governo. Dietro l’obiettivo del deficit zero, il presidente ha ridotto il bilancio annuale destinato agli atenei, compromettendo così la loro capacità di condurre progetti di ricerca e organizzare attività culturali, oltre che di occuparsi della manutenzione delle infrastrutture. In Argentina l’università è gratuita ed è di alta qualità: l’Università di Buenos Aires (UBA) è considerata tra gli atenei migliori al mondo secondo i ranking internazionali.
“L’università pubblica ha creato la grande classe media che caratterizza l’Argentina. Ne ha permesso il consolidamento e ha generato una capacità sovrana, cioè nazionale, di generare sviluppo”, spiega Emiliano Cagnacci, docente e segretario generale del sindacato Asociación de Docentes de la UBA. “È lo strumento che permette l’ascesa sociale ed è uno spazio dove si esercita la democrazia, quindi un luogo dove questa si rafforza. Il suo modello di gestione è costituito da studenti, docenti e da molti altri attori.
È un continuo apprendimento democratico che fa capire che gli interessi di ciascuno di noi sono interessi particolari ma c’è un interesse fondamentale che è la difesa dell’università pubblica”. In Argentina l’università pubblica è percepita come parte di un’identità comune da difendere: l’ajuste è stato fortemente contestato da studenti e professori che nel 2024 e 2025 hanno organizzato manifestazioni massive in tutto il Paese. “Pensiamo che le opportunità che abbiamo avuto noi debbano continuare a essere accessibili per tutti gli altri”, conclude Cagnacci.
Il mondo scientifico sotto pressione
Anche chi lavora in ambito scientifico ha criticato in modo netto le politiche del presidente, noto per essere un negazionista climatico, definendole un “omicidio della scienza”. Da quando siede alla Casa Rosada, Milei ha colpito le istituzioni scientifiche pubbliche, definendole inutili e inefficienti, e sostenendo che la ricerca dovrebbe essere indirizzata verso ambiti redditizi e verso i privati, senza dipendere dallo Stato.
Il leader libertario ha sospeso i contratti con le case editrici accademiche, ha definanziato i programmi di cooperazione internazionale e ha smantellato i sistemi che rifornivano i laboratori di attrezzature. “Stiamo combattendo contro l’ingerenza del governo nelle nostre attività.
C’è un attacco permanente contro le scienze sociali e la scienza di base, che vengono costantemente stigmatizzate dai funzionari del governo. Le uniche aree che ricevono minimi finanziamenti sono legate a interessi aziendali”, spiega Gonzalo Sanz Cerbino, rappresentante sindacale del Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnica (CONICET), l’ente che si occupa di promuovere e coordinare la ricerca scientifica e tecnologica nel Paese, supportando progetti e programmi in vari settori che vanno dalla scienza di base alla tecnologia applicata.
Da quando Milei è entrato in carica, gli stipendi dei dipendenti della struttura hanno perso quasi il 35% del loro potere d’acquisto. L’esecutivo ha inoltre congelato le assunzioni di 850 ricercatori che erano state approvate dalla precedente amministrazione, e ha tagliato le borse di studio. “Il nostro lavoro è continuamente stigmatizzato. Purtroppo è ormai una politica di governo: non riconoscere il valore del pensiero scientifico, delegittimarlo e giustificare le politiche di austerità”, prosegue Sanz Cerbino.

“Si stanno sciogliendo i gruppi di ricerca e stiamo perdendo risorse umane che hanno attraversato un lungo processo di formazione nelle università nazionali e anche all’interno del CONICET. Stanno emigrando e le ricerche si stanno fermando. L’Argentina sta perdendo la possibilità di pensare a un Paese diverso per il futuro perché questa possibilità di immaginare è anche strettamente legata all’investimento nella scienza e nella tecnologia”.
Le proteste dei ricercatori
Nel corso dell’anno, i ricercatori del CONICET hanno protestato contro l’ajuste del presidente. Nelle manifestazioni hanno indossato la maschera usata dal protagonista dell’Eternauta, una delle opere più significative della letteratura argentina dell’ultimo secolo. Il fumetto è stato scritto da Héctor Germán Oesterheld e disegnato da Francisco Solano López. La trama ruota attorno a un’improvvisa tempesta di neve che colpisce l’intero Paese, sterminando gran parte della popolazione. Il protagonista e i suoi compagni devono sopravvivere in un mondo invaso da una misteriosa minaccia extraterrestre, ma possono farlo solo unendosi e collaborando tra loro. Indossando la maschera, i ricercatori hanno denunciato il taglio ai finanziamenti e sono stati supportati da altri settori culturali che hanno avuto lo stesso destino.
Distruggere il pensiero critico
“Stiamo assistendo alla distruzione di tutto ciò che genera pensiero critico, che crea un immaginario comune, che ci permette di avere simboli”, commentano Amparo Aguilar, regista, e Vanesa Pagani, produttrice. Anche il cinema ha subito continui tagli. A essere colpito è stato l’Instituto Nacional de Cine y Artes Audiovisuales (INCAA), l’ente pubblico che si occupa della promozione e sviluppo dell’industria cinematografica e audiovisiva. L’istituto ha visto ridurre i fondi pubblici destinati alla produzione di film e cortometraggi. Milei ha inoltre proposto di privatizzare e ridurre la rete di sale cinematografiche pubbliche tra cui si trova il Cinema Gaumont: situato in Plaza del Congreso a Buenos Aires, è il simbolo dell’idea di garantire a tutti la possibilità di andare al cinema perché offre biglietti a un prezzo calmierato. “Il settore cinematografico è stato storicamente sempre molto attivo. Abbiamo associazioni forti e una grande capacità di organizzarci. Oltre a lottare per la sovranità culturale, si tratta di mobilitarsi anche per migliaia di persone che sono rimaste senza lavoro e senza fonti di reddito”, aggiungono Aguilar e Pagani. “Noi continuiamo a resistere”.
